La storia di Carmen Diodato, la prima ballerina sorda d’Italia che sogna un passo a due con Roberto Bolle

A quattro anni, dopo la scoperta della sordità, è entrata per la prima volta in una scuola di danza e non ha più tolto le punte: “Ho scoperto la mia melodia”

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A cura di Luisa Santangelo

Di sogni rimasti da realizzare ce ne sono ancora tanti. Il più grande, forse, è il passo a due con Roberto Bolle, il suo étoile preferito, sul tema della sordità. Perché per fare arrivare chiaro il messaggio a tutti i sordi come lei, c’è bisogno anche di testimonial: “Non c’è niente che non possiamo fare, ma non dobbiamo avere paura di fallire”. Parola di Carmen Diodato, 34 anni, ballerina professionista del corpo di ballo dell’Arena di Verona e, dal 2016, del Teatro Massimo di Palermo. Campana di origini, Diodato è l’unica ballerina non udente d’Italia. Ma la musica la sente eccome: nelle vibrazioni che, dalle casse, si espandono nell’aria. Sono quelle a darle il ritmo, a raccontarle la melodia. A permetterle di essere quello che sognava sin da bambina.

“Quando avevo due anni, i miei genitori si erano accorti che c’era qualcosa che non andava. Una volta è caduta a terra una pentola d’acciaio e io non mi sono accorta di nulla”, spiega, intervistata da Fanpage.it sul palco reale del Massimo di Palermo, in attesa di cominciare le prove per il prossimo spettacolo in scena. “La pediatra, però, non lo aveva capito. Dopo un’infinità di controlli, gli specialisti che mi avevano osservata hanno formulato la loro diagnosi: sordità bilaterale grave”. La bambina non ci sentiva. Poco dopo, su consiglio medico, ha cominciato la logopedia. E l’incontro con la logopedista ha segnato la sua vita: “Con Andreana abbiamo costruito un rapporto fortissimo, è stata l’unica per tutta la mia vita”.

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“Andreana era convinta che prima di imparare la lingua dei segni avrei dovuto imparare a parlare”. Così sono cominciati gli esercizi estenuanti, per imparare a emettere suoni pur non sentendoli. Spegnere le candele pronunciando la sillaba “pa”, imparare ad ascoltare con gli apparecchi acustici e sentire le parole pronunciate dalle labbra nascoste dietro a un foglio, capire da che stanza venisse il suono di un campanaccio. “Andreana credeva che la musica potesse aiutarmi in questo mio percorso. Credeva che poi, se avessi voluto, avrei potuto imparare la lingua dei segni più avanti”. La logopedista, insomma, aveva scelto per Carmen Diodato la strada più difficile.

“Mi ha iscritta a una scuola privata di danza”. E quella è stata un’altra svolta. “Mi sono innamorata del profumo del parquet della sala da ballo, e del primo body appena comprato. Lo ricordo ancora benissimo. Poi c’era la maestra di danza, che batteva le mani per dare il ritmo. Ho cominciato a capire che il suo movimento poteva insegnarmi ad andare a tempo, ho imparato a sentire le vibrazioni. Sono la mia musica, come una melodia”. A 18 anni, la giovane aspirante ballerina lascia la Campania e arriva nel Lazio, a Roma. “I miei genitori mi hanno lasciata andare, io ho imparato a cavarmela da sola, a essere autonoma”, aggiunge.

Prima una scuola di perfezionamento coreutico, poi l’inizio dei provini. “Ho cominciato a lavorare con qualche piccola compagnia, giravamo l’Italia. Finalmente, nel 2013, sono riuscita a entrare nel corpo di ballo dell’Arena di Verona e tre anni dopo, nel 2016, in quello del Teatro Massimo di Palermo”. Carmen Diodato legge le labbra e risponde a ogni domanda senza difficoltà. Una abilità affinata in anni di studio e di pratica, che le ha permesso di non dichiarare la sua sordità ai provini: “Volevo essere giudicata per le mie capacità artistiche, non per la mia sordità”. Qualcuno, dopo un’intervista alla trasmissione di Rai 1 Da noi… A ruota libera, le ha perfino scritto sui social sostenendo che la sua sordità fosse falsa: “Non mi hanno fatto né ridere né arrabbiare”, racconta. “Tutto quello che ho ottenuto, tutto quello che so fare, l’ho sudato, mi sono impegnata, ho lavorato”.

Oltre ai messaggi che mettono in dubbio la veridicità delle sue parole, però, ci sono anche quelli di chi le chiede aiuto: “Di recente mi ha scritto la mamma di un bambino che si è appena scoperto sordo, mi ha chiesto cosa fare”, aggiunge. “Io le ho detto di fare quello che hanno fatto i miei genitori: niente. Non trattarlo mai come un bambino diverso, non credere che ci siano cose che non può fare, spingerlo a inseguire i suoi sogni. Quando ho compiuto 18 anni i miei mi hanno permesso di andarmene di casa: erano spaventatissimi, forse più di me. Ma ci vuole fiducia, tantissima, e coraggio”. Il resto arriva con la fatica e la dedizione. “Alla fine, non ho mai imparato la lingua dei segni perché non ne avevo bisogno”. Per comunicare le basta leggere il labiale e parlare.

Mentre spera che Roberto Bolle accolga il suo invito e voglia ballare un passo a due sulla sordità con lei, Carmen Diodato non smette di progettare il suo futuro: in primavera inizierà a girare un documentario sulla vita sua e del suo fidanzato, Mirko Lo Coco, tenore, conosciuto quando lavorava come portinaio al Teatro Massimo. I piani più a lungo termine, invece, non sono ancora definiti: “La pensione? – ride – Intanto penso a ballare, visto che finalmente ce l’ho fatta”.

 

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