Benedetta Bianchi Porro (Dovadola, Forlì, 8 agosto 1936 – Sirmione, Brescia, 23 gennaio 1964), brillante studentessa in medicina, scoprì da se stessa una terribile malattia, che la rese lentamente sorda, totalmente paralizzata, priva di ogni facoltà sensitiva; in ultimo, dopo un intervento chirurgico alla testa, perse anche la vista. Unici mezzi di comunicazione con il mondo erano un fil di voce e una mano: “…ha sensibilità solo in una mano tramite la quale possiamo comunicare con un alfabeto muto, con lei…” (così la mamma nel 1963).
“Icona della fragilità dell’uomo” e “imprigionata dal silenzio e dal buio”, ha cantato la libertà dei figli di Dio, le meraviglie della vita, l’ineffabile dono dell’amicizia, la fedeltà eroica al Signore.
Benedetta diceva: “Io penso che cosa meravigliosa è la vita anche nei suoi aspetti più terribili; e la mia anima è piena di gratitudine e di amore verso Dio per questo”.
Attorno a lei si radunavano amici e sconosciuti, mentre con le sue lettere raggiungeva molti cuori.
Lasciò questo mondo per entrare nei “nuovi cieli” il 23 gennaio 1946, mentre nel suo giardino, nel bel mezzo del rigido inverno, sbocciava una tenera rosa.
Dal 22 marzo 1969 le sue spoglie mortali riposano nella chiesa della badia di Sant’Andrea a Dovadola (Forlì). È stata beatificata il 14 settembre 2019 nella cattedrale di Forlì, sotto il pontificato di papa Francesco.
La sua memoria liturgica cade il 23 gennaio, giorno della sua nascita al Cielo.
P. Vincenzo Di Blasio