Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Per chi non vede e non sente, o ha altre disabilità complesse, mettersi una mascherina per proteggersi dal Covid-19 non è un gesto quasi naturale come per le altre persone. Ci riesce solo alla fine di un “percorso di avvicinamento” tracciato dall’operatore che lo assiste. Che però deve poter comunicare con la persona sordocieca, e per i casi più gravi gli unici linguaggi praticabili sono l’alfabeto Malossi, che usa il palmo della mano dell’interlocutore come una tastiera del computer, e il Linguaggio dei segni tattile. Entrambi prevendono il contatto fisico. Sono solo due esempi di come l’emergenza sanitaria, ancora in corso, abbia sconvolto la vita di queste persone più di altri.
Nel ricordo di Helen Keller, paladina dei sordociechi
Per far conoscere la difficile condizione delle persone con questa doppia disabilità sensoriale, l’Unione italiana ciechi e ipovedenti (Uici) e la Lega del filo d’oro (Lfo) hanno organizzato un dibattito online, alla vigilia della terza Giornata mondiale delle persone sordocieche. Istituita nel 2018 dall’Unione europea dei sordociechi, la Giornata è stata fissata per il 27 giugno perché in questo giorno, 140 anni fa, è nata Helen Keller, scrittrice, attivista politica e insegnante, sordocieca dall’età di 19 mesi. Alla sua storia, e a quella dell’educatrice che le insegnò ad interagire col mondo, al punto da studiare e laurearsi, fu dedicato il romanzo “Anna dei miracoli”, e successivamente un film e una rappresentazione teatrale.
Barbuto (Uici): accompagnarli anche da adulti
Nel corso del dibattito, il presidente dell’Uici Mario Barbuto ha sottolineato che la sordocecità “è una delle forme più gravi di disabilità, e per questo necessita di risposte specifiche, coraggiose e innovative” per accompagnare queste persone “anche in età adulta, per costruire il loro progetto di vita”. Un recente studio dell’Istat in collaborazione con la Lega del filo d’oro, stima che oggi in Italia le persone con gravi problemi sia alla vista che all’udito siano 189 mila, e che circa 108 mila siano di fatto confinate in casa, perché non in grado di provvedere autonomamente a se stesse a causa di altre gravi forme di disabilità. Inoltre 87,9 % di loro ha più di 65 anni, la metà ha anche una disabilità motoria, e 4 su 10 danni permanenti legati ad insufficienza mentale.
Bartoli (Lfo): molti nostri centri diurni sono ancora chiusi
Per i diritti delle persone sordocieche, il 12 aprile 2004, il Parlamento europeo ha approvato una dichiarazione che riconosce la sordocecità come disabilità specifica unica, e non più sommatoria delle due minorazioni. In Italia è stata recepita dalla legge 107 del 2010, che però è ancora in gran parte inattuata, come ha denunciato il presidente della Lega del Filo d’oro Rossano Bartoli. E ora “la pandemia di Covid-19 ha avuto gravi ripercussioni sulla vita di queste persone – ha ricordato – e se nei nostri 5 Centri regionali l’attività rivolta agli utenti in regime di residenzialità non si è mai fermata, abbiamo dovuto sostenere, purtroppo solo a distanza, i tanti genitori lasciati soli nella gestione delle gravi disabilità dei figli, per la chiusura dei nostri centri diurni e servizi territoriali, molti dei quali ancora chiusi per decisione delle Regioni”.
L’aiuto ai più fragili, che il virus può colpire più forte
Per non lasciare indietro le persone più fragili, che sono anche quelle più a rischio, per il loro sistema immunitario debole, dall’inizio dell’emergenza coronavirus la Lfo ha predisposto per ciascuno degli assistiti nei centri residenziali e diurni un documento utile in caso di ricovero in struttura ospedaliera, con la descrizione della persona, il sistema di comunicazione utilizzato, l’approccio emotivo, le preferenze e tutto ciò che è necessario per prendersi cura, nel miglior modo possibile, dell’utente.
Pimpinella (Uici): il “distanziamento sociale”, una condanna
Ma anche per chi non è stato contagiato, il lock-down è stato durissimo, come ha spiegato Angelina Pimpinella, coordinatrice della commissione pluridisabilità dell’Uici, a partire dall’imposizione di un distanziamento chiamato “sociale” che per chi vive già un isolamento forzato è una condanna. Chiamiamolo “distanziamento fisico”, ha suggerito, che “per noi sordociechi è comunque impossibile, perché dobbiamo avere un contatto fisico con chi ci accompagna”.
Mercurio (Lfo): per un mese, accompagnatori illegali
Le ha fatto eco Francesco Mercurio, presidente del comitato delle persone sordocieche della Lfo, ricordando che per quasi un mese, dopo il 9 marzo e l’annuncio del lock-down, non sono state previste eccezioni al distanziamento per le persone con disabilità. Solo il 1 aprile, una circolare del ministro della Salute ha autorizzato disabili e minori ad uscire di casa accompagnati. Al termine del dibattito, Vatican News ha raccolto la testimonianza e l’appello alle istituzioni del presidente della Lega del Filo d’oro Rossano Bartoli:
R. – Questo periodo è stato molto difficile: la persona sordocieca si è trovata isolata ancora di più. Già di per sé è in una condizione di fortissimo isolamento, ma il non poter interagire con altre persone, per la questione della distanza, l’ ha ovviamente costretta in una situazione di isolamento totale. La famiglia si è trovata con pochissimi aiuti: i genitori sono diventati educatori, fisioterapisti, operatori dell’assistenza sociale e infermieri. Quindi una situazione molto stancante. Ci si augura che gradualmente le condizioni cambino e le persone sordocieche possano tornare ad usufruire dei servizi di cui hanno veramente tantissimo bisogno.
