Agostino Aurelio nacque a Tagaste (Africa Romana). Educato cristianamente dalla piissima madre, Monica, ebbe una adolescenza inquieta nei principi e nei costumi. Ricercò inquieto la verità nella filosofia. Insegnò a Cartagine, a Roma e a Milano. In questa città ritrovò la fede in Cristo Gesù e, animato da sant’Ambrogio, ricevette il battesimo.
Tornato in patria, fu eletto vescovo di Ippona, e scrisse opere sapienti, ammirate in ogni epoca. È detto il Dottore della grazia.
Le sue reliquie sono conservate a Pavia, nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro. La festa di sant’Agostino si celebra il 28 agosto.
Sant’Agostino nelle sue numerose opere ha un’attenzione specifica ai sordomuti e al linguaggio dei gesti, con considerazioni sugli argomenti dell’udito, della voce, della sordità, del mutismo, dell’espressione del pensiero attraverso i gesti, della mimica specifica dei muti, della pantomima dei teatri.
Agostino, che a Milano aveva conosciuto e osservato i sordomuti, nel De Magistro dice che i sordi “esprimono col gesto senza parola non soltanto ciò che si vede, ma molte altre cose e quasi tutto ciò di cui possiamo parlare”, e nel trattato De doctrina christiana ribadisce che “tutti questi segni sono come parole visibili”. “Tuttavia la mancanza dell’udito, aggiunge Agostino, è una minorazione grave che può persino ostacolare l’acquisizione della fede”.
Ecco una sua preghiera, tratta dal suo celebre libro Le Confessioni, in cui riconosce di essere stato lui stesso sordo all’amore di Dio:
Tardi ti ho amato,
Bellezza tanto antica e tanto nuova;
tardi ti ho amato!
Tu eri dentro di me, e io stavo fuori,
ti cercavo qui, gettandomi, deforme,
sulle belle forme delle tue creature.
Tu eri con me, ma io non ero con te.
Mi tenevano lontano da te le creature
che, pure, se non esistessero in te,
non esisterebbero per niente.
Tu mi hai chiamato
e il tuo grido ha vinto la mia sordità;
hai brillato,
e la tua luce ha vinto la mia cecità;
hai diffuso il tuo profumo,
e io l’ho respirato, e ora anelo a te;
ti ho gustato,
e ora ho fame e sete di te;
mi hai toccato,