In media in Italia, solo una persona disabile su cinque trova lavoro. La povertà colpisce circa il 70% degli italiani con disabilità. E anche quando si tratta di uscire la sera e rilassarsi con gli amici, la discriminazione sembra essere all’ordine del giorno.
‘Senza nome’ e ‘L’Altro Spazio’ vogliono aprire la strada per portare un cambiamento distruggendo il muro dell’accessibilità, sfidando gli ostacoli e le barriere – invisibili e non- che escludono o apportano disagi ai clienti con disabilità. I due bar iniziano attraverso proprie politiche di assunzione inclusive, cercando di rappresentare i clienti e la popolazione sorda, cieca, ipovedente e con difficoltà motorie, assumendo personale che condividesse le stesse sfide.
I proprietari dei due spazi non volevano creare “locali per disabili”, ma luoghi aperti e accessibili a tutti, che potessero aiutare le persone normodotate a percepire ed imparare quali sono le necessità delle persone con diverse disabilità, sottolineando che i bar non sono “speciali” poiché le persone con disabilità devono essere considerate come eguali. Ad esempio, ordinare da un barista sordo richiede che i clienti pensino a interagire tramite comunicazioni non verbali. Istruzioni e bigliettini sono a portata di mano di modo da poter essere in grado di spiegarsi attraverso la lingua dei segni (sebbene il personale sia in grado di leggere il labiale per coloro che trovano complicato poter segnare). Un’altra problematica che persone con disabilità affrontano è la difficoltà di utilizzare determinate attrezzature e strumenti di lavoro richiesti in quasi tutti gli ambiti di lavoro, che spesso richiedono capacità visive, motorie e tattili perfette, come può esserlo l’utilizzo di un normale computer. Molti datori di lavoro non affrontano questo problema, poiché considerano come principale misura della prestazione lavorativa il rapporto costo-efficienza, rimanendo chiusi mentalmente e chiudendo così la porta alla possibilità di un’integrazione lavorativa di persone con disabilità e alla creazione di luoghi di lavoro più accessibili.
Oltre a ciò, la situazione politica italiana non ha ancora permesso alla lingua dei segni italiana (LIS) di essere riconosciuta come lingua ufficiale. Ciò si traduce, in ritardi burocratici, con un grave impatto sulla vita dei cittadini sordi. “Il riconoscimento della lingua porterebbe istituzioni e privati a dotarsi di interpreti della lingua dei segni e ad ampliare le possibilità di sottotitolazione nel settore audiovisivo. Per i sordi, andare agli uffici postali, alle banche, ai tribunali per ottenere qualsiasi tipo di documento o certificazione, richiede tempistiche molto lunghe, poiché non vi è la certezza che ci siano interpreti in loco” se segna Alfonso Marrazzo, proprietario di Senza Nome.
‘Non é impossibile’
Di fronte alla scarse prospettive di successo nel realizzarsi come artista dopo una laurea in Arte all’Università di Bologna, Alfonso ha deciso di aprire “Senza Nome” con Sara Longhi, un bar che vuole creare un terreno comune nel quale diverse realtà si possano incontrare , interagendo insieme, ed infine, dove le persone sorde possano sentirsi a casa. Marrazzo spiega che il bar ha dovuto subire molti lavori di ristrutturazione per distruggere le barriere che non lo rendevano adatto all’impiego di persone sorde.
● Hanno allargato lo spazio dietro al bancone, in modo che due persone sorde avessero lo spazio necessario per comunicare e muoversi.
● Hanno installato più lampade, che gli impiegati possono spostare ed indirizzare verso i loro colleghi poiché le persone sorde notano più facilmente anche il più lieve cambiamento di fasci di luce.
● Inoltre,dal momento in cui non possono udire ciò che accade all’esterno, un enorme specchio è stato posto all’ingresso consentendo un monitoraggio visivo Qualche strada più in là, “L’Altro Spazio” ha affrontato un problema diverso, quando i proprietari hanno provato a distruggere le barriere architettoniche perfacilitare l’accessibilità al proprio locale. Rigide regole per preservare il patrimonio e i centri storici, fanno sì che la città non autorizzi la costruzione di rampe da oltre 11 anni. “Abbiamo progettato la rampa con un architetto che l’ha costruita seguendo esattamente il modello consono alla legge, ma al momento non esiste un canale legale attraverso il quale la nostra rampa possa essere autorizzata” ha detto Nunzia Vannuccini che gestisce il bar con il suo partner olandese sordo Jascha Blume.
In attesa di una risposta finale da parte del tribunale e dal giudice di pace, ripetutamente posticipata ed adesso rinviata nuovamente a Marzo, Nunzia e Jascha hanno deciso di lasciare la rampa dov’é, preferendo accumulare multe piuttosto che lasciar fuori i clienti.
All’interno del bar, sono stati in grado di apportare modifiche, allargando il bancone del bar e abbassandone l’altezza, di modo da evitare di escludere i clienti e dipendenti in sedie a rotelle.
“Adattiamo l’ambiente alla persona, non viceversa”, afferma Vannuccini.
● Per gli impiegati ipovedenti che lavorano in cucina, l’illuminazione è stata incrementata e gli ordini sono scritti in caratteri più grandi.
● Ai clienti vengono consegnate mappe tattili per aiutarli a orientarsi nel locale e selezionare tra l’offerta del menu.
● I tavoli sono distribuiti in modo da favorire un più facile passaggi.
“Non è impossibile” per i datori di lavoro creare un ambiente che accolga tutti, osserva Vannuccini, “Il fatto è che la gente non pensa a come realizzarlo concretamente, ma ci sono centinaia di modi.”