Tra le onde e senza gamba. Passetti: “Aiuterò i disabili a divertirsi con il surf”

L'atleta amputato si sta allenando in Indonesia: "Qui ho trovato la mia strada: mi alleno per surfare con mare sempre più impegnativo e per mettere a disposizione le mie competenze"

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Viaggio all’inferno ma con il biglietto di ritorno. La vita di Fabrizio Passetti, atleta di surf, amputato a una gamba, è così. La passione per il surf sin da ragazzino, l’incidente in moto a Cella Ligure e, due mesi dopo, il risveglio dall’anestesia senza una gamba. Era il nove settembre del 2000 e da allora acqua ne è passata parecchio. E non solo in senso letterale. Passetti è il veterano del surf adaptive italiano, cioè il surf praticato da sportivi con disabilità. Una disciplina che gli ha salvato vita e anima, più volte. “Con il Covid mi è successo di tutto, ora sono rinato”, racconta da Bali, in Indonesia. “E ho un sogno: una fondazione per aiutare ragazzi e ragazze come me”.

RICORRENZA IN MARE

Un compito complesso e laborioso, ma che non frena uno come lui. Passetti è, infatti, uno cuore e passione, sudore e fatica, sangue e determinazione, e mai niente è stato facile per quest’uomo classe 1982. In questo periodo festeggia la sua ricorrenza speciale: sono dieci anni che è “tornato” tra le onde. Una seconda rinascita per lui, originario di Varazze, tra le mecche del surf italiano, luogo dove a 13 anni di età ha scoperto questa disciplina. Era un talento naturale, soprattutto se consideriamo che erano gli anni Novanta e il surf in Italia era una cosa quasi da preistoria. Poi l’incidente, la corsa in ambulanza, la speranza di conservare la gamba ferita e, più avanti, il risveglio da amputato proprio nel giorno del suo compleanno. Da allora, circa quattordici anni senza sale addosso, fino a ritrovare la quadra delle tante protesi, infezioni e imprevisti. E cavalcare nuovamente le onde.

IL COVID

“E pensare che mi è successo di tutto. Con la pandemia ho vissuto una nuova crisi, avevo pensato che non valesse più la pena vivere, lottare con il sistema sanitario per avere almeno due protesi, ogni volta riiniziare daccapo per poter godere appieno la vita da agonista e sportivo”, racconta. “Quando è scoppiato il Covid, ormai quattro anni fa, a salvarmi dalla depressione è stata l’onda di Mundaka in Spagna e lo stabilimento balneare Bella Burdella che ha capito il mio momento e mi ha aiutato con uno sponsor. Con i continui lockdown, senza lavoro e con un rapporto sentimentale appena concluso, ero uno zombie: sentivo di aver toccato il fondo. Ma sono nuovamente rinato e ho deciso che il surf è la mia vita. Ora voglio che il mio sia un esempio per tanta gente e per questo sto portando avanti l’idea di una fondazione”.

TUTTI TRA LE ONDE

L’obiettivo sarà dedicarsi ai ragazzi con disabilità motorie, sindrome di down, depressione e ovviamente amputati. “In molti posti in Indonesia i bambini che hanno problemi li nascondono dentro casa, ma vorrei prendermi cura di loro”, dice. Da quelle parti la situazione è ideale: onde, surf camp, istruttori, clima caldo, team nazionali e singoli atleti che vengono ad allenarsi continuamente. “Stiamo unendo le forze, io con la mia associazione Stand We Surf, ed alcune ragazze con la loro, Surf Olas. Abbiamo trovato alcuni investitori molto interessati, ma l’impianto di base è in piedi”. Passetti vorrebbe replicare in modo sistematico quanto ha fatto per una famiglia conosciuta proprio a Bali dieci anni fa. Dopo lo scoppio di una bombola del gas, Wafi, il figlio piccolo di un suo amico, rischiava di perdere entrambe le gambe. “L’ho aiutato regalandogli tutti i soldi che avevo per le cure, mettendo in piedi un crowdfunding e chiedendo un aiuto a tutti i medici che ho conosciuto in questi anni. Oggi quel bambino, ormai diventato adulto, ha solo alcune bruciature e fa sport come tutte le persone della sua età”.

ONDE AL TOP

Lo stesso principio sarà applicato a bambini e bambine che entreranno nel programma della fondazione. Ma avendo l’agonismo che scorre nelle vene, Passetti va oltre. “Forse il surf un giorno sarà paralimpico, e se fosse così preferirei cento volte vedere un ragazzino al posto mio a rappresentare la nazionale italiana. Per me è diventata una vocazione. E vorrei fosse surf di alto livello perché, diciamocela tutta, le gare di surf adaptive sono noiose. Lo sport invece deve essere competitivo e non un contentino per noi. Il surf è difficile ed emozionante e per questo mi alleno tutti i giorni per surfare onde come quella di Uluwatu, Padang Padang e Desert Point (famosi surf spot di Bali, ndr) in condizioni epiche. Voglio accendere un faro sull’adaptive e dimostrare che è possibile surfare ad alti livelli e far capire che tra tutti gli sport, questo è tra i più difficili, soprattutto se ti manca una gamba”.

“A DISPOSIZIONE PER GLI ALTRI”

Se la strada sportiva è tracciata, lo è anche quella che invece è più sotterranea, non si vede e di cui si parla poco. Passetti ha infatti dovuto spesso imparare da solo a gestire, aggiustare e infine progettare delle protesi che potessero davvero agevolarlo in acqua. “Sono amputato da metà rotula in giù, la mia non è un’amputazione normale e la mia protesi per surfare è 15 centimetri più corta – ricorda Passetti – per tutti questi motivi mi sono dovuto arrangiare, e ho patito diverse infezioni, spesso dovute alle protesi per camminare troppo pesanti. Ma ogni volta ho apportato miglioramenti alla mia gamba artificiale, anche cercando con amici e conoscenti esperti in altri campi materiali innovativi, contattando aziende e creando negli anni una rete di professionisti. Forse, infatti, nessuno sa che io vado al mare con una sacca da dieci chili che contiene la protesi con la quale entro in acqua. Per questo è importante anche alleggerire e trovare alternative tecnologicamente valide. Ecco, queste sono competenze che metto a disposizione. La storia insegna che ci vuole sempre qualcuno che deve sputare sangue, indicare la via: e io ci sono”.

Redazione La Gazzetta dello Sport
di Antonio Muglia

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