Non vedo, non sento e non vado al cinema, Italia bocciata nei diritti di ciechi e sordi

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Esiste una convenzione Onu che prevede le stesse possibilità per i disabili sensoriali di partecipare alla vita culturale. Ma il nostro Paese non la rispetta. Al cinema e in Tv mancano sottotitoli e audio descrizioni. E che cosa fa la Rai? Molto meno della Bbc

Immaginate di essere sordi oppure ciechi e di andare al cinema o guardare la tv in Italia. Nel primo caso vi perdereste i dialoghi, nel secondo non capireste nulla di che cosa accade quando nessuno parla. Nel nostro Paese le barriere non sono soltanto quelle architettoniche.
Le audio descrizioni non esistono da nessuna parte. «Il prodotto semplicemente non è predisposto», dice Stefano Tortini, avvocato dell’Unione Italiana Ciechi. I film sul grande schermo non hanno i sottotitoli e sul piccolo schermo pochissimi li mettono. «Come da contratto di servizio – dice il presidente dell’Ente nazionale sordi Giuseppe Petrucci – in Rai i programmi sottotitolati o tradotti con la lingua dei segni dovrebbero essere il 70 per cento soltanto per quanto riguarda le tre reti generaliste e anche questo minimo è disatteso. Attendiamo da troppo tempo la sottotitolazione di tutti i programmi e anche dei tg».
Inoltre, fa notare Petrucci, nemmeno tutte le comunicazioni istituzionali, come le istruzioni per il voto o le pubblicità progresso, sono tradotte nella lingua dei segni. «Il discorso di insediamento del presidente francese Emmanuel Macron – osserva Petrucci – era tradotto in diretta in lingua dei segni».
La Convenzione Onu

Eppure, l’Italia ha recepito ben otto anni fa, nel 2009, la Convenzione dell’Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità. Le Nazioni Unite stabiliscono che gli Stati devono consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli ambiti della vita su basi di uguaglianza con gli altri. E fanno un riferimento specifico alla partecipazione alla vita culturale, menzionando specificamente programmi televisivi, film, e altre attività culturali. Il pubblico c’è. Nel nostro Paese i sordi pre-linguali (prima dei 12 anni) sono oltre 60 mila e pensate a quanti anziani hanno problemi di udito (fonte Ens).

I ciechi sono oltre 150 mila e quasi un milione di persone hanno deficit visivi importanti (dati dell’Unione Italiana Ciechi). L’invecchiamento delle popolazione fa pensare che il «mercato» per i sottotitoli e le audio descrizioni crescerà. La normativa europea prevede che gli stati membri promuovano l’accessibilità ma sulla base di «impegni volontari». E ogni Paese fa a sé.

Un potenziale pubblico ignorato

«Nel Regno Unito – dice Federico Spoletti, co-fondatore di Sub-Ti, società londinese che produce sottotitoli e audio descrizioni – quasi il 100 per cento delle tv ha i sottotitoli per i sordi. Inoltre, esiste un organo di regolamentazione e controllo (la Ofcom). La normativa richiede che il 10 per cento della programmazione abbia la possibilità di attivare l’audio descrizione. Tutti i broadcaster fanno almeno il 20 per cento e molti vanno anche oltre: hanno capito che non si tratta solo di offrire un servizio a una minoranza, perché i numeri delle persone che fruiscono di questi contenuti sono più ampi, quindi disporre versioni accessibili può essere determinante nella gara degli ascolti».

Spoletti ha fondato Sub-Ti Access che ha sede a Torino e produce i contenuti culturali accessibili in Italia. «Promuoviamo le proiezioni accessibili ai festival del cinema in Italia producendo i contenuti accessibili e offrendoli gratuitamente ai distributori, ma solo in pochissimi casi i distributori hanno accettato». Ora le cose potrebbero migliorare. «La Rai sta rinnovando il contratto di servizio – dicono Tortini e Petrucci – e stiamo dialogando con la Rai affinché siano tenute in conto le nostre istanze».

La legge Cinema

La legge sul cinema prevede che, per avere i benefìci fiscali, le opere cinematografiche, televisive e web debbano «essere realizzate in modo da consentire la fruizione da parte delle persone con disabilità, anche mediante l’utilizzo di sottotitoli e strumenti di audio descrizione». Ma la legge si applica soltanto alle produzioni o co-produzioni italiane, che sono un terzo dei film proiettati nelle sale (rapporto 2015 dell’Ente dello Spettacolo). Inoltre, se rendere il prodotto accessibile è un conto, poi l’accessibilità deve essere recepita dai distributori.

La nuova legge stabilisce che il credito d’imposta per i lavori effettuati nelle sale spetta soltanto se sono rese accessibili anche a sordi e ciechi, ma non pone obblighi a tutti.«Oggi non ci sono cinema che offrono i sottotitoli», dice Petrucci. Quasi introvabili sono anche le audio-descrizioni, eppure esistono app per cellulari che le farebbero facilmente ascoltare con le cuffiette senza dare fastidio al pubblico normale.

Eppure i costi sono bassi

Eppure la direttiva europea sui Servizi di Media Audiovisivi e la Strategia Europea sulla Disabilità 2010-2020 specifica esplicitamente l’importanza di includere la lingua dei segni, la sottotitolazione, l’audio descrizione e altro ma non è giuridicamente vincolante. Che cosa accade in Europa? «In Paesi come Belgio, Francia, Regno Unito e Svezia – dice Humberto Insolera, responsabile accessibilità dello European Disability Forum – la percentuale dei programmi sottotitolati supera il 90 per cento sui canali pubblici e privati e offrono anche servizi in lingua dei segni. L’Italia è indietro: i sottotitoli, le audio descrizioni e i servizi in lingua dei segni sono presenti in misura limitata e con una qualità molto scadente. Le persone sorde o cieche sono tagliate fuori e viene loro impedito il pieno sviluppo della persona umana».

Eppure i costi sono bassi. «Se collaboriamo tutti insieme prima della messa in opera si aggiunge al massimo l’1,8 per cento in più delle spese iniziali».

http://www.corriere.it/

 

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