Quando è la passione per il pallone a farsi sentire, nessuno rimane sordo.
Nemmeno chi lo è diventato da bambino, a 7 anni, perdendo quasi del tutto l’udito. Stefano Cappato, 22 anni, da Lodi, grazie al calcio è riuscito a togliersi importanti soddisfazioni. «Lo sport è sempre stato la mia ancora di salvezza, il mezzo di inclusione migliore che esista», racconta il giovane attaccante, non udente al 70%, ma che in campo la porta la sente, eccome.
Cappato è stato tra i protagonisti con la Nazionale italiana alle Deaflympics, i Giochi olimpici riservati ad atleti con disabilità uditiva, che si sono svolti in Brasile il mese scorso. Con le sue prestazioni, il fenomeno lodigiano, che indossa la maglia numero 17, ha portato l’Italia ai quarti di finale del torneo, poi eliminata dall’Ucraina. «Un’esperienza incredibile, avevo partecipato agli Europei nel 2019 ed erano andati molto bene, avevo vinto il premio di miglior giocatore del torneo — racconta Cappato —. Ma le Olimpiadi sono state qualcosa di unico. Vivere a Casa Italia, con altri atleti di altre discipline, confrontarsi con loro, incoraggiarsi a vicenda, esultare insieme, è stata un’emozione unica che porterò sempre con me».
Chi pensa che il calcio sia uno sport dove la comunicazione è fondamentale, dove le urla del mister e dei tifosi ti inseguono per tutta la partita, dovrà ricredersi. Cappato, con le sue qualità tecniche ha giocato anche in serie D, tra le fila del Fanfulla, segnando anche un gol in 13 presenze. «Il calcio per me è tutto — prosegue l’attaccante —. Fin dalle scuole superiori avevo le idee chiare: scelsi il liceo scientifico sportivo proprio perché avevo già capito che, da adulto, avrei voluto vivere di sport. Adesso frequento l’Università di Scienze motorie a Pavia e spero di realizzare presto il mio sogno: diventare professore di educazione fisica».
Lo sport per Cappato si è dimostrato anche uno strumento per abbattere la diversità. «Fortunatamente non ho mai subito discriminazioni per quanto riguarda il mio udito o forse sì ma non le ho sentite. Battute a parte, vivo la mia situazione con autoironia, non come una disabilità. Anzi, col tempo ho imparato a sfruttare questa condizione a mio vantaggio. Nel calcio ho sviluppato la visione periferica e la velocità di pensiero».
Qualità che Cappato, 165 centimetri di altezza e piedi buoni, ha potuto rivedere, in tanti video su Youtube, nelle giocate di Maradona, per lui un idolo indiscusso. Un mito, tanto che nella sua stanza a Lodi ha allestito addirittura un piccolo altarino per celebrarlo. «Per me Maradona è sempre stato fonte di ispirazione, fin da piccolo mia madre me lo menzionava — sottolinea Cappato —. Stessa statura, capelli simili, anche lui era in una situazione di svantaggio rispetto agli altri eppure è sempre riuscito in tutto. Inoltre tutta la mia famiglia materna è di Napoli, quindi anche in casa è come se fosse uno di famiglia».
Il sogno nel cassetto per il 22enne lodigiano è diventare un calciatore simbolo della Nazionale italiana: l’obiettivo sono le Olimpiadi di Tokyo 2025. «Ho sempre desiderato diventare un calciatore professionista — aggiunge Cappato —. Mi sono tolto molte soddisfazioni come esordire e segnare in Serie D, attualmente invece ho capito che il mio sogno è conquistare l’oro alle prossime Olimpiadi che si terranno a Tokyo».