Due settimane a Creta per giocarsi il titolo continentale. Esordio azzurro lunedì contro il Belgio. In panchina l’uomo che ritirò la sua squadra dopo gli insulti razzisti a un ragazzino. Premiato da Mattarella, dimenticato dal calcio: “Indifferenza e invidia”.
“Ragazzi, quando ho indossato la tuta della Nazionale prima di uscire da casa, mi sono emozionato. Ci metterò il cuore, mi aspetto che lo facciate anche voi”. Un Europeo da giocare, un allenatore che ha appena lasciato la sua rosticceria e un gruppo di 18 calciatori non udenti. Quelle parole non possono ascoltarle, ma i loro sguardi brillano. Perché quel messaggio lo “sentono” forte e chiaro. Alessandro, interprete e coordinatore tecnico, traduce le parole del ct in segni. 36 occhi rispondono “presente”.
L’avventura di Igor Trocchia alla guida della nazionale sordi è iniziata così, giovedì pomeriggio, con un discorso in aeroporto ad Atene. “È stato il nostro primo approccio. Non conosco la lingua dei segni, parlo come se fossero udenti. Non percepisco alcuna diversità. E sento che c’è già grande sintonia”, racconta il commissario tecnico bergamasco al microfono di gianlucadimarzio.com.
È stato chiamato all’ultimo momento per sostituire il ct Alessandro Recenti, che fra pochi giorni inizierà una nuova avventura all’Honved Budapest al fianco di Sannino. Trocchia ha poco tempo per conoscere i suoi calciatori e tanta voglia di fare bene.Il suo nome non è nuovo alle cronache e alle storie positive.
Lo scorso marzo è stato premiato da Sergio Mattarella al Quirinale: Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana, un riconoscimento alla sua decisione di ritirare i giovanissimi del Pontisola da un torneo lombardo. Era il maggio del 2018: un suo calciatore veniva insultato per il colore della sua pelle da un avversario. Quel gesto fece il giro d’Italia. In 13 mesi la vita di Trocchia è cambiata. Il calcio, purtroppo no. “Ho trovato tanta indifferenza e invidia. In questi mesi solo un allenatore ha mostrato solidarietà. Nelle ultime settimane mi sono dimesso anche dal Pontisola. C’erano stati episodi di bullismo e volevo fare delle riunioni con i genitori. La società aveva idee diverse. Volevano che non mi esponessi più. Forse la mia popolarità ha dato fastidio. Mi consideravano un ‘filosofo perdente’. Non importa: i miei trofei sono i messaggi dei ragazzi che ho allenato. Il loro giudizio è quello che conta”.
Vittorie morali di un allenatore che ha sfidato e continua a sfidare il sistema. “Ho avuto un incontro con Tommasi e Albertini quando sono stato premiato a Coverciano. Si erano mostrati interessati, mi hanno lasciato i loro numeri di telefono. Ho scritto tanti messaggi, ma nessuno ha mai risposto. Nessuno si preoccupa di schiaffeggiare questo calcio. Io voglio che i miei ragazzi giochino bene, si divertano e che crescano da persone consapevoli di ciò che fanno”.
Pedagogo, allenatore e … rosticciere. “Adesso ho lasciato tutto in mano a tre dipendenti bravissimi. Facciamo i mercati, col camioncino“. Lavoro itinerante, come quello di chi guida squadre dalla panchina. Il mercato allenatori per ora però non gli interessa. La testa è tutta sui suoi azzurri. Da lunedì 3, a Creta, l’Italia parteciperà agli Europei. Esordio contro il Belgio alle 18, poi sfida ai padroni di casa mercoledì e chiusura del girone contro la Spagna venerdì 7. Passare il girone significherebbe qualificazione ai prossimi mondiali. “Sono tutti dilettanti. Si va dalla prima categoria fino alla serie D. Ragazzi che hanno almeno 55 decibel di sordità – il limite regolamentare – e che sanno compensare con gli altri sensi la mancanza dell’udito”
Capirsi con uno sguardo, condizione imprescindibile per competere. “La loro comunicazione in campo segue registri diversi. A volte si spostano fisicamente per sistemarsi correttamente in campo. Hanno entusiasmo e disponibilità, li vedo felici e concentrati. Darò pochi princìpi di gioco, ma più chiari possibili”. E da buon bergamasco, il riferimento l’ha scelto dietro casa. “Giocheremo un 3-4-3, passando a 5 in fase di non possesso. Sì, un po’ come l’Atalanta di Gasperini”. Pochi allenamenti per preparare l’esordio. Lavoro duro sul campo e sorriso fuori. “Mi hanno accolto bene. Io sto iniziando a imparare la lingua dei segni. Per ora abbiamo iniziato dagli insulti, così dal campo possono capirmi subito…”
Due obiettivi: arrivare alla finale del 15 giugno, ma soprattutto farlo divertendosi. “È l’unico modo per giocare bene. Senza serenità, ogni prestazione si complica”. L’entusiasmo del ct è chiarissimo. Non vede l’ora di confrontarsi con una realtà nuova. Un mondo in cui l’arbitro usa le bandierine al posto del fischietto, un mondo che “ha pochissimi sponsor. La federazione (FSSI) ha poche risorse suddivise fra le varie discipline e fa i salti mortali per far quadrare le cose. Qui siamo tutti volontari. Sarebbe bello che qualcuno ci desse una mano ad andare avanti con maggiori certezze”.
Nei prossimi giorni. Igor e i suoi ragazzi inseguiranno un sogno. Attraverso segni e gol da segnare. Prima delle partite si emozioneranno per l’inno italiano. Lo sentiranno tutti allo stesso modo, perché le emozioni non si misurano in decibel. Vivranno un’avventura che avrà il calcio come collante e la vita come enorme cornice. Tempo per conoscersi e per crescere. “Spero che possa farlo anche il nostro calcio. In troppi promettono a parole un impegno per cambiare le cose. Nei fatti non succede mai niente. A me non interessa allenare i ‘grandi’. Mi piacerebbe essere l’uomo che cambia questo mondo da sotto”
Dare voce ai dimenticati e una speranza ai più deboli. Igor Trocchia, cavaliere al merito e moderno Don Chisciotte contro il silenzio assordante delle istituzioni. “Ora andiamo ad allenarci che mica siamo qui per prendere il sole”. Giusto non confondere il fair play con de Coubertin. Spazio al campo e a 18 ragazzi pronti a vestire con orgoglio una maglia che emoziona ogni volta
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