Ragazzo muto e con la sindrome di Down aggredito nel centro disabili, la drammatica testimonianza della mamma: ‘Voglio sapere chi è stato’

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Ragazzo down aggredito nell’istituto privato che frequenta, al punto da dover ricorrere alle cure in ospedale. E alla scuola nessuno si è accorto di niente. O, quantomeno, nessuno parla.

È tornato a casa, come ogni giorno, alle 15:30, accompagnato con il pulmino privato con a bordo autista e assistente. Luca (nome di fantasia, ndr), è stato preso in consegna mamma, che si è immediatamente accorta di quei due graffi sanguinolenti tra la faccia e il collo.

“Scusi, cosa è successo a mio figlio?”, ha chiesto la donna all’assistente vedendo i segni sulla guancia destra, vicino al collo, seminascosti dai capelli. La ragazza ha risposto di non saperne nulla e di aver preso semplicemente Luca dalla scuola e di averlo portato fino a casa, senza che nel tragitto fosse successo niente di strano.

“Ho visto dei graffi grandi e dei segni rossi sul collo. Era come come se qualcuno lo avesse preso per il collo, tanto violentemente da fargli anche dei graffi da cui usciva ancora del sangue”, racconta la mamma. “Mi sono spaventata tantissimo. Ma quando l’assistente mi ha detto che non era successo niente, ho lasciato perdere, pensando che forse si era semplicemente graffiato in qualche modo”.

Luca non parla e non può raccontare cosa è successo

Ma le cose non erano andate così, anche se ancora nessuno sa come si siano svolte esattamente. I fatti sono accaduti in Lombardia. Luca ha 25 anni vive a Rozzano, in provincia di Milano, con i suoi genitori e frequenta un istituto a pagamento per ragazzi disabili a Cesano Boscone. La sua è una situazione piuttosto grave: non parla dalla nascita. Non può quindi raccontare cosa sia successo il 22 giugno, giorno in cui torna a casa con i graffi tra il viso e il collo.

La mamma lo fa entrare in casa parla con il marito della cosa. Poi gli fa togliere la maglia, perché Luca vuole mettersi sul divano a vedere la tv a vedere i cartoni animati. Fa caldo e con la maglietta suda. Ed è in quel momento che si accorge che Luca presenta un gonfiore e una tumefazione alla schiena, all’altezza della scapola. Sandra (nome di fantasia), la mamma di Luca, tocca la scapola di Luca, che lancia un grido di dolore.

I fatti

I genitori capiscono che a scuola è successo qualcosa. Provano a chiamare l’istituto ma, nonostante siano solo le 16:00 e la scuola chiuda alle 16:30, nessuno risponde. Allora rivestono il ragazzo e lo portano dai carabinieri. Sono intenzionati a denunciare l’accaduto. Ma i militari hanno bisogno di un referto medico. “Siamo quindi andati al pronto soccorso. Lì hanno visitato Luca e il medico ha riscontrato delle contusioni compatibili con una possibile aggressione. “Come se qualcuno lo avesse preso per il collo e lo avesse sbattuto a terra”, spiega Sandra. A Luca danno 7 giorni di prognosi.

“Successivamente io e mio marito siamo riusciti a rintracciare l’educatore di mio figlio a scuola. Ci ha detto che era stata una giornata tranquilla, in cui non era successo nulla. Nessun riferimento all’episodio riguardante i graffi e la botta ricevuta da nostro figlio. Allora ho chiesto come fosse possibile che si fatto male e che né lui né nessun altro si fossero accorti di nulla: di certo non poteva essersi ferito da solo. Se si fosse trattato invece di un’aggressione da parte di un altro disabile, come mai non se ne erano accorti? Dove erano, invece di controllare?”.

La denuncia

Sandra e il marito, dopo essere stati al pronto soccorso, tornano quindi dai carabinieri e presentano una denuncia, raccontando tutto nel dettaglio. Poi parlano nuovamente con la scuola, fissando un incontro per il 30 giugno, a cui saranno presenti anche i servizi sociali e il maresciallo dei carabinieri, proprio per cercare di capire cosa è successo quel giorno.

“Voglio andare a fondo a questa vicenda. Per frequentare quella scuola mio figlio paga 40 euro al giorno, metà versate da noi, l’altra metà dal Comune di Rozzano. Ma ci sono problemi di varia natura, questo non è il primo. Come quando mettono la carta tipo scottex nelle mutande di mio figlio, per evitare di portarlo in bagno nelle ultime ore della giornata scolastica. Così, se dovesse aver bisogno di urinare, non potendo parlare, secondo loro la carta potrebbe servire a contenere l’urina”.

I bisogni

Ma questo è il solo elemento che disturba Sandra. “Finora ho sopportato, ma adesso che ho visto Luca con dei segni di violenza fisica sono arrivata al culmine e dico tutto. Oltre alla carta nelle mutande, gli mettono spesso anche il pannolone, sempre per non portarlo in bagno. Questo significa che anche l’altro tipo di bisogni fisici vengono fatti così. Io ho impiegato anni per togliere il pannolino, quando era piccolo, a mio figlio. E adesso loro stanno vanificando i miei sforzi, rimettendoglielo da adulto. Senza contare che ovviamente torna a casa sporco e maleodorante, con i bisogni a volte seccati lungo le gambe. Una cosa schifosa”.

E per questo si pagano circa 800 euro al mese per ogni disabile che frequenta la scuola. “Da quando va a in questo istituto ci sono problemi. Ho cercato di sopportare, facendogli il bagno appena rientrava a casa se vedevo che gli avevano messo il pannolone o la carta”.

Ma anche con le scuole precedenti era così? “Assolutamente no. Anzi, Era sempre pulito e profumato. Luca fa la doccia ogni giorno e a scuola lo coccolavano sempre, lo trattavano benissimo sia gli insegnanti che gli assistenti. È da quando che va qui che sono iniziati i problemi. Pensi che paghiamo anche i giorni in cui Luca è assente perché malato”.

Le classi

Quanti alunni ci sono nella classe di suo figlio? “Non lo so. Non mi hanno mai fatto entrare, mi hanno sempre lasciato davanti alla porta, senza mai darmi il permesso di varcarla per vedere cosa e chi c’era oltre. Io non so niente di quello che succede in quella scuola. Una volta sono andata all’improvviso, perché mio figlio aveva la febbre e mi avevano chiamata, e ho visto un ragazzino su una sedia a rotelle che si dondolava, da solo. Ho chiesto a un’infermiera dove fosse l’educatore di quel ragazzo, ma lei mi ha risposto che non c’era nessuno”.

 

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