Napoli, la napoletanità, i napoletani

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Io sono napoletano di nascita, formazione e temperamento.
Dico di più, sono un posillipino, quindi nato tra la collina ed il mare, come dire buono per tutte le stagioni. E per questo vorrei parlarvi di Napoli

Voi, la conoscete Napoli? La sua essenza? I napoletani?
Napoli non sto a descriverla io: l’hanno già descritta pittori e poeti di fama, tutto il mondo ne conosce l’esistenza e ne ha presente l’immagine tradizionale del Vesuvio svettante nel cielo turchino, troneggiante sul golfo impareggiabile ad anello che presenta, incastonate come gemme nella loro montatura, gioielli preziosissimi come Capri e Ischia.
Ne hanno decantato pregi e virtù artisti di fama mondiale, stranieri ed italiani, essa stessa ha espresso geni, diciamo così capitali, in ogni campo, e ci riferiamo a Viviani ed a Libero Bovio, a Salvatore di Giacomo, a Benedetto Croce, a Totò e Eduardo, Peppino, Titina, a De Sica, Massimo Troisi, alla Loren, Pino Daniele…e fermiamoci qua.
Perché Napoli è Napoli, ha cioè pregi e difetti tipici non solo di una grande metropoli, ma caratteristici proprio di una grande capitale. Più di Londra, Parigi, New York.
Molti dimenticano, non sanno o negano perché in malafede che, dal 1130 al 1860, e cioè per ben 730 anni, l’intero meridione d’Italia fu nazione unica ed unita, sotto il nome di Regno delle Due Sicilie, e Napoli ne era la capitale.
Sono state capitali anche altre splendide città, come Firenze e Torino, ma Napoli era la capitale di un regno particolare, insospettabile, da fiaba.
Era la capitale di un paese ricco e progredito, lo dicono i 443 milioni di lire oro depositati nelle banche, contro i 27 del Piemonte e gli 8 della Lombardia.
Possedeva la prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici, la prima flotta mercantile italiana (2° in Europa), la terza flotta da guerra europea, il primo battello a vapore italiano, i primi assegni bancari nella storia economica, i primi fidi di credito, le prime polizze assicurative.
Tutti gli impiegati e funzionari dello stato percepivano una pensione creata dalla trattenuta del 2% sugli stipendi, nel resto d’Italia la pensione era solo una grazia concessa dal sovrano.
Si effettuavano le prime bonifiche dei terreni paludosi con tecnologie avanzatissime, attuali ancora oggi, possedeva il minor numero di tasse di tutti gli stati della penisola, la più alta percentuale di medici per abitanti d’Italia, il più basso tasso di mortalità infantile, la prima repubblica socialista del mondo, accademie culturali, conservatori musicali e prestigiose opere architettoniche.
Poi fu invasa e depredata da un regno straniero, in combutta con la malavita locale, sotto la guida di un miserabile avventuriero, puttaniere e pedofilo, che portava i capelli lunghi per nascondere le orecchie tagliate come d’uso allora per i ladri di cavalli in Sudamerica; ma questa è un’altra storia, oggi si sta finalmente ristabilendo la verità storica e documentale dei fatti.
Ne consegue che Napoli è, oggi come allora, una città enorme, magnifica, ricca d’arte e cultura, di suggestioni e poesia, una città di terra e di mare, una cultura che ne accoglie e ingloba mille altre, e nell’insieme, con la complicità del clima mite, hanno permesso ad esempio lo sviluppo e la diffusione della sua gastronomia, chi non sa la fama della pizza margherita o dell’ineguagliabile “o’ cafè”, e inoltre tutto il mondo canta e comprende la sua canzone, benché in dialetto, si dice che chi viene a Napoli poi può anche morire, ha visto tutto il meglio della vita.
È nell’insieme, quindi, una città di sentimento, e pertanto una città d’amore, adattissima agli innamorati: a Napoli per innamorarsi e innamorare basta “Na’voce, na’chitarra, o’ poco e’ luna”, provare per credere.
Naturalmente, è anche città di difetti, o meglio dire di stridenti contraddizioni.
Perché non è più capitale: della capitale conserva la magnificenza, ma è una capitale senza impero.
Quando non c’è impero, mancano le risorse; senza risorse, abbondano i lazzari, è prassi comune a tutte le metropoli.
