di Andrea Melli
Un locale completamente nuovo, unico nel proprio genere, un modo per urlare al mondo che anche i sordi, sanno comunicare e possono essere a capo di un’attività. La bellissima storia giunge da Vignola, nel Modenese, è quella di Filippo Minoli, che all’alba dei sessant’anni ha inaugurato l’Osteria Filo d’Arte, in via Tufo a pochissimi passi dalla meravigliosa Rocca cittadina. Non udente, Filippo ha realizzato il sogno di una vita. Un locale in cui potrà dare sfoggio alla propria creatività culinaria (ma non sarà un ristorante, bensì un luogo per gli apericena, con apertura dalle 17 alle 24), e nel quale la clientela potrà comunicare — senza subire alcun tipo di discriminazione — tramite la lingua dei segni, proprio come usa fare lo stesso Filippo.
Settantadue prenotazioni
«Inaugurazione con settantadue prenotazioni, sessantasette erano persone non udenti», racconta con orgoglio la figlia Aurora, appena ventenne ma con le idee già piuttosto chiare. Sarà lei ad accompagnare in sala il padre, una sorta di trait d’union tra il mondo sordo e quello udente. «Sarò sempre presente, capisco il linguaggio dei segni e la mia presenza diverrà fondamentale soprattutto per quest’aspetto», perché il messaggio che entrambi vogliono lanciare è piuttosto forte. «Vogliamo dimostrare al mondo che la comunità sorda è davvero invisibile agli occhi tanti, verso di loro spesso vi è ancora un pregiudizio che non ha alcuna ragione di esistere. Si pensa a loro come persone incapaci di comunicare, come se non fossero “normali”. E invece non è assolutamente così».
L’aiuto cuoco
Non solo Filippo, tra le fila del locale «ci sarà un aiuto cuoco non udente e stiamo al contempo cercando dei camerieri non udenti. Perché limitarci a scrivere su un foglio con una penna ciò che si vuole ordinare? La nostra normalità deve essere quella di comunicare tramite il linguaggio dei segni, lo spieghiamo anche nella tovaglietta che fungerà da coperto». Taccuino e penna invece verranno utilizzati, «solamente nel caso di mia assenza o di non presenza di camerieri sordi. Se ci sarà solo mio padre, a quel punto la clientela scriverà sul foglietto che metteremo a disposizione: ma – puntualizza Aurora – dovrà essere l’eccezione e non la regola».
Il logo con due mani
Nulla è lasciato al caso, nemmeno il logo in cui sono disegnate due mani. Che cosa simboleggiano, lo spiega la stessa Aurora. «Questo tipo di logo, è stato proprio papà a chiedermi di crearlo, avvantaggiata dal fatto che studio grafica all’Accademia delle belle arti di Bologna. Mi ha chiesto di raffigurare due mani, ma non sono due mani qualsiasi, perché nel linguaggio dei segni quelle due mani significano letteralmente «arte».
Il sogno avverato
L’apertura di un locale di questo genere, un unicum nella provincia Modenese, era «da sempre un suo grande sogno e a quasi sessant’anni ce l’ha fatta, dimostrando a tutti quanti come non ci sia un’età per realizzare i propri sogni, e che questi con impegno e forza di volontà possono tramutarsi in realtà». Non un locale qualsiasi, e nemmeno una cucina tradizionale. «Non saremo il classico luogo in cui bere qualcosa e fare aperitivo con due patatine e una ciotolina di arachidi. La nostra idea di fare apericena è diametralmente opposta a quella classica: prodotti selezionati, taglieri, abbinamenti anche piuttosto particolari, sarà un vero e proprio apericena in cui, — conclude Aurora — alla qualità, abbineremo anche la quantità».