Un calcio alla disabilità, Vicenza festeggia il suo scudetto: “Giochiamo come se i limiti non esistessero”

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La formazione veneta ha vinto la seconda edizione del campionato per amputati.

Le storie di chi pensava di non farcela più e invece ha trovato nello sport un modo per rinascere e sentirsi vivo

L’ultimo arrivato è Lorenzo Bulloni, appena vent’anni: quando il 3 agosto 2018 cadde rovinosamente con la sua moto era una promessa del Crema, in serie D. “Diagnosi impietosa: gamba da amputare. A un tratto sembravano frantumarsi tutti i miei sogni. Oggi, invece, provo una gioia indescrivibile”. Di anni ne ha invece 51 Gianni Sasso, un veterano: quel giorno maledetto in cui fu travolto da un’auto – lui era in vespa – era solo sedicenne e nella sua Ischia sognava di diventare Maradona: “Ero un predestinato, mi dicevano. Vidi la mia gamba staccarsi e rotolare via, sembrava la fine di tutto. E invece eccomi qui, dopo le Paralimpiadi di Rio con il triathlon: la vita sa disegnare percorsi imprevisti”.

Hanno storie di vita differenti e un unico comun denominatore i neo-campioni d’Italia di calcio per amputati del Vicenza: una disabilità che diventa quasi impercettibile, le stampelle che sembrano un dettaglio, quando non un particolare che li renda supereroi. “Il segreto? Giocare non per superare i limiti, ma farlo come se i limiti non esistessero”, spiega Sasso: frase lapidaria, i mondi impossibili diventano tutt’a un tratto possibili.

Hanno vinto la seconda edizione del campionato promosso dalla FISPES, la Federazione Italiana Sport Paralimpici Sperimentali: girone di ritorno in una full immersion a Grottaglie, in Puglia: la “bolla” anti-Covid vale anche per loro. “Una soddisfazione enorme, lo scorso anno eravamo arrivati secondi – commenta il presidente Massimiliano Padoan -. Ora cerchiamo nuovi sponsor e nuovi calciatori”. Già, perché la chiave di tutto è convincere chi ha a che fare con la propria disabilità a mettersi in gioco. A volte è tremendamente difficile. “Avevo esordito con l’Albinoleffe in Lega Pro, giocavo a calcio da quando avevo 4 anni. Non è stato semplice ripartire”, confessa per esempio Bulloni. “Ero sul letto dell’ospedale, triste. Mia sorella iniziò a spronarmi: puoi continuare a giocare, vedrai. Ma solo dopo qualche settimana decisi di assistere a un allenamento del Vicenza: vedendo quei ragazzi che davano l’anima, noncuranti di una disabilità che diventava quasi un dettaglio, rimasi sbalordito. E accettai di mettermi alla prova”.

 

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