di Mattia Abbate
Siamo giunti al nuovo anno e quello appena trascorso è stato molto pieno e intenso per la rubrica “Ci vuole abilità”. Ho avuto la possibilità di raccontare nuove realtà e altre disabilità che conoscevo poco. Non sono mancate le storie di denuncia di discriminazioni, che purtroppo sono una costante nella vita di noi disabili.
Se le cose funzionassero bene, saremmo più contenti, ma l’importante è non esitare a denunciare quando non funzionano. Durante quest’anno ho continuato a collaborare con le mie amiche Nicole ed Allyson che gestiscono la pagina blog “Ma non sembri malata”, partecipando ogni tre mesi a dei podcast in loro compagnia e affrontando tematiche legate alla disabilità, per educare e sensibilizzare le persone verso questi temi e per evitare situazioni e domande che possano imbarazzare e mettere a disagio le persone disabili. Un intento che accomuna la mia rubrica al blog “Ma non sembri malata” è quello di cambiare la cultura nei confronti della disabilità, offrendo messaggi corretti.
Un regalo di Babbo Natale è stata la possibilità di partecipare alla trasmissione di Raitre “O anche no”, proprio il giorno di Natale. Il motivo principale per cui sono stato chiamato è commentare la vicenda del podcast di Fedez, ma si è comunque parlato anche della rubrica. Affrontare in televisione tematiche inerenti alla disabilità è molto importante, perché la televisione dà molta risonanza e si raggiungono più persone. Sono tanti anni che sostengo che, se si parlasse di più di disabilità attraverso tutti i media, possibilmente in orari meglio fruibili, si potrebbero trasmettere messaggi corretti a fette più grandi di popolazione, facendo sempre attenzione a dare le giuste informazioni e a non creare confusione e disinformazione, come nel caso del podcast di Fedez.
Un altro argomento importante che ho affrontato è stato quello delle persone trapiantate, in particolare la storia di Niccolò e Sana. Una volta fatto il trapianto, bisogna assumere molti farmaci e sottoporsi a molti controlli, non è certo una vita facile. Ma la storia di Niccolò, che è riuscito a partecipare a una maratona poco dopo aver affrontato un trapianto, ci ha dimostrato che una grande forza di volontà può fare la differenza. Anche Sana, che è arrivata in Italia molto giovane facendo il trapianto e oggi è sposata e vive una vita serena, ci insegna molto. Ha scritto un libro per raccontare la sua esperienza e la sua storia di vita e per dare la forza ad altre persone che devono affrontare situazioni simili.
Molte volte, quando scrivo i miei articoli, non ottengo risultati nell’immediato, ma nel lungo termine a volte sì. Per esempio, dopo aver parlato delle problematiche dei mezzi pubblici a Milano, l’Atm, nel giro di un paio d’anni, ha cercato di cambiare qualcosa. Sicuramente non ho la presunzione di sostenere che sia stato tutto merito mio, perché ci sono state tante associazioni e altri miei colleghi che hanno creato un movimento d’opinione. Ma, nel mio piccolo, posso dire di aver dato anch’io un contributo, perché, come sempre, se siamo in tanti a segnalare un bisogno, i risultati saranno importanti, se invece ci muoviamo individualmente, magari risolviamo il nostro personale problema, ma il problema in generale rimane. Capisco che a volte sia già un’impresa risolvere i propri problemi, per cui dover risolvere quelli degli altri passi in secondo piano, ma l’impegno sociale è molto importante.
Ci sono questioni che mi stanno a cuore e rimangano purtroppo ancora aperte, in primo luogo la legge dei caregiver familiari, che dovrebbe riconoscere il loro impegno come un lavoro, erogando contributi maggiori, vista l’importante funzione sociale che esercitano. Attualmente le famiglie restano sole e devono cavarsela con quel poco che viene dato, sono vent’anni che si parla di questa legge, speriamo che prima o poi si arrivi a compimento. Avrei voluto anche ricevere un riscontro sulla questione dei posti allo stadio e del sistema di prenotazione, che presenta ancora molte criticità. Purtroppo non sono riuscito ad ottenere un incontro con i responsabili, ma non demordo. Concludo ringraziando tutti coloro che mi hanno scritto e anche chi legge la mia rubrica. Leggere i miei articoli non è come leggere un’enciclopedia, ci vogliono pochi minuti, ma spero che in quei pochi minuti io riesca a passare messaggi corretti e anche a costruire una cultura più inclusiva. Il mio interesse principale rimane sempre quello di dare voce a tutte le disabilità e soprattutto a coloro che non possono comunicare.
Mattia Abbate, l’autore di questa rubrica, è affetto da distrofia muscolare di Duchenne. “Questo spazio – dice – è nato per aiutare chi convive con difficoltà di vario genere ad affrontarle e offre alle persone sane un punto di vista diverso sulla realtà che le circonda”. Segnalate un problema o raccontate una storia positiva di disabilità all’indirizzo e-mail postacelere.mi@repubblica.it o scrivete a Mattia su Instagram www.instagram.com/abbate_mattia/