La stragrande maggioranza dei napoletani non sono dei lazzaroni come si vuole far credere, anzi sono volenterosi e ingegnosi, fantasiosi, tutti tesi nello sforzo di abbattere il luogo, assai comune ed ingiusto, del napoletano poco incline alla fatica.
Niente di più falso: il napoletano, dove il lavoro non c’è, se lo inventa.
Solo che la fantasia è anche fatica e impegno, e esistono benché pochi anche lazzari non inclini a sudare. Ma quei pochi bastano per appestare tutto il cesto di splendida frutta matura.
Dove non c’è impero, non c’è nemmeno ordine e quindi autorità costituita.
Quando lo stato latita, inevitabilmente il suo posto è preso da un altro stato, uno stato dittatoriale, antidemocratico, ingiusto, che utilizza metodi di coercizione violenta.
Un altro stato governato, utilizzando la violenza e la paura, da individui che hanno frequentato assiduamente e con profitto le patrie galere, dove i galeotti sono dediti viziosamente, per far passare il tempo, ad un gioco antico, la morra.
Di qui, l’indicazione di gente di malaffare, “cca’morra”, gente che passa il tempo con la morra, quindi la camorra, la mafia napoletana, ma non solo napoletana.
Se avete visto Gomorra, scordatevela, la camorra non è quella.
Scampia, Secondigliano e tutti i personaggi che avete visto, sono la manovalanza, il contorno, la scena: più spesso sono vittime. Fanno sempre una brutta fine, fateci caso.
La camorra è in alto, è nelle istituzioni, nell’alta finanza, nei salotti buoni, più spesso è celata e insospettabile, sempre è nel nord del mondo.
Napoli non è più pericolosa o delinquenziale di tutte le grandi città del mondo, anzi certamente in misura minore, soprattutto perché è una città di persone, di persone non di gente, badate bene, la differenza è enorme, e perciò è una città unica come non esistono più, è solidale, attenta, disponibile.
Una città di sentimento, retta dal sentimento principe, una città d’amore.
Consequenziale a Napoli è la napoletanità, che non si acquisisce per nascita o per cittadinanza, ma per scelta consapevole, per filosofia di vita.
La napoletanità è il pensiero positivo ante litteram, è la costruzione di una personale scala dei valori che mette ai primi posti i beni spirituali.
La napoletanità considera il sentimento valore assoluto, ed ecco perché gli aderenti prediligono l’amore e l’amicizia, la convivialità e la condivisione, il conforto e la confidenza, la speranza e la gioia, la famiglia ed i figli, la mamma e i santi, i defunti con predilezione per coloro che, dopo morti, scontano le loro colpe, le “anime del priatorio”, le anime del purgatorio, come si vede non si dimentica nessuno…Quelli in paradiso dei vivi se ne fregano, quelli dell’inferno pure, ma quelli del purgatorio vivono in simbiosi e collaborazione con i vivi. Si aiutano a vicenda.
Nella napoletanità, tra scegliere di vivere un giorno da leone o cento da pecora, si predilige senz’altro optare per cinquanta da orsacchiotto, lo ha detto Massimo Troisi
Napoletani sono gli aderenti alla napoletanità; non sono necessariamente nativi della città, anche se questo aiuta. Per esempio, napoletanissimo è Renzo Arbore, che non è nato a Napoli.
Napoletani si può diventare, con applicazione, andando…a scuola, in città, vale a dire, dalla zona bene, Posillipo, Marechiaro, la zona mare, la Riviera di Chiaia, alla collina urbana, il Vomero, dal centro antico, i Decumani, al centro storico, Via Toledo, ai quartieri popolari e popolareschi, popolosissimi: Santa Lucia, il Pallonetto, i quartieri spagnoli, Forcella, la Duchesca, ecc.
L’università, a Napoli, è la strada: è un grande palcoscenico dove s’incontrano gli attori più bravi, le situazioni più significative, dove s’insegna il vero sentimento della vita.
Ha detto un napoletano DOC, Luciano De Crescenzo: i napoletani sono angeli con una sola ala, possono volare solo restando abbracciati.
Intendeva affermare che i napoletani non possono stare da soli, devono stare con gli altri, vivono in nome della compagnia e della convivialità, e per questo sviluppano alcune peculiarità, la comicità, per esempio, talora anche amara. E la simpatia.
I napoletani, per definizione, sono simpatici, e chiacchieroni.
Come napoletano, chiacchierone e simpatico, è l’autore di questo articolo: non trovate?

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