Il contatto con gli altri per i sordociechi è vitale. Serve ancora chiarezza, da parte del governo, sulle eccezioni al distanziamento fisico?
R. – Sì, perché perlomeno per chi opera all’interno di strutture residenziali ci sono delle norme che non sono così coerenti. Ci sono disposizioni nazionali che poi vengono tradotte nella pratica dalle singole regioni ed interpretate dai territori. Quindi c’è un po’ di confusione e comunque c’è difficoltà nel capire fino a che punto la limitazione della distanza, che nel nostro caso non ci può essere, può essere realizzata utilizzando tanti dispositivi di protezione individuale. Quindi bisognerebbe fare un passo ulteriore in avanti.
Di quale aiuto hanno maggiormente bisogno ora le persone sordo-cieche?
R. – Di tornare ad una vita di relazione con gli altri che sia la più ampia possibile, nel senso che sia per la singola passeggiata sia anche per un qualsiasi bisogno della vita quotidiana loro hanno necessità di sostegno. Questo sostegno significa che le persone devono poterle frequentare, che le persone disabili possono avere rapporti non solo con le famiglie ma anche con i volontari e gli operatori delle istituzioni a cui si rivolgono. Quindi io credo che questo periodo che li ha visti come persone un po’ trasparenti quasi invisibili, oserei dire, deve essere superato, riconoscendo che ci sono e che i loro bisogni debbono essere assolutamente soddisfatti.
I volontari, purtroppo, sono stati lontani dalle persone con multidisabilità, in questo periodo. Quale sarà il loro ruolo d’ora in avanti?
R. – Il loro ruolo è comunque fondamentale, perché il volontario porta amicizia, porta spontaneità nel rapporto, porta freschezza proprio nel contatto interpersonale ed è sempre una presenza fondamentale, che arricchisce la vita sia di coloro che sono all’interno di strutture residenziali sia di coloro che invece vivono in modo più autonomo all’interno della famiglia o che vivono anche da soli. I volontari rappresentano il legame fondamentale verso il mondo esterno, e noi confidiamo molto che possano riprendere quanto prima la loro presenza, la loro attività e portare quella freschezza e quella amicizia di cui c’è tanto bisogno.
Cosa manca perché tornino a farlo?
R. – Forse una maggiore chiarezza, nel senso che se il volontario opera a titolo personale si assume le responsabilità e nello stesso tempo fa assumere le responsabilità alla persona sordo-cieca che chiede di essere aiutata. Se invece agisce in nome e per conto di un’organizzazione, c’è tutto il problema di come presentarsi a casa di una persona sordocieca. Mi presento con la mascherina e i guanti? Devo indossare anche il camice monouso? In alcuni casi qualcuno dice che serve anche il copriscarpe. E quindi si innestano delle problematiche non semplici. Ci sono persone sordo-cieche che potrebbero andare con un volontario a prendere un gelato. Però se sanno che il volontario si deve presentare bardato in un certo modo, rinunciano, perché si sentono discriminati. E’ una condizione che andrebbe forse un po’ più regolamentata.
Ci racconti chi erano Helen Keller e Sabina Santilli…
R. – Helen Keller e Sabina Santilli rappresentano due donne eccezionali: non sono nate sordocieche, ma lo sono diventate. Sabina a 7 anni e Helen Keller lo stesso era una bambina. Helen Keller interagiva ai più alti livelli governativi, a livello internazionale, ed è stata una persona di riferimento per tutti i sordociechi. Tutti i sordociechi del mondo conoscono Helen Keller e guardano a lei come un esempio da imitare, perché il fatto di essere sordocieca non poneva dei limiti a quello che poteva realizzare nella sua vita. Sabina Santilli, che ha fondato la Lega del Filo d’Oro nel 1964, insieme ad un gruppo di volontari, intanto ha svolto una funzione che allora era impensabile. E’ andata da un notaio e avuto la possibilità di costituire un’associazione diventandone la rappresentante legale. Usando degli artifici, nel senso che era stata equiparata ad una persona straniera, per cui il notaio per parlare con lei, non conoscendo ovviamente l’alfabeto Malossi, che era quello che usava Sabina, ha nominato la sorella come interprete e quindi attraverso l’interprete poteva verificare la volontà di questa donna di costituire la Lega del Filo d’Oro.
Dopodiché da autodidatta ha studiato diverse lingue oltre l’italiano e quindi ha voluto costituire un’organizzazione specifica per chi nasceva o diventava sordo-cieca. Direi che è stata una pedagogista che ha studiato da autodidatta, ma i cui insegnamenti, i documenti che ha lasciato scritti ancora oggi hanno una validità. Credeva tanto nella possibilità di riscatto delle persone, credeva tanto che la persona sordocieca dovesse dare il proprio contributo alla collettività.