PizzAut non è solo una pizzeria, è un grande progetto di inclusione, è un sogno diventato realtà. È il sogno di Nico Acampora, papà di un ragazzo autistico che nel 2017, pensando al futuro di suo figlio Leo, fa una considerazione molto semplice:
di Giacomo Capodivento
“Se costruisco un buon presente sicuramente potrà esserci un buon futuro. Vedendo mio figlio piccolo che gioca a preparare la pizza, soprattutto quando vengono amici a casa, ho pensato che la cucina potesse impegnare per davvero dei ragazzi autistici più grandi”
Questa intuizione è all’origine di quello che oggi è un vero e proprio laboratorio di inclusione sociale. I ragazzi affetti da autismo, affiancati da professionisti della ristorazione e della riabilitazione, sono stati avviati ad una prima fase di formazione, durante la quale è stata individuata la mansione più adeguata per ciascuno al fine di un inserimento nello staff della pizzeria. “All’inizio non avevamo un ristorante, chiaramente lo abbiamo costruito da zero con tutte le difficoltà del caso – racconta l’ideatore del progetto – Avevo chiesto ad alcuni ristoratori di ospitarci per fare serate nei loro ristoranti e ho ricevuto una serie di rifiuti”.
Le difficoltà iniziali dovute alla diffidenza e a visioni di corto raggio non fermano i progetti di Nico Acampora nonostante le oggettive criticità: “la complessità – prosegue – è far lavorare in brigata i ragazzi che spesso, proprio perché sono autistici, fanno fatica a stare in gruppo e a condividere parole, esperienze e pensieri con gli altri. Queste complessità nella fase iniziale sono state preponderanti, ma i ragazzi ci hanno dimostrato che non sono solo la loro diagnosi e che possono acquisire nuove abilità e nuove competenze”.
La cosa davvero incredibile per Nico Acampora infatti “è vedere nei ragazzi l’aumento di autostima e di abilità non solo lavorative, ma anche sociali. Penso che il più grosso risultato di PizzAut sia proprio questo: attraverso il lavoro succedono cose straordinarie per i nostri figli”.
La legge 68/99 sul collocamento mirato
L’esperienza di PizzAut si inserisce all’interno di un contesto più ampio, che riguarda una vera e propria sfida culturale. Da un lato il binomio disabilità e lavoro, dall’altro la possibile strada dell’imprenditoria sociale. Stando agli ultimi dati rilasciati da Enrico Seta, presidente dell’Agenzia Nazionale Disabilità e Lavoro (ANDEL), il tasso medio Ue di occupazione delle persone disabili è superiore al 50% a fronte del 35,8% italiano. Nonostante la legge 68/99 promuova l’inserimento e l’integrazione di persone con disabilità – il cosiddetto collocamento mirato – e l’implementazione delle modalità di assunzioni, modifica introdotta con il decreto 151 del 14 settembre 2015, disabilità e mondo del lavoro non vivono un matrimonio felice. Anche nel pacchetto di riforme del PNRR – il piano nazionale di ripresa e resilienza – non vi è traccia del decreto legislativo 75/2017 che aveva dedicato il V Capo al lavoro delle persone disabili presso la Pubblica Amministrazione.
Sulla difficoltà relativa all’inclusione delle persone con disabilità intellettive e psicosociali secondo quanto previsto dalla normativa, Acampora conferma che:
“Spesso questa legge è disattesa perché è possibile esternalizzare parte del lavoro alle cooperative sociali e quindi l’imprenditore evita di assumere una persona con disabilità ma, qualora lo facesse, la maggior parte delle aziende preferirebbero sicuramente assumere una persona con disabilità fisica piuttosto che una persona con disabilità cognitivo-relazionale ed è per questo che i ragazzi autistici e gli uomini e le donne autistiche sono disoccupati in maniera importante”.
La questione non è di poco conto, se si considera che anche l’Europa nella presentazione della strategia Europea sui diritti delle persone con disabilità 2021-2030 chiede all’Italia un preciso impegno su questo fronte, attraverso un aumento del tasso di occupazione delle persone con disabilità e la riduzione del divario tra queste ultime e la popolazione lavorativa. Tra le richieste ci sono anche il rafforzamento delle capacità dei servizi per l’impiego per le persone con disabilità, il miglioramento del lavoro con le parti sociali e le organizzazioni di persone con disabilità. Bisogna facilitare il lavoro autonomo e l’imprenditorialità, anche per chi ha difficoltà intellettive e psicosociali.
Un progetto di rara bellezza e rara fatica
Certamente il cammino segnato dalle indicazioni Europee non è facile. Lo stesso progetto di PizzAut, a detta del suo ideatore, richiede sforzi notevoli e costanti:
“Aprire il cuore, aprire la mente e non spaventarsi di fronte a una fatica che è enorme. Gestire un ristorante, continuare a fare opera di sensibilizzazione culturale rispetto all’autismo, gestire i ragazzi, le loro famiglie, il personale neurotipico e cercare di essere sempre presente anche nelle comunicazioni sui social, sulla stampa per dire che è possibile che i ragazzi autistici possano avere un futuro diverso, è una cosa che occupa tutte le 60 ore di una giornata e purtroppo le 60 ore in un giorno sono poche”
Inoltre, a ritardare lo sviluppo del progetto, ci ha pensato la pandemia che, tuttavia, non ha scoraggiato i