Il guanto italiano che dà voce ai sordomuti alla finale globale delle startup

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Il loro guanto dà voce a chi una voce non ce l’ha. Talking hands, questo il nome del progetto di due dottorandi dell’università di Camerino, Francesco Pezzuoli e Dario Corona, traduce in parlato il linguaggio dei segni delle persone sordomute.

Il guanto è dotato di sensori che registrano i movimenti delle dita, della mano e delle braccia, e li trasferisce via bluetooth a un’applicazione sullo smartphone che riconosce i gesti e li sintetizza in voce. “A giugno il prodotto sarà pronto per l’industrializzazione”, spiega Pezzuoli. Nel frattempo i due compagni di studi si sono aggiudicati le selezioni italiane del concorso Chivas Venture. La competizione porta la firma della storica distilleria di whisky scozzese. In palio c’è un milione di dollari

per startup che presentano progetti innovativi in ambito sociale e Talking hands concorrerà dall’Italia alla finale di Amsterdam, in programma a fine maggio

Finora Pezzuoli e Corona, 26 anni il primo, 27 il secondo, hanno raccolto 135mila euro per sviluppare il loro guanto.

Il brevetto è del 2016 e da allora i due stanno lavorando all’industrializzazione del prodotto. Le persone sordomute “hanno grandi difficoltà nella comunicazione poiché non riescono a farsi comprendere dalle persone che non conoscono la lingua dei segni”, spiegano i progettisti. “Nel mondo esistono svariate lingue dei segni, circa 200. Solo a Roma abbiamo scoperto una decina di dialetti”, incalza Pezzuoli. Ogni utente può creare il proprio vocabolario, associando il gesto alla traduzione vocale.

https://www.wired.it/

 

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