Il progetto della startup veneta ruota intorno ad un anello, in grado di riconoscere speciali sensori e far partire informazioni audio descrittive, e ad un dispositivo NFC. Ne parliamo con Serena Ruffato, ceo di Tooteko
di Alessio Nisi
I ragazzi di Tooteko hanno lavorato in silenzio fin dalla costituzione della startup, nel 2014. Nel corso degli anni hanno sviluppato il loro progetto: un anello sensoriale, in grado di riconoscere speciali sensori e far partire informazioni audio descrittive. Dopo un grant e un percorso di accelerazione nel 2016 a TIM Working Capital (a Bologna), dopo aver vinto Edison Pulse nel 2016, Tooteko è arrivata fino all’Ara Pacis a Roma, protagonista di Art For the Blind, progetto sperimentale pensato per il Museo dell’Ara Pacis per i non vedenti. Di che si tratta? Grazie ad una tecnologia innovativa, Tooteko fa sì che siano le mani “a vedere”: in questo modo i visitatori affetti da cecità o ipovedenti possono accedere al patrimonio del museo e entrare in contatto con la storia dell’altare e di Augusto attraverso una speciale esplorazione plurisensoriale. «Art For the Blind è stata una sorta di presentazione ufficiale del nostro lavoro» ha detto a StartupItalia! Serena Ruffato, 30 anni, originaria di Padova, ceo di Tooteko. Con Serena abbiamo ripercorso la storia della startup e fatto un punto sul futuro del progetto. E anche del Seal of Excellence, il riconoscimento conferito dall’Unione Europea ai progetti che partecipano a Horizon 2020.
Serena, Tooteko riceve il Seal of Excellence in contemporanea con la presentazione di Art For the Blind.
«Ricevere il Seal of Excellence è stata una sorpresa anche per noi. E’ un riconoscimento tributato dall’UE alle startup che partecipano al bando Horizon 2020. Con il Seal of Excellence l’Unione Europea ci comunica che il nostro progetto ha i requisiti per essere finanziato, ma che lo sarà effettivamente non appena ci saranno le risorse disponibili. Solo le startup che raggiungono un certo punteggio in termini di qualità ottengono questo riconoscimento».
Quale secondo te il valore riconosciuto a Tooteko?
«Secondo me l’impatto sociale che ha Tooteko. La sua capacità di rispondere ad un’esigenza attualmente non coperta: ovvero il rendere accessibile le opere d’arte ai non vedenti».
Nonostante l’estensione e l’importanza del patrimonio artistico italiano, voi guardate anche all’estero.
«Sì, la nostra idea è estendere il nostro progetto e scalare i musei più importanti del Mondo. Vogliamo che i non vedenti non abbiano un surrogato all’interno di museo, ma che possano accedere alle opere insieme ai loro parenti e amici».
Parliamo della tecnologia che sta dietro l’anello di Tooteko.
«Utilizziamo un concentrato di tecnologia all’avanguardia che ruota intorno allo smartphone e al NFC, un sensore che ci permette anche di sviluppare in futuro soluzioni per non udenti. Sì, possiamo parlare di un progetto IoT. Oggi veicoliamo contenuti audio, ma potremmo farlo anche con contenuti video, appunto, per non udenti».
Quando si è costuita Tooteko?
«Ci siamo costituiti come startup ad aprile 2014. In questi tre anni abbiamo lavorato soprattutto in ricerca e sviluppo. E’ un campo del tutto inesplorato e volevamo capire le esigenze di non vedenti e ipovedenti e tradurli al meglio. Stiamo ancora lavorando e utilizzando i fondi che abbiamo ricevuto da TIM Working Capital e da Edison Pulse per migliorare la tecnologia ed estenderla anche ad altri ambiti».
Quali ambiti?
«Vogliamo sviluppare un prodotto non solo per non vedenti, ma che per normo-vedenti, una sorta di nuovo canale percettivo del tatto per comprendere al meglio le opere d’arte».
Come vi siete trovati a Working Capital?
«E’ stato un periodo importantissimo. E stato un percorso intenso, che ci ha lasciato comunque il tempo di lavorare al nostro progetto. Ci hanno permesso, insomma, di crescere in autonomia: incontrare i nostri clienti, sviluppare la nostra idea. Ottimo in termini di networking e go to market».
«Io sono il ceo. Fabio D’Agnano si occupa della programmazione hardware e software, è un architetto che si occupa di tecnologia 3D. C’è Gilla Lombardi, laureata in semotica, che si occupa della parte di marketing e comunicazione. Noi tre siamo i founder. Collabora Cristiano D’Angelo e poi c’è Deborah Tramentozzi, una ragazza che abbiamo voluto fortemente nel team: è non vedente e lavora da 4 anni con i Musei Vaticani, verifica e approva i contenuti tattili delle opere».
Com’è nata l’idea di Tooteko?
«Tutto è cominciato nel corso di un master in architettura digitale. Io mi occupavo di tecniche di stampa 3D per non vedenti e Fabio D’Agnano era il mio relatore di tesi. Fabio ha fortissimamente voluto far uscire l’idea di Tooteko dall’università e farne una startup».
Il futuro di Tooteko.
«Stiamo lavorando ad un anello 2.0. Quello che abbiamo presentato all’Ara Pacis è già in fase di miglioramento, con un potenziamento della parte hardware e software».
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