Turismo in lieve ripresa a luglio, presenze a -50%

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Ma è crisi città d’arte. Operatori, subito misure per le imprese

ROMA – Primi segni di ripresa a mare e in montagna, ma città d’arte ancora semivuote e centri storici avvolti in un silenzio spettrale.

Nelle prime due settimane di luglio risale la curva delle presenze nel borsino delle attività turistiche travolto dall’emergenza Covid: dal -80% di giugno si passa a un -50%, grazie al mercato italiano. Ma a Roma, Firenze, Venezia, città scrigno drammaticamente penalizzate dalla pandemia, il calo è ancora tra il 70 e l’80% rispetto a un anno fa: pesa l’assenza dei viaggiatori stranieri (che d’estate sfiorano in media il 70% del totale), in particolare dagli Usa. Sono le stime dei principali operatori del settore, che chiedono al governo “interventi urgenti a sostegno delle imprese”.

“Nei week end le località balneari, lacuali, montane stanno performando decentemente”, dice all’ANSA Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi. “Gli italiani si stanno muovendo, ma anche il mercato europeo è in crisi: di inglesi non c’è traccia, lavoriamo con tedeschi, svizzeri, belgi, ma – Germania a parte – stiamo parlando di Paesi da piccoli numeri”. Drammatica “la situazione nelle città d’arte che negli ultimi anni hanno vissuto di turismo straniero, extra Schengen e soprattutto americano. Molti hotel qui non hanno neanche riaperto”.

Il bonus vacanze voluto dal governo “rappresenta sicuramente un aiuto per le famiglie, ma non basta: al ministro Franceschini chiediamo in primo luogo di prolungare in tempi rapidi la cassa integrazione, che per molte strutture è già scaduta il 15 luglio, e di tagliare i contributi sul costo del lavoro agli alberghi che riaprono. Solo con aiuti di questo tipo, anche in termini di tassazione e di slittamento delle scadenze fiscali, si possono stimolare le imprese a riaprire i battenti”, conclude Bocca.

Anche dal monitoraggio di Assoturismo Confesercenti sulla disponibilità di camere sui portali delle principali agenzie di viaggio online per il week end 18-19 luglio emerge la sofferenza di Roma e Firenze, dove poco più di un terzo della disponibilità (36%) risulta prenotato. Male anche Napoli (38%) e Venezia (42%); un po’ meglio fanno Palermo (45%), Milano (46%) e Bologna (49%), mentre registrano risultati superiori alla media Perugia (54%) e Matera (55%). Secondo le stime Assoturismo-CST, nel trimestre estivo 2020 (giugno-luglio-agosto) nelle sole Roma, Venezia, Firenze, Milano e Napoli si registreranno circa 8,5 milioni di presenze in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. Va meglio nelle destinazioni balneari, che per il prossimo week end si avviano a un tasso di occupazione del 70%, a fronte del 68% della montagna e del 66% dei laghi. “Serve un intervento di terapia intensiva – avverte il presidente di Assoturismo Vittorio Messina – per tamponare una crisi apparentemente infinita che sta gravemente compromettendo non solo le imprese della ricettività e dei servizi turistici, ma anche bar, ristoranti e negozi delle mete culturali e dei centri storici, rimasti ormai senza fiato. Imprese che devono essere sostenute più a lungo, con contributi a fondo perduto, ammortizzatori sociali e credito di imposta per gli affitti”.

Gli fa eco Luca Patanè, presidente di Confturismo: “Qualcosa si muove, ma aspettiamo i numeri di luglio per valutare. Nel decreto Rilancio c’è troppo poco per un settore che avrebbe richiesto interventi straordinari”.

A cogliere spiragli positivi sulla seconda parte dell’estate è l’Enit: il 47,5% degli italiani che andrà in vacanza preferirà soggiorni di fine stagione. Le proiezioni per il 2020 vedono la montagna meno colpita dal trend negativo (-39% sul 2019), rispetto alle destinazioni costiere (-51%) e alle città d’arte (-49%). Migliorano le prenotazioni straniere dal 13 luglio al 23 agosto, con un calo del -90,1% (era -91,7% 15 giorni fa). Da alcuni mercati c’è una frenata alle disdette: in particolare, la Germania passa da -83,7% a -75,7%, e la Francia da -79,1% a -64,9, il Regno Unito da -90,6% a -86,5%. Scontato il calo dagli Usa, in considerazione della fase acuta della diffusione del virus (-94,3%) e per analoghi motivi la Russia (-93%).

 

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