E’ un’Italia che vince e che cresce quella del volley femminile per sorde. Il 2019 ha portato il primo trionfo europeo a Cagliari e il 2020, dal 2 al 12 luglio, si disputerà il Mondiale ancora in Italia a Chianciano Terme con tante aspettative per una Nazionale che non scende dal podio da due stagioni, visto che nel 2018 era stata argento alle Olimpiadi per sordi di Samsun.
Il salto di qualità è arrivato grazie all’impegno sempre maggiore della Federazione Sport Sordi Italia, che si occupa di 43 discipline, 21 delle quali sono olimpiche e all’approdo sulla panchina di un tecnico donna, Alessandra Campedelli, sbarcata nel mondo della pallavolo dopo una carriera onoratissima in Nazionale di hockey su prato (oltre 100 presenze con la nazionale azzurra).
Perché una ex giocatrice di hockey prato si è talmente appassionata al volley, a tal punto da diventare coach di una nazionale e punto di riferimento del movimento per non udenti? “Perchè il padre dei miei figli era un tecnico di volley e mi ha trasmesso la passione – racconta Alessandra Campedelli – poi mio figlio grande, Nicolò Hoffer, è attualmente il secondo libero di Milano in Superlega, mentre il mio figlio più piccolo, Riccardo, anche lui giocatore di volley di buon livello, è affetto da sordità ed ha l’impianto cocleare da quando aveva 12 mesi. Ho ricevuto una spinta decisa verso il volley che mi ha portato a fare l’allenatrice ma ho acquisito anche una bella esperienza di come ci si confronta con i sordi e questo mi ha dato un buon vantaggio nell’instaurare il rapporto giusto con le giocatrici della Nazionale: un rapporto che ha permesso la crescita reciproca del movimento“.
Quattro anni fa, quando fu investita del ruolo di allenatore della Nazionale femminile sorde, Alessandra Campedelli poteva “pescare” in un gruppo di circa 25 giocatrici in tutta Italia, ora ci sono tre Nazionali giovanili attive, la Under 21 che si è appena aggiudicata l’argento al Campionato Europeo, la Under 16 che affronterà il suo primo torneo internazionale con la presenza anche di squadre composte da atlete udenti e la Under 14. “Abbiamo impostato un buon lavoro che permetterà un ricambio in azzurro – dichiara il tecnico federale – sono tutte giocatrici tesserate per club sparsi in Italia e che giocano con compagne udenti. La caratteristica di quasi tutte le giocatrici è che disputano campionati di livello inferiore alle loro capacità reali per due motivi: il primo è responsabilità di noi allenatori che spesso non abbiamo voglia o tempo di perdere quel minuto in più per assicurarci che l’atleta sorda abbia capito cosa le chiediamo e dunque ostacoliamo così la sua crescita. Il secondo sta nel fatto si preferisce che la giocatrice sorda eccella nella categoria inferiore, con giocatrici più deboli credendo di aiutarla a costruire la propria autostima, piuttosto che si possa confrontare con un livello superiore che la faccia uscire dalla zona di comfort. Io capisco ma non giustifico: con le ragazze della Nazionale ho parlato chiaramente e ho detto che non mi sentiranno mai commiserare la loro condizione, non mi sentiranno mai dire: ‘poverine’. Sanno che mio figlio è sordo come loro e, proprio per questo, mi permettono di spingermi oltre nel rapporto con loro. Sanno che chiedo loro delle cose per farle crescere. Solo così si crea un gruppo intercambiabile con dodici giocatrici in grado di entrare in qualsiasi momento e di giocare su ottimi livelli“.
Il momento più bello del 2019, neanche a dirlo, è stata la finale vinta contro la Russia, ma il momento più emozionante per Alessandra Campedelli, che si lega a quanto raccontato in precedenza, è stata la partita con la Francia, vinta sempre 3-0. “Era l’ultima del girone preliminare ed eravamo già qualificate – racconta il coach azzurro – così ho schierato la formazione di cosiddette seconde linee che sono scese in campo senza paura ed hanno giocato alla grande. In quel momento ho capito di avere una squadra vincente e infatti l’ingresso di alcune di loro nella sfida contro la Polonia ci ha permesso di portare a termine una rimonta epica da 13-21 in semifinale. Questa è la mia più grande soddisfazione: avere creato un gruppo compatto e che si completa“.
L’Italia non era favorita all’Europeo in casa, anche se le aspettative non mancavano, e forse non sarà favorita nemmeno al Mondiale che si disputerà a luglio a Chianciano Terme. “Nelle grandi manifestazioni internazionali affrontiamo squadre che sono in collegiale permanente, che disputano campionati nazionali come se fossero una vera squadra per Club. Noi purtroppo non possiamo permetterci tutto questo perché la nostra non è una Federazione ricca. Siamo costantemente a caccia di sponsor per sostenere un’attività costosa e ringraziamo le aziende che ci danno una mano a svolgere l’attività. Per questo non possiamo partire favorite. Mentre noi diventavamo campionesse d’Europa, la nazionale Usa ci inviava le foto dei primi giorni di collegiale in vista del Mondiale del prossimo anno, le giapponesi che ci hanno battuto lo scorso anno alle Olimpiadi sono fortissime ma noi avremo il pubblico e anche la fiducia che abbiamo acquisito dopo la vittoria del titolo continentale e sono convinta che ce la giocheremo“.
Per il prossimo appuntamento olimpico la Nazionale sordi dovrà attendere il 2022, mentre tutti gli altri atleti disabili stanno pensando alle Paralimpiadi del 2020: esiste un movimento paralimpico di serie A e uno di serie B? “Per certi versi sì – conclude Alessandra Campedelli – il movimento dei praticanti sordi è ampio e aggiungere tremila atleti circa al numero già alto dei paralimpici sarebbe impossibile per motivi logistici ma non capisco la scelta di differenziare totalmente tempi e luoghi delle ‘nostre’ Olimpiadi rispetto all’appuntamento paralimpico. Gareggiare due settimane dopo le Paralimpiadi sarebbe il massimo per atleti che meritano lo stesso trattamento degli altri con disabilità perché la sordità è una disabilità invisibile che, per chi non la conosce, potrebbe sembrare una condizione semplice da gestire ma in realtà interessa più piani della vita delle persone sorde che incontrano ancora spesso varie barriere e ostacoli da superare per potersi esprimere e realizzare nella nostra società. Aggiungo un dato, che non è meno importante: l’argento paralimpico vale agli atleti molto di più rispetto a quello che viene riconosciuto per lo stesso risultato agli atleti sordi. Non mi pare giusta una tale disparità“. La speranza è che qualcuno, tra quelli che possono farlo, ascolti questi appelli.