Indennità di accompagnamento, se l’Inps sbaglia ad erogare il disabile non deve restituire nulla: la sentenza

0
299 Numero visite

Lo ha deciso il Tribunale di Messina

Il caso di un soggetto fragile difeso dall’avvocato Delia che aveva percepito in buona fede dal 2014 al 2023 le somme a titolo di indennità. Secondo l’istituto di previdenza non dovevano essere pagate a seguito di una visita di revisione

Il Tribunale di Messina accoglie il ricorso dell’Avvocato Santi Delia e tutela la posizione di un disabile.

Il Tribunale di Messina, Sezione Lavoro, ha accolto il ricorso dell’Avvocato Santi Delia, name founder di Bonetti & Delia, relativo ad un asserito indebito per errata liquidazione di un’indennità assistenziale (quella del diritto all’accompagnatore).

Nel caso di specie il soggetto fragile aveva percepito in buona fede dal 2014 al 2023 le somme a titolo di indennità mentre secondo l’INPS non le sarebbero spettata a seguito di una visita di revisione al cui esito, peraltro non agevole dal comprendere per il malato, non aveva mai dato seguito con compiuti atti amministrativi volti ad interrompere l’erogazione. Il disabile, dunque, ha continuato a confidare in buona fede nel comportamento dell’INPS che provvedeva al regolare versamento di tali indennità, peraltro investite nelle cure primarie di cui aveva ed ha vitale bisogno.

Secondo il Giudice del lavoro del Tribunale di Messina, in aderenza alle tesi dell’Avvocato Santi Delia, in tali casi non è dovuta la restituzione. “La sua condizione di buona fede, determinata dalla sostanziale inerzia dell’Inps e dal notevole tempo trascorso abbiano generato un legittimo affidamento, realizzato quando l’Istituto non è intervenuto in modo tempestivo, secondo i termini previsti dalla legge, con la revoca dell’indennità e la concreta cessazione della sua erogazione. Va altresì evidenziato che la ricorrente ha dimostrato anche la decurtazione del beneficio dovuto dall’Inps Home Care Premium, per cui sembra essere adeguatamente motivata anche l’eccezione di compensazione dallo stesso avanzata. Sotto il profilo del periculum in mora, va evidenziata la sussistenza dello stesso, avendo il ricorrente dimostrato con la documentazione allegata le spese sostenute a seguito dell’erogazione dell’indennità. È stato infatti documentato che la ricorrente ha utilizzato anche le somme erogate per farsi assistere da una badante regolarmente assunta e che sono state affrontate ingenti spese per l’acquisto di farmaci e a fini terapeutici. Va poi considerato che la somma di cui l’Inps richiede la restituzione è una cifra certamente rilevante, per cui è indubbio che l’immediata restituzione della stessa o un’eventuale trattenuta di somme sulla pensione percepita, inciderebbe pesantemente sulla condizione economica della ricorrente, che ha speso le somme percepite al fine della propria sussistenza”.

Il Tribunale quindi, in sede cautelare, accoglie la nostra tesi e dispone la sospensione del provvedimento emanato dall’INPS con il quale veniva comunicato alla ricorrente l’esistenza in un indebito pensionistico.

di Redazione Messina Today

 

L'informazione completa