Lo sport è un potente strumento riabilitativo. Questa la convinzione, il mantra se volete, di Antonio Maglio. La sua straordinaria storia ce la racconta stasera in tv A muso duro, il film tv in onda su Rai 1 alle 21.25. Flavio Insinna interpreta il medico e dirigente dell’Inail. Che, alla fine degli Anni 50 crea una struttura all’avanguardia apprezzata a livello nazionale e internazionale. Un struttura d’eccellenza che si distingue per la capacità di recupero fisico e psichico dei paraplegici. Nel 1960 riesce a far disputare a Roma la prima Paralimpiade del mondo. Sfruttando gli impianti sportivi costruiti per le Olimpiadi appena concluse.
Con pochi mezzi e superando non poche difficoltà, organizza un Torneo Internazionale ribaltando il concetto di disabilità. Per la prima volta nella storia porta al centro di una grande manifestazione sportiva internazionale persone con handicap fisici.
La trama di A muso duro, stasera in tv
Furono ben 400 gli atleti, provenienti da 23 nazioni, a mettersi in gioco di fronte a un pubblico di 5 mila persone. Tiro con l’arco, giavellotto, pallacanestro, nuoto e scherma le discipline coinvolte nell’evento. Antonio Maglio non è stato solo in questa avventura: a credere nel suo progetto c’è anche una giovane donna, Maria Stella (Claudia Vismara). Tra loro nascerà anche un rapporto d’amore. A muso duro racconta la storia di Antonio Maglio, della sua visione del mondo e della sua relazione sentimentale. Ma al tempo stesso racconta anche la vita dei ragazzi del centro riabilitativo Villa Marina, a Ostia. Loro, in quel medico speciale trovarono non solo il professionista sanitario, ma anche un amico. E in alcuni casi anche un padre. Grazie a lui, infatti, molti di loro tornarono a vivere una vita piena, quando sentivano di non avere molte speranze.
Il ritorno sul set di Flavio Insinna, tra Don Matteo e A muso duro
L’attore romano quest’anno è tornato ad alternare il lavoro in studio e quello sul set. Oltre a condurre L’eredità, il quiz preserale di Rai 1, è di nuovo nel cast di Don Matteo 13. Sedici anni dopo il suo arrivederci. E ora è protagonista di questo film Tv diretto da Marco Pontecorvo. «Antonio Maglio ha rivoluzionato il concetto di disabilità, organizzando le prime Paralimpiadi a Roma nel 1960. A muso duro racconta gli inizi difficilissimi del dottor Maglio. Fino alla nascita delle paralimpiadi, che rappresentano la vera essenza dello sport», spiega Flavio Insinna. Che si dice orgoglioso di averne vestito i panni. «Aver preso parte a questo progetto per me vale tantissimo: ho avuto il privilegio di interpretare un professionista umano e visionario. Ma non è tutto: quando sono stato chiamato per questo ruolo, infatti, ho fatto un tuffo nel passato».
Il legame personale di Flavio Insinna con Antonio Maglio
«Mio papà per anni è stato medico alla clinica riabilitativa Santa Lucia di Roma», rivela infatti l’attore. «Si tratta di una struttura di eccellenza dove, senza mischiare il sacro con il profano, fanno i miracoli. Quelli terreni. Ricostruendo la mia vita da bambino, insieme a mia mamma, ho scoperto che quel medico, mancato nel 1980, sicuramente l’avevo incontrato».
Quella volta in Canada alle Paralimpiadi 1976
E deve dire grazie a suo padre. «Quando avevo sette o otto anni, mi portava a vedere le partite di basket in carrozzina, per farmi conoscere la vita, quella vera. E sono andato anche in Canada per le Paralimpiadi del 1976. Papà era il medico della nazionale italiana. In quell’occasione, avevo undici anni, gli ho fatto da assistente. E oggi che sono adulto non smetto di ringraziarlo. Tant’è che mi sono così appassionato al basket in carrozzina che seguo molte gara. E sono diventato sostenitore di una delle squadre del Santa Lucia».
Il suo secondo lavoro è aiutare gli altri. Come il dottor Maglio.
«Se non fossi agofobico avrei fatto il medico come mio padre. Lui mi diceva che avevo l’occhio clinico. Ma la paura degli aghi è stata più forte» ammette Insinna. «Lavorare per gli altri è molto importante e per questo, nell’altra parte della mia vita, fuori da quello che è il mio lavoro, mi piace dare una mano». E ha fatto sua una massima di Gino Strada: «Puoi curare o prenderti cura». Lui, ha scelto la seconda strada. Non meno importante della prima.