Disabilità, un terzo braccio robotico guidato dall’intelligenza del corpo

L’Università di Siena capofila di un progetto europeo per un’interfaccia fisica uomo-robot che aiuterà le persone con disabilità agli arti superiori

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Diverse soluzioni adottano arti artificiali soprannumerari (MetaLimbs dell'Inami Laboratory presso l'Università di Tokyo). Il prototipo del progetto Hara ha la particolarità di un braccio robotico esterno, collegato wireless con un'interfaccia fisica senso-motoria posta con un dispositivo indossabile sul corpo della persona con disabilità all'arto superiore

Gli essere umani non si limitano ad abitare il corpo, ma pensano anche con il corpo che ha una sua intelligenza. Un’intuizione, sperimentata da danzatori e ginnasti, è stata confermata negli anni dagli studi sulle neuroscienze.

di Alessia Maccaferri

Eppure la tecnologia sinora ha principalmente potenziato la mente e le sue abilità cognitive, dai semplici smartphone ai chip impiantati nel cervello che funzionerebbero come interfaccia del computer, secondo il disegno di Elon Musk. E il corpo?

«Rischia di essere un collo di bottiglia, il potenziamento cognitivo rischia di accentuare lo sbilanciamento tra mente e corpo» spiega Domenico Prattichizzo, docente di Robotica all’Università di Siena e senior scientist all’Istituto Italiano di Tecnologia. Si occupa di interfacce uomo-macchina e oggi vuole contribuire a spostare la frontiera nella robotica aumentativa, attraverso arti robotici soprannumerari, vale a dire dispositivi robotici indossabili progettati per l’aumento delle capacità senso-motorie. È lui ad aver progettato il “sesto dito robotico”, un wearable in grado di potenziare le capacità di presa a supporto di persone con emiparesi agli arti superiori (causato da ictus o incidente). Il dispositivo promuove l’indipendenza nelle attività quotidiane grazie alla compensazione, da parte del dito robotico, della perdita delle capacità di presa dell’arto stesso. Il prototipo Sixto è diventata una startup, Existo, fondata da Prattichizzo e detenuta da E-Novia.

Un prototipo oltre l’esoscheletro

Con un articolo su Nature Machine Intelligence, il professore ha prefigurato un’evoluzione del sesto dito robotico verso una nuova frontiera: il potenziamento umano del corpo non più attraverso protesi o esoscheletri ma attraverso arti robotici fuori dal corpo e governabili dal corpo, in questo caso un terzo braccio virtuale. «L’esoscheletro è una struttura che la persona mette attorno al braccio, riproduce la catena cinematica e supporta il braccio. Noi, invece, parliamo di extrascheletri, robot che sono all’esterno della nostra anatomia, possono anche non essere indossabili. La parte di potenza viene esternalizzata, fuori dal corpo, mentre resta sul corpo la parte informativa, di interfaccia per sentire il controllo del corpo», spiega Prattichizzo che ha messo a punto un prototipo la cui evoluzione rientra ora nel progetto «Human-robot sensorimotor augmentation – wearable sensorimotor interfaces and supernumerary robotic limbs for humans with upper-limb disabilities» (Haria), finanziato con 4,6 milioni da Horizon. Prattichizzo coordinerà un team di cui fanno parte, oltre l’università di Siena e l’Iit, la Fondazione Santa Lucia di Roma, importanti istituzioni accademiche europee e l’azienda tedesca Ottobock.

Interfaccia basata su movimento e contrazione muscolare

In particolare il prototipo è pensato per le persone che non possono muovere gli arti superiori per una paraplegia dovuta a ictus o incidente stradale. L’obiettivo è aiutare le persone a svolgere con naturalezza gesti semplici come versare un bicchiere d’acqua. La parte motoria è delegata a un braccio robotico esterno, controllato in parte dall’intelligenza artificiale, appoggiato su un tavolo o sulla carrozzina e collegato wireless con una piccola interfaccia posta sul corpo. Come funziona? Valorizza la parte o le parti del corpo non danneggiate. «Gli esseri umani sono strutture cinematiche ridondanti, abbiamo più gradi di libertà di movimento. Pensiamo a un danzatore: lui sfrutta tutti i giunti del corpo. Allo stesso modo se io per esempio, sostengo un bicchiere con la mano, la mano sta ferma ma posso muovere la spalla o il gomito o la testa. Allora una persona che ha perso l’uso del braccio può sfruttare tutti i gradi di libertà che gli rimangono per controllare il robot che aggiungiamo all’esterno». L’interfaccia sente il movimento e trasferisce il comando al robot; può percepire anche solo l’irrigidimento di un muscolo tramite Emg (elettromiografia).

Gli impieghi: disabilità, industria, medicina

Cambia anche l’esperienza dell’utente che percepisce il robot, lo sente su di sè: così quando il robot tocca un oggetto e la forza che ci mette nell’interazione viene percepita dall’utente sulla spalla o sul braccio. Le applicazioni potrebbero essere tante, nell’ambito delle disabilità, nell’industria per la movimentazione merci nella medicina, per le operazioni chirurgiche.

 

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