Montagna e disabilità: non solo marchi, ma esperienze di vita

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Prosegue il percorso itinerante in vari istituti scolastici del Trentino alla scoperta di come si sta coniugando formazione, mondo turistico e disabilità – anche attraverso i machi Open, pensati appositamente a questo scopo. Abbiamo intervistato il professor Pierluigi Sembenico, dell’Istituto La Rosa Bianca – Weisse Rose di Cavalese (Val di Fiemme), docente all’interno del percorso ad indirizzo costruzione territorio ambiente (ex Geometri).

Come nasce l’idea?

L’idea risale a qualche anno fa: ho frequentato un corso di aggiornamento organizzato dall’Ordine degli Architetti sulla certificazione Open poi per vari motivi non avevo potuto approfondire. In istituto abbiamo ragazzi con disabilità, poi per caso si chiacchierava con il gestore dell’albergo ed è partito tutto. Abbiamo pensato di far vivere quest’esperienza semi-professionale ai ragazzi, in parte con risorse interne ed in parte grazie all’Accademia della Montagna. Come scuola siamo sempre alla ricerca di attività con senso per l’alternanza scuola-lavoro; poi con il nostro indirizzo siamo un po’ più fortunati perché possiamo spaziare dagli uffici tecnici nel pubblico alle aziende private. Comunque è una scuola tecnica e alcune competenze professionali i ragazzi le acquisiscono e le possono spendere bene.

Ci parli del progetto.

Si tratta di far vivere ai ragazzi un’esperienza pratica: stiamo realizzando una valutazione sul grado di accessibilità di un albergo in Val di Fiemme. Ci siamo dati da fare, ed abbiamo trovato una struttura disponibile; i ragazzi si sono messi all’opera ed hanno seguito i parametri che sono stati dati loro passo a passo, con precisione. Hanno segnato tutto quello che non funzionava utilizzando le schede certificazione Open fornite dalla Cooperativa Handicrea, che era intervenuta a scuola facendo una presentazione.

Questo intervento è stato l’unico all’interno del percorso?

Ce ne sono stati vari; abbiamo organizzato degli incontri con un’architetta non udente che ci ha spiegato tutta le problematiche per persone non udenti; lei si occupa di progettare ambienti fruibili alle persone con disabilità. Oltre a questo abbiamo fatto vivere ai ragazzi l’esperienza del “dark camion”.

Dark camion”?

Sì, praticamente è un camion al buio con all’interno un bar. Permette di ospitare una ventina di persone alla volta; si ha una consumazione ma tutto si svolge completamente al buio – ci si confronta anche a livello emotivo, su come ci si sente. Questo è stato organizzato a livello di istituto, in modo da far partecipare non solo la classe quarta che era la protagonista del progetto ma anche le classi del triennio. Poi c’è stato un incontro con il presidente dell’associazione che ci ha parlato della sua esperienza come non vedente. Abbiamo anche accennato al tema della scrittura e della lettura in braille: quest’autunno vorremmo realizzare una visita in Valsugana (Trentino orientale) dove vi è una tipografia che stampa in braille.

E dopo, che succederà?

Dopo questa fase di approfondimenti vari, vorremmo terminare la valutazione ed individuare i possibili rimedi per ottenere una certificazione Open per l’albergo. L’idea è di arrivare alla fine con un vero e proprio elenco di cose da fare. Poi chiaramente deve essere la struttura a decidere se vuole investire questi soldi o meno.

Lei vede interesse intorno al mondo dei marchi Open da parte del settore?

Nel settore alberghiero la certificazione è di grande interesse perché le persone con disabilità hanno bisogno di strutture che siano in grado di ospitarle; chi ha delle attività di carattere economico deve tenere conto di questo aspetto.

Che valutazione dà del percorso fino ad ora?

I ragazzi al momento stanno svolgendo un’attività professionale e realizzano il lavoro che farebbe un professionista; oltre a questo affrontano anche una tematica sociale, e farlo a quell’età è più incisivo rispetto a farlo da adulto, quando certi aspetti li hai già acquisiti ed hai una sensibilità un po’ diversa. Quindi sicuramente la valutazione è positiva: non solo offriamo un servizio alla struttura ma offriamo ai ragazzi una bella opportunità. C’è da dire che noi docenti siamo molto orgogliosi di fargli fare un qualcosa di concreto che possa servire a loro e a qualcun altro.

Cosa riserva il futuro?

Vorremmo terminare questo progetto entro dicembre; poi abbiamo una mezza idea per quanto riguarda un paesino piccolo qui in valle, Panchià: vorremmo estendere la certificazione su un ambiente di tipo urbano e quindi sentire il sindaco, vedere la disponibilità e capire quali sono gli elementi critici su cui intervenire. Anche piccole cose, ma è importante avere una valutazione dell’accessibilità in modo da estendere la certificazione anche al paese, non solo alle strutture. Poi chiaro che con più tempo si potrebbero fare più cose, ci sono tante opportunità per sensibilizzare e far capire la realtà delle diverse disabilità.

Che riscontri avete avuto dai ragazzi?

Positivi: sono rimasti colpiti – come noi insegnanti del resto, perchè di fatto è la prima volta anche per me che mi occupo di disabilità. Essendo architetto ne ho sempre un po’ studiato perché le normative ti obbligano a farlo, ma è diverso quando ci si mette il naso. Ed è un arricchimento anche dal punto di vista personale.

Ci racconti un aneddoto.

Forse quando siamo andati a fare i rilievi: abbiamo preso la sedia a rotelle che c’è nella scuola e quando siamo arrivati nella struttura abbiamo realizzato delle simulazioni vere e proprie. La disabilità motoria è spesso la più palese delle disabilità, la più evidente; le altre magari sono più difficili da intuire. I ragazzi si accomodavano sulla sedia a rotelle e provavano a fare alcuni percorsi all’interno dell’albergo per farsi un’idea delle difficoltà, perché anche aprire una porta può essere difficile se la porta è pesante o la maniglia è posizionata in un punto sbagliato. Ma ci sono tante piccole difficoltà a cui non si pensa: anche banalmente il muoversi nella camere o nei bagni non è per niente semplice. Questa simulazione li ha aiutati a comprendere in modo diretto cosa vuol dire – per brevi minuti, per carità – vivere questo tipo di esperienza.

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