di Claudia Giampaolo
Clarence Fuller porta in concorso ad Alice nella Città Signs of love, un film sul potere salvifico dell’amore e sulla complessità dei legami familiari. Al centro della storia troviamo il trentenne Frankie (Hopper Penn), che vive un quartiere malfamato a nord di Philadelphia con la sorella alcolista e il nipote, al quale vorrebbe riuscire a dare una vita migliore. L’incontro con Jane (Zoë Bleu), una ragazza sorda proveniente da una famiglia abbiente, lo porterà a riacquisire speranza nel futuro e nell’amore, superando i traumi che ha affrontato nel passato e tornando ad avere fiducia nella vita e nelle persone.
«Il film è stato scritto nel 2011, ma è uscito oltre dieci anni dopo perché ho trovato l’ispirazione giusta solo quando mi sono trasferito a Philadelphia prima della pandemia – ha spiegato il regista Clarence Fuller. Una città che ha dato sicuramente del valore aggiunto e che fa parte della storia come una terza protagonista: «Volevamo dare un ritratto onesto di Philadelphia, tutto quello che si vede nel film ha origine locale – spiega la produttrice – Philadelphia ha caratteristiche peculiari rispetto al resto degli USA, ha tanto colore, ha un atteggiamento unico, c’è anche una vena sottile di oscurità che abbiamo voluto trasferire».
Signs of love è un puzzle familiare dentro e fuori dallo schermo, i protagonisti sono interpretati dalla coppia madre-figlia nella vita reale Rosanna Arquette e Zoë Bleu, insieme ai fratelli Dylan Penn e Hopper Penn. Zoe Bleu ha raccontato così il suo avvicinamento al progetto: «Eravamo nel clou della pandemia ed eravamo tutti spaventati. In questo caos mi è arrivata l’opportunità da Clarence. In quel periodo della mia vita volevo fare cambiamenti, volevo crescere come artista e persona. È stato un dono caduto dal cielo. Mi sono innamorata del personaggio di Jane, la loro love story. Potevo identificarmi tanto con alcuni dei temi trattati in quest’opera».
Sul come abbia imparato la lingua dei segni, racconta l’attrice: «È stato difficile impararla durante la pandemia. Facevo lezioni online con un tutor, guardavo documentari, video su YouTube. Avrei preferito fare più ricerca, stabilire una connessione umana con persone in carne ossa. Da ballerina, per me è stata un’opportunità bellissima poter ballare con le mie mani. E poi impari a connetterti con la persona con cui stai parlando perché devi leggere le sue labbra».