Elon Musk cerca paraplegici, sordi, ciechi o muti per testare i suoi impianti cerebrali

Sul sito di Neuralink il multimiliardario visionario, proprietario di Tesla e X Twitter, ha pubblicato un 'registro dei pazienti' per candidarsi alla sperimentazione. Un robot installerà nel cervello un'interfaccia che dovrebbe tradurre i pensieri in azione

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Roma, 20 settembre 2023 – Neuralink, la startup di impianti cerebrali di Elon Musk, cerca persone paraplegiche, con arti amputati, ma anche sorde, cieche o mute, per avviare la sperimentazione umana dei suoi impianti cerebrali.

Cavie umane

Chi è costretto a letto, su una carrozzella, chi ha perso le gambe, chi non ci vede o non è in grado di sentire o parlare può candidarsi e diventare una cavia umana. La posta in gioco è molto alta. Ma l’eclettico imprenditore Elon Musk, quello dell’auto elettrica Tesla, di Space X che crea navicelle spaziali in grado di decollare e atterare più volte, e di X – Twitter per intenderci, è sempre l’uomo delle sfide visionarie, portate allo stremo.

Il Registro dei pazienti

Sul sito di Neuralink, azienda di neurotecnologie fondata nel luglio 2016 Musk con lo scopo di creare interfacce neurali per collegare il cervello umano con l’intelligenza artificiale, è presente un ‘registro dei pazienti’ dove chiunque può candidarsi.

Sperimentazione di 6 anni

Nel primo screening, che ha lo scopo di determinare se il candidato è idoneo, basta dichiarare di essere maggiorenni, di indicare se si risiede o meno negli Sati Uniti, se si soffre di una delle gravi patologie inabilitanti indicate. Segue quindi un secondo modulo, più approfondito, che bisogna compilare in poco meno di un’ora, con indicazioni molto più specifiche per poter sperare di entrare a far parte di una sperimentazione di 6 anni. Il tutto è in lingua inglese.

Autorizzazione della Food and Drug Usa

Neuralink aveva già ottenuto lo scorso maggio l’autorizzazione della Food and Drug Administration (Fda) per il suo primo studio clinico tramite dei dispositivi sperimentali sull’uomo al fine di consentire ai cervelli di interfacciarsi direttamente con computer e robot. Il dispositivo verrà impiantato in una regione del cervello che controlla il movimento, con l’obiettivo di consentire ai pazienti di controllare il cursore di un computer o una tastiera usando solo i loro pensieri.

I nuovi Frankenstein

Ora la sperimentazione è stata aperta e si cercano candidati. Dei Frankestein dell’era moderna, non più brandelli di corpi defunti messi insieme e resuscitati ma persone in carne ed ossa in grado di tornare ad essere autonome, di parlare, di muoversi, semplicemente pensandolo, come avviene per tutti, ma con un microchip impiantato nel cervello in grado di tradurre i sogni in realtà, grazie alle macchine e all’Intelligenza Artificiale. L’idea di fondo, anche se meno orrifica rispetto al romanzo di Mary Shelley, è la stessa: esseri umani ‘ricostruiti’ a cui viene data, con un impulso elettrico, la possibilità di tornare alla vita di prima.

Basta premere invio

Ora si tratta di compilare il modulo e premere il pulsante ‘invio’. Neuralink fa sapere che non risponderà ai candidati esclusi; questi ultimi potranno cancellare la propria iscrizione in ogni momento ma rimanere nel registro permetterà, un domani, anche di ottenere eventuali benefici derivanti dagli esiti (positivi) della ricerca. Musk ha già compiuto una sperimentazione sui maiali che attualmente è sotto esame, inclusa un’indagine per abuso su animali. Ma niente di definitivo.

Impiantabile nel cervello

Sul sito, Neuralink promette: “La nostra interfaccia cervello-computer è completamente impiantabile, esteticamente invisibile e progettata per consentirti di controllare un computer o un dispositivo mobile ovunque tu vada. I fili del nostro impianto sono così sottili che non possono essere inseriti dalla mano umana. Il nostro robot chirurgico è stato progettato per inserire questi fili in modo affidabile ed efficiente esattamente dove devono essere”. Ed ancora: “Le interfacce cervello-computer hanno il potenziale per cambiare la vita in meglio. Vogliamo portare questa tecnologia dal laboratorio nelle case delle persone”.

di Laura De Benedetti

 

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