Clay Regazzoni, venite a guidare con me la sua Alfa che adattò per disabili dopo l’incidente

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Clay Regazzoni (1939-2006) parte per la Panamerica con l’Alfa 1900 Ti: 21 anni dopo, il giornalista di Oggi prova l’auto

I freni che saltano, a 270 km/h contro un’altra vettura, le operazioni e la paraplegia. L’ex pilota di Formula 1 non si era arreso, aveva messo sotto gli ingegneri e aveva reso le corse accessibili. La vettura con cui gareggiò in Messico è adatta ai disabili. L’abbiamo provata. E potete farlo anche voi

di Simone Fanti

Pista! Arriva lei, l’Alfa 1900 Ti del 1954 color vinaccia usata dall’ex pilota di Formula 1 Clay Regazzoni (scomparso nel 2006) per il rally storico della Carrera Panamericana 2002. Un’auto adattata per le persone con disabilità: monta, infatti, uno dei primi sistemi di servofrizione (un bottoncino aziona un motorino che “schiaccia“ la frizione e consente la cambiata).

SUCCESSE NEGLI USA NEL 1980 – Il corridore era diventato paraplegico in seguito all’incidente sul circuito di Long Beach nel 1980. In mondovisione si vide il pilota ticinese sbattere a circa 270 km/h contro la monoposto della Brabham ferma e lasciata impropriamente a bordo pista dai commissari. Alla monoposto Ensign aveva ceduto l’impianto frenante. A nulla valsero i numerosi interventi chirurgici subiti nei mesi successivi. Rimase paraplegico ma non perse la voglia di correre. Disse: «Morire è tremendo, ma l’idea di dover morire senza aver vissuto è insopportabile». E così fece: prese una nuova licenza di guida, lavorò con gli ingegneri per adattare le vetture alla sua nuova condizione e partecipò ai grandi raid che erano tanto di moda in quegli anni.

PARTÌ PER I RAID –  Dalla Parigi-Dakar alla Carrera Panamericana. «Si vedeva che soffriva l’essere in sedia a rotelle», ricorda Marco Cajani, presidente della Scuderia del Portello sotto le cui insegne il driver corse nel 2002. «Spesso lo si vedeva alzarsi con la forza delle braccia e appoggiarsi al cofano di un’auto». Un leone in gabbia. E la sua Alfa Romeo 1900 racconta di quel suo modo di essere. Una paciosa – all’apparenza – auto d’epoca che appena vede la pista ritrova la verve del suo passato corsaiolo. Adesso quella vettura compete ed è a disposizione di persone con e senza disabilità che vogliano rivivere l’esperienza di una gara come la Mille Miglia a cui ha preso parte come “guest car” nel 2020 e nel 2021 con conducenti disabili per il progetto Barrier-free Mobility promosso dalla Scuderia del Portello (per informazioni: 3397373298 e info@scuderiadelportello.org).

LA PROVA IN PISTA DI OGGI – Oggi l’ha provata sul pistino antistante il Museo storico dell’Alfa Romeo ad Arese (Mi). L’Alfa si fa annunciare da un borbottio cupo e sordo intervallato da qualche “doppietta” (a frizione schiacciata si dà un colpo di acceleratore per consentire un migliore innesto delle marce) che sa di corse. Oggi la segue da Seregno (Mb), dove ha garage, sino ad Arese. Le persone che la vedono negli specchietti le lasciano il passo, incuriositi da questa 69enne lanciata a 130 km/h in autostrada, l’ammirano e la lasciano scorrere leggendo l’elenco delle partecipazioni alla Carrera Panamericana in Messico. Sul montante posteriore destro ci sono le date: 1954 con l’Equipe Finmeccanica-Alfa Romeo e guidata dall’argentino Llano, 1990 con equipaggio Cajani – Bonini, 1991 pilotata da Chiavelli -Macellari, 2002 con Regazzoni – Hohenlohe. In pista tocca a Oggi e il tuffo nel passato è immediato: l’abitacolo è reso ancora più scarno dalla preparazione sportiva, il sedile è un divanetto in gomma piuma, il volante è rialzato e arriva al naso del pilota, vicino alle braccia. «Clay voleva una seduta simile a quelle di Formula 1 e l’abbiamo mantenuta», ricorda Cajani. «Nel 2002, Regazzoni aveva l’opportunità di vincere la Carrera Panamericana, ma quasi al termine finì in un burrone capottandosi su un albero. Il roll bar salvò lui e il navigatore. Riuscimmo a rimettere in sesto la macchina che tagliò il traguardo». E prosegue: «Non c’era da stupirsi, dava sempre il massimo tanto che il navigatore, scendendo dopo una tappa, raccontò “di aver visto sempre la pista dal finestrino laterale”. Clay era sempre di traverso per sfruttare al massimo la strada spesso sterrata».

ACCENDIAMOLA! – Il roll bar non c’è più, il rumore, la fatica e il caldo restano. L’accendiamo alle 12 del 19 luglio con 38°. I finestrini, in plexiglas, vanno abbassati a mano. L’interno non è coibentato e il caldo del motore arriva nell’abitacolo. Una mano sulla cloche che serve per accelerare e l’altra che salta tra il freno (un’asta accanto al volante che permette di schiacciare meccanicamente il freno) e il cambio. Si parte, la marcia entra, lo stacco frizione è un po’ brusco ma efficace. Prima, seconda con doppietta, ma il panico arriva con la terza che va “cercata”. Alla prima curva comprendi che decenni di evoluzione motoristica non sono passati invano: il freno ha una corsa breve e impegna parecchio così come lo sterzo diretto senza servo assistenza. Lei corre e io sudo, ma è magia pura. Attimi da assaporare con equilibrio tra il gusto di guidare e un pizzico di velocità. Per cogliere il valore di una vettura che mostra quanto anche la storia possa essere per tutti.
Quella libertà dalla sedia a rotelle che forse anche Regazzoni cercava.

Redazione Oggi – di Simone Fanti

 

 

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