di Fernando Pellerano
«Che cento fiori fioriscano, che cento scuole di pensiero gareggino». Osvaldo Caracciolo cita Mao Tse-tung per salutare la nuova vita della sua osteria al Pratello che si chiama «L’altro Spazio di Osvaldo».
Nel segno dell’inclusività
Tutto nel segno dell’inclusività. Per clienti e con lavoratori sordi, ipovedenti, disabili. Luogo del tutto privo di barriere architettoniche, ridisegnato ad hoc con un nuovo speciale bancone, materiali naturali e piante. «Abbiamo pensato a un ambiente educante», dice Nunzia Vannuccini, impegnata da sempre in questo quadrante sociale. Sarà lei con il suo compagno Jascha Blume, artista olandese sordo, a gestire la nuova avventura che si aggiunge alle altre due già operative, in Sauro e ancora al Pratello, al 29. «Una bella pagina», dice Osvaldo. Per anni fra gli osti più in vista, combattivi e impegnati del Pratello, fra i protagonisti del road movie di Paolo Angelini, quel ‘Paris Dabar’ arrivato a raccontare il rione una decina d’anni dopo ‘Le notti del Pratello’ di Mimì Clementi. Andato via da Bologna nel 2009, ora vive in Liguria, con un piccolo ristorante ‘pop’ di pesce a La Spezia (aperto solo se al mercato c’è del ‘fresco’ ndr) e lì rimarrà. Cercava però un nuovo gestore per il suo locale bolognese chiuso da un anno e mezzo. E così è arrivata Vanna. E, sabato 22 ottobre, alle 19 ci sarà l’inaugurazione.
«Il tema del lavoro»
«Spero ci sia tutto il Pratello, arriverò anche io. Mi ha convinto il contenuto, non è solo un’operazione commerciale», racconta. «È nello spirito del Pratello. Socialità e inclusione. Ai miei tempi c’erano un sacco di pazzerelloni del Roncati che venivano da noi. Fra quei muri l’accoglienza del debole, del fragile, del ‘diverso’, s’inserisce bene». L’incontro con Vanna è avvenuto dopo una sua intervista al Corriere. «So che hanno reso più accessibile lo spazio, sono curioso di vederlo». E poi via di nuovo a Portovenere? «Io vengo dal mare (Taranto ndr), il richiamo è forte, cosa ci torno a fare a Bologna?». Finito il periodo delle lotte sociali e politiche? Se ne andò anche per quello. «Mi sembra sia cambiato poco se non in peggio. Bologna non la vedo molto bene. Ci torno eh, ci vive mia madre, è la mia città di elezione, vedo. Mi sembra banalizzata e normalizzata. A periodi è sempre stato così. Gli ex del ’77 rientrati nei binari del Pci, come anni dopo i disobbedienti con le giunte successive. Tutti riciclati nei luoghi di potere. Mi pare che spazi d’agibilità politica ce ne siano ben pochi». Alle elezioni il governo della città ha resistito. «Sì, eleggendo Casini, sai che bellezza. Qui bisogna affrontare il tema del lavoro, dell’immigrazione, delle sue seconde e terze generazioni socialmente in difficoltà…».
Ci siamo omologati
Trova cambiato anche il Pratello? «In alcuni posti è ancora riconoscibile, in altri s’è omologato. L’unica cosa che resiste è il popolo. Per fortuna c’è un’anima viva. Per questo mi fa piacere che nella mia osteria ci siano dei contenuti e non solo il semplice riempimento dello spazio». Da Osvaldo si consumava a prezzi accessibili, anche per questo era famoso: come si fa ad andare incontro al cliente? «Basta saper comprare. Io andavo dai produttori, dagli importatori saltando i rappresentanti. E poi bisogna volerlo». Ora tocca a Nunzia. Nuove assunzioni, altri futuri ingressi, spazio «per tante sfide, per distruggere il concetto di disabilità e tutto ciò che è fragilità», dove si parleranno tutte le lingue, incusa la LiS, la Lingua dei segni, aperto a tutti (dal lunedì al sabato dalle 8.00 all’1.30 e la domenica dalle 10.00 alle 24.00), famiglie e bambini compresi con i laboratori di domenica mattina nella sala sgombrata dai tavoli. Ci sarà un corner riservato alle opere di artisti e designer disabili provenienti da tutto il mondo, presentazioni di libri, mostre, incontri, corsi di formazione e performances inclusive dal vivo.