“La mia vita ruota tra il mondo degli udenti (famiglia e lavoro) e quello dei sordi (consigliere Ens, amici, attività per i non udenti). Alterno i miei due mondi, solo così riesco a ricaricarmi di quell’ossigeno che spesso mi manca con gli udenti”.
Gessica Altieri, 49 anni, di cui circa la metà, 23, da Oss operatrice socio-sanitaria all’ospedale di Macerata in Emodinamica e Radiointerventistica, vive a Cessapalombo. È sposata con un udente ed è mamma di due figli, di 13 e 9 anni. “Una normalissima vita da sorda”, dice lei, consigliere Ens, Ente nazionale sordi di Macerata.
Gessica, è sorda dalla nascita?
“Sì, perché mia madre, mentre era incinta, ha avuto la rosolia. Provengo da una famiglia udente, che ha scoperto la mia sordità quando avevo già tre anni. Non dicevo una parola… dopo vari ospedali (Firenze, Roma, Bologna) alla fine a Milano, alla clinica Del Bo, scoprirono la causa: ero “solo” sorda. Inizialmente per i miei è stata dura, non sapevano come gestire la mia disabilità, anche perché in quegli anni non c’erano gli ausili che ci sono oggi, come la diagnosi neonatale o gli assistenti alla comunicazione. Mi misero le protesi acustiche, all’epoca due macigni sulle mie piccole orecchie. Poi ad Ascoli, dove mio padre, carabiniere, si era dovuto trasferire, abbiamo conosciuto una logopedista bravissima, Franca Laghi; durante le lezioni, mamma era sempre presente, così da poter continuare gli esercizi a casa tutti i giorni. Ho fatto logopedia fino a 16 anni. Ho frequentato la scuola, sapendo leggere il labiale. Sono sorda oralista. Ma mi sono diplomata con fatica, studiando da sola: alle superiori non avevo grandi aiuti da parte dei professori e dei compagni di classe, che non volevano perdere tempo con me”.
E dopo il diploma?
“Mi sono cimentata in diversi lavori, da cameriera a operaia, a videoterminalista all’Università di Camerino. Ma volevo lavorare nel settore sanitario: ho partecipato a uno dei primi corsi Oss a livello regionale e ho passato l’esame. Ho iniziato nelle case di riposo poi alla clinica privata Villa Pini a Civitanova, infine a Macerata”.
Si è mai sentita discriminata sul lavoro?
“No, mai. Anzi, alcuni pazienti mi prendevano per straniera per il mio modo di parlare “diverso” (sorride, ndr). È il lavoro che amo, mi dà soddisfazioni. In tanti anni di lavoro non ho mai avuto particolari problemi di comunicazione, fino all’arrivo del maledetto Covid”.
Cosa è cambiato sotto pandemia?
“Con l’uso obbligatorio di mascherine, mi è stata tagliata completamente la comunicazione: non potevo più leggere il labiale. Non mi sono mai sentita così isolata da tutto e tutti come in quel periodo. Il Covid mi ha distrutto moralmente e psicologicamente, ma avendo un carattere abbastanza forte sono andata avanti senza fare la vittima, lavorando soprattutto con gli occhi e i gesti”.
Perché è entrata a far parte dell’Ens?
“Nella mia vita rimaneva sempre una lacuna, fino a quando non ho conosciuto i primi sordi nel 2001; non riuscivo però a comunicare appieno con loro, ero “troppo udente e troppo parlante”. Ho dovuto fare corsi per imparare la Lis, la lingua dei segni, per completare quella parte che mi mancava. Ora, come consigliere Ens, insieme all’altro consigliere Mehmedi Blerim e alla presidente Maria Evangelista, ci impegniamo molto per tutelare i diritti dei sordi in tutti i campi della vita, garantendo accessibilità, formazione ed inclusione scolastica. Da anni organizziamo eventi culturali e ricreativi, seminari, corsi Lis e corsi di specializzazione per gli assistenti alla comunicazione”.
C’è stata un’evoluzione?
“Sì, con l’avvento di nuove tecniche e tecnologie, oltre ad una maggiore preparazione delle famiglie, aumenta la possibilità di integrazione. I bambini sordi, in classe e a domicilio, oggi hanno gli “assistenti alla comunicazione”, con l’obiettivo di abbattere le barriere e offrire pari opportunità”.
Il suo sogno?
“Realizzare corsi di primo soccorso e Bls (supporto vitale di base) per i soci sordi con servizio d’interpretariato Lis”.
Redazione Il Resto del Carlino Macerata
di Lucia Gentili