Ad Abano Terme è in corso l’ottava Conferenza Nazionale delle Persone Sordocieche. Settanta sordociechi hanno superato diversi ostacoli per essere lì e confrontarsi sul tema “il mondo che vorrei”. «Quello che tutti desideriamo cambiare è il paradigma che ci immagina parte passiva della società. Siamo pronti a fare la nostra parte per costruire una realtà davvero inclusiva»
Matilde ha 50 anni, vive a Napoli, è sposata e ha tre figli. L’ultimo, Gabriele, ha 4 anni e di lui la mamma non conosce il volto: quando è rimasta incinta di lui era già completamente cieca. «I miei figli sono i miei puntelli, le mie sponde. Paola ha 22 anni ed è una studentessa universitaria, mi accompagna a fare shopping, mi aiuta con gli abiti, mi abbina i colori e mi sceglie le scarpe giuste. Marco ha 19 anni ed è studente universitario, mi fa ridere anche quando non ne ho alcuna voglia e capisce le mie sfumature. Gabriele ha 4 anni, sin da piccolissimo ha imparato a spostare i suoi giocattoli quando passo», racconta.
Dopo aver passato tutta la fatica di imparare a vivere al buio, ora Matilde sta perdendo anche l’udito: «alla cecità mi sono rassegnata, ma abbassare il volume della vita è innaturale». Matilde però è una donna che non si arrende. Quattordici anni fa ha iniziato a praticare judo: «la mia prima gara da sordocieca è stata tremenda, ma ora sono felice perché insegno judo ai ragazzi dell’Istituto Colosimo di Napoli e ho portato dei miei atleti alle gare. Amo lo sport perché mi rimette in gioco, mi rende una persona uguale agli altri. Lo sport fa uscire il meglio di una persona, mi libera dalle ansie e mi fa vivere senza la compassione della società».
Amo lo sport perché mi rimette in gioco, mi rende una persona uguale agli altri. Lo sport fa uscire il meglio di una persona, mi libera dalle ansie e mi fa vivere senza la compassione della società
Matilde, 50 anni, Napoli
La testimonianza di Matilde è una delle tante portate alla 8^ Conferenza Nazionale delle Persone Sordocieche, in corso ad Abano Terme dal 9 al 12 novembre 2017. La organizza ogni tre anni la Lega del Filo d’Oro, per dare alle persone sordocieche uno spazio per incontrarsi e confrontarsi: «c’è molto bisogno di ascoltare esperienze di vita, di capire quale “attrezzatura” hanno predisposto persone con problemi simili», racconta Laura Mondaini, coordinatrice del settore associativo dell’Associazione: «La Lega del Filo d’Oro si fa carico volentieri dello sforzo organizzativo della Conferenza perché questa diventi una spinta verso il futuro». Un bell’impegno: sono 70 le persone sordocieche che stanno partecipando ai lavori, con 31 interpreti, 69 volontari e 38 professionisti dell’Ente. Ben 24 persone comunicano con la lingua dei segni tattile, che necessita di un interprete accanto a ciascuna persona. L’inclusione, per essere davvero realizzata, richiede di investirci. Ma le testimonianze portate, il clima che si respira, sono la prova che ne vale la pena. Da qui si esce con una spinta potente a superare le paure e i limiti che spesso ci si autoimpone, ma anche a trovare la grinta per promuovere un cambiamento sociale, verso un mondo più inclusivo. Non per nulla il titolo scelto per la Conferenza dallo stesso Comitato delle Persone Sordocieche è “Verso il mondo che vorrei” e il simbolo – nella foto, realizzato da Maria Assunta Demurtas, un’ospite della sede di Lesmo della “Lega” – rappresenta proprio un mondo in una mano azzurra, il colore della “Lega”, un invito a prendere in mano con forza il proprio futuro, la propria vita.
faticoso, certo, perché gli ostacoli sono ancora molti. Ma è possibile: Chiara ha 32 anni, è sordocieca, portatrice di protesi acustiche con cecità assoluta. Oggi vive a Milano, ma fino a 24 anni ho vissuto in un piccolo paesino della Valtellina. La sua storia sembra arrivare dal passato: «Sino a 24 anni passavo le mie giornate in casa. Solo un paio di anni fa sono venuta a conoscenza dell’esistenza di un linguaggio delle persone sordocieche, il Malossi, e ho trovato la Lega del Filo d’Oro. Sento che finalmente ho trovato delle persone che mi capiscono profondamente, oltre che a insegnarmi delle cose nuove e importanti. La cosa più importante e bella di questa Associazione è il fatto di ritrovarci sia per semplici scampagnate sia per weekend molto divertenti con altre persone con i miei stessi problemi. Ho avuto modo in questo periodo di provarmi anche in week-end di autonomia dove per la prima volta ho capito che se mi si dà fiducia anche io posso farcela a cucinare, lavare, fare la spesa. Senza la Lega del Filo d’Oro noi sordociechi saremmo ancora reclusi nelle nostre case». Samantha, di Roma, sta studiando per la laurea specialistica in Scienze Filosofiche e ha raccontato che «non mi hanno mai fatta sentire una disabile, ma una persona che ha una grande capacità di fare le cose». Nadia invece, 60 anni, dalla provincia di Belluno, ha testimoniato che non è mai troppo tardi: «quando nel 2011 con la mia badante Katia sono andata a Lesmo e ho visto cosa potevano fare i sordociechi come me, sono rimasta molto sorpresa. Katia ha incominciato a crederci insieme a me e a supportarmi in questa impresa».
Ho 32 anni e solo due anni fa ho imparato il Malossi e ho incontrato la Lega del Filo d’Oro. Per la prima volta ho capito che se mi si dà fiducia anche io posso farcela a cucinare, lavare, fare la spesa. Senza la Lega del Filo d’Oro noi sordociechi saremmo ancora reclusi nelle nostre case