Verona e i disabili, anche per turisti e guide tanti ostacoli da superare

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Se volessimo entrare in Arena? Se volessimo salire sul balcone di Giulietta? O vedere una chiesa? Alcune chiese hanno lo scivolo, ma non tutte. E non tutti i musei son dotati di ascensore. Anche per chi non vede e non sente c’è tanto da fare.

Nella nostra bella Verona non tutti sono ben accolti. Spesso ci dobbiamo confrontare con le più comuni barriere architettoniche: scale, gradini, strade in salita, pavimenti acciottolati, sampietrini, marciapiedi senza scivolo oppure troppo stretti o troppo alti, ma anche totalmente sconnessi dalle radici delle piante. Per le guide turistiche la sfida è trovare percorsi alternativi, spiegare monumenti e musei non visitabili a chi è in sedia a rotelle e offrire comunque una esperienza che possa essere considerata positiva.

Ci si rende conto di quanto Verona sia piena di insidie quando si deve organizzare un percorso ad hoc col Segway, un divertente mezzo di trasporto elettrico monoposto a due ruote, ma anche girando con famiglie e bambini in passeggino può diventare uno slalom. Spesso, dove ci sono le strisce pedonali c’è un gradino, laddove gli scivoli esistono sono state disegnate le strisce blu per il parcheggio, o sono piazzate davanti le rastrelliere per le bici. Per non menzionare gli alberi o i pali segnaletici piantati nel bel mezzo di un marciapiede che restringendolo lo rendono di fatto impraticabile per chi usa una sedia a rotelle. Ultimo problema è il boom dei monopattini abbandonati in mezzo ai marciapiedi, sulle strisce pedonali, sui parcheggi bus e disabili.

Nicoletta Ferrari di Dismappa aveva per anni monitorato strade, musei, teatri, negozi e locali pubblici segnalando problemi di accessibilità e ottenendo in alcuni casi la soluzione. Per una guida turistica la sfida è trovare percorsi alternativi, spiegare “da fuori” i monumenti e i musei non accessibili a chi è in sedia a rotelle e offrire comunque una esperienza che possa essere considerata positiva.

Finché la visita si limita ad una passeggiata del centro di Verona forse tra soluzioni alternative, improvvisazioni e giri allungati una passeggiata disimpegnata la si porta a termine. Ma se volessimo entrare in Arena? Se volessimo salire sul balcone di Giulietta? O vedere una chiesa? Alcune chiese hanno lo scivolo, ma non tutte. E non tutti i musei son dotati di ascensore.

Il Museo Archeologico di Verona, ad esempio, è totalmente inaccessibile poiché la Soprintendenza non ha dato il permesso di installarlo nel tratto in cui manca, e quindi non si arriva fin sopra, impedendo così ai disabili di ammirare i meravigliosi mosaici raffiguranti le lotte gladiatorie. La casa di Giulietta, non è dotata di ascensore, e quindi per i disabili niente foto sul celebre balcone. E che dire dei quadri rubati di Castelvecchio? I veronesi li hanno potuti rivedere, i disabili no. In Arena i disabili entrano dove gli altri escono, ma guai a capitare quando montano o smontano le poltrone numerate: l’Arena in questi periodi è off limits, e sulle gradinate non c’è modo di arrivarci. Ci si deve accontentare delle gallerie interne su cui si affacciano i bagni.

Che fare in questi casi? L’ausilio di Ipad con video degli spettacoli lirici, o di numerose foto di come è l’Arena vuota o piena, aiuta certamente a far vedere ciò che non si può raggiungere; è un sistema per potere rendere accessibile visivamente quello che non lo è fisicamente.

Diversa è la visita con ciechi o ipovedenti. In questi casi, oltre a porre attenzione agli ostacoli e alle barriere, serve modificare il modo di spiegare la città. La nostra voce diventa lo strumento primario per narrare le bellezze dei vari luoghi, la descrizione deve essere più articolata e durante il percorso è importante far toccare materiali, bassorilievi, elementi decorativi .

Verona, Festival IncontrArti (2016), dedicato ad artisti di strada con disabilità – Foto Nicoletta Ferrari – Dismappa

Per questo genere di visite usiamo modellini dei principali monumenti e mappe tattili. Manca purtroppo in città qualsiasi tipo di ausilio, non ci sono modelli dei monumenti (presenti in molte altre città). Nei musei e nelle chiese, salvo poche eccezioni, non ci sono opere che possano essere toccate e questa parte di esperienza sarebbe invece molto utile per una comprensione migliore dei luoghi che si visitano. Comprensibile l’attenzione alla conservazione delle opere d’arte, ma individuare in ogni museo qualche opera da poter toccare sarebbe utile .

Il tempo di visita con ciechi e ipovedenti si allunga perché è importante dare ad ognuno il tempo di sentire con le mani mappe e materiali, di ascoltare suoni e rumori della vita cittadina, di sentire profumi e odori tipici di ogni spazio anche urbano. I ciechi sono sempre molto curiosi, si affidano a noi non solo per il racconto , ma anche per un sostegno fisico nel caso di uno scalino, di un ostacolo e da loro si impara sempre qualcosa di nuovo.

Un’ esperienza ancora diversa è quella della visita con persone sorde. Il tempo da dedicare ad ogni tappa è più lungo, perché mentre il sordo guarda un monumento, una piazza , un palazzo, non può contemporaneamente seguire la traduzione in lingua dei segni. In questi casi siamo affiancati da una interprete di lingua dei segni. Per noi appassionati di arte e lingue straniere, la Lis e le lingue dei segni di altri paesi sono bellissime, sono parole trasferite in segni che aprono finestre nuove.

La cosa migliore che si possa fare in tutte queste situazioni è quella di non fare mai sentire il disabile come tale, non metterlo in situazioni di disagio o imbarazzo davanti agli altri, per non trasformare la disabilità in un peso. Poiché infatti il disabile è tale solo quando si creano le condizioni per farlo sentire tale. Tutto ciò che ostacola la normale fruibilità ad oggetti o cose diventa disabilitante per chi lo subisce.

Succede a volte che in un gruppo ci sia una persona disabile e a noi non venga comunicato. In queste occasioni, purtroppo, rischiamo di accorgerci della loro presenza a metà giro e di non poter lavorare nel modo in cui vorremmo.

Tra le buone pratiche da implementare per l’accoglienza di un viaggiatore disabile è il coinvolgimento empatico, da cui non si dovrebbe mai prescindere. Prestare attenzione a chi abbiamo davanti, rivolgersi direttamente al disabile e non solo a chi lo accompagna, dare il tempo necessario per raggiungere la tappa successiva sono tutti aspetti su cui lavoriamo.

Da parte nostra serve un atteggiamento di condivisione e di apertura, la visita non è più solo “guidata” da noi professionisti, ma è partecipata, condivisa. In tutte le occasioni avute ci siamo accorti che diamo tanto quanto riceviamo: diamo una chiave di lettura delle città che conosciamo e amiamo, riceviamo altre chiavi di lettura da chi vede, ascolta, tocca. Da entrambe le parti, se l’atteggiamento è di ascolto, ci sarà stupore e arricchimento.

Molti pensano che il nostro lavoro sia ripetitivo, che le guide siano spesso saccenti o noiose, che si possano trovare le stesse notizie sulle guide cartacee o multimediali, ma noi crediamo che il nostro lavoro sia invece di mediazione culturale, di interpretazione della ricchezze storico artistiche ambientali e culturali. Per noi lo studio continuo, l’approfondimento sono valori importanti.

Sarebbe bello che ai nostri sforzi si aggiungesse un intervento da parte del Comune per rendere fruibili a tutti il numero maggiore di luoghi e di opere. Questo è il nostro augurio per una città che possa essere davvero per tutti.

Stefano Mutti
Assoguide Verona

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