Vincenzo Falabella (Fish): «La mobilità a Roma, diritto negato per le persone con disabilità»

Tra marciapiedi dissestati e fermate della metro non accessibili la città diventa una giungla per i disabili, gli anziani e le mamme con bimbi piccoli

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(foto di Giuliano Benvegnù)

«Vorrei poter andare al lavoro con i mezzi pubblici, fare un giro ai Fori Imperiali, godermi un po’ di Grande Bellezza… anche da solo…». Cosa vorrebbe Vincenzo Falabella, classe 1971, avvocato, pugliese di nascita e romano d’adozione, non sembra una pretesa impossibile. Una piccola «lista dei desideri» apparentemente banale. Per molti ma non per tutti.

Dal 2001 Vincenzo è costretto a vivere su una sedia a rotelle per una lesione midollare che gli ha stravolto la vita, e di fronte alla quale la sua città adottiva, Roma, la Capitale d’Italia, non ha risposto affatto come avrebbe dovuto: «Muoversi in una città come questa è davvero complicato – racconta Vincenzo -. Gli autobus non sono completamente accessibili, le banchine delle metro non sono fruibili, gli ascensori non funzionanti o inarrivabili per le persone con disabilità: oggi l’accessibilità non riguarda solo il “gradino”. Il servizio pubblico non è rispettoso dei diritti umani, non consente una cittadinanza piena ed inclusiva».

Ci sono poche alternative quando si è costretti a fare i conti con la realtà di Vincenzo che accomuna non solo le persone con disabilità ma gli anziani, i genitori di bimbi piccoli e le loro famiglie. Una sorta di «detenzione domiciliare»: «Bisogna necessariamente restringere il proprio cerchio di vita che si riduce al quartiere – continua Vincenzo – o ricorrere a mezzi privati, anche qui, per chi può permetterselo. Adattare un’automobile a diversi livelli di disabilità  può arrivare a costare da 30mila a 100mila euro, oltre il costo della macchina.

Le famiglie che si prendono cura di un soggetto fragile, si impoveriscono». Le agevolazioni statali? Una goccia nel mare.
Storie che si intrecciano anche nell’impegno di Vincenzo che, dal 2022, è presidente della Fish, Federazione italiana per il superamento dell’handicap: «La burocrazia amministrativa alza una ulteriore barriera e spesso si accompagna ad un sentire civile sbiadito». Un «sentire civile» spazzato via dai monopattini che dove vive Vincenzo, in Prati, bloccano il passaggio su marciapiedi già sufficientemente dissestati: «A volte non riesco ad entrare nel portone facendo slalom tra bici e monopattini elettrici in sharing…». Deflagra la convivenza civile nelle auto e nelle moto posizionate davanti agli scivoli e nei contrassegni per disabili falsi: «Basta andare a Porta Portese o da qualche “amico dell’amico” per procurarsene uno – aggiunge Vincenzo -.

Capita di trovarli tutti occupati, sotto casa mia si parcheggiano anche in quello in concessione. Se chiami i vigili, prima di un’ora non intervengono, sono sempre impegnati in un incidente. Ecco, forse, ci vorrebbe anche un maggiore controllo. Bisogna pianificare interventi e controlli, manutenzione: un montascale se non viene controllato prima o poi si rompe».

Se solo per prendere un caffè in via del Corso Vincenzo dal suo posto di lavoro, zona Parioli, può impiegare pure un’ora e mezza per arrivare in loco con i mezzi, andare in un ristorante, in quelli accessibili ovviamente, può diventare una vera impresa per una persona disabile che non può nemmeno andare in bagno: «Sono quasi tutti posizionati nei seminterrati». Più semplice l’accesso alla cultura, a musei, cinema e teatri («qui c’è stato un cambiamento culturale ed è stato fatto  molto per l’accessibilità»), meno facile andare a vedere un film con l’auto bianca: «Detto che ci sono autisti che sono attenti e fanno eccezione, va detto che molti tassisti hanno timore di prendere persone con disabilità, alcuni fanno finta di non vederti, altri mi hanno detto che non erano stati avvisati che ero un disabile e sono andati via. Una volta mi sono state chieste 5 euro per il carico/scarico della carrozzina». Veramente? «Veramente».

Redazione Roma Corriere

 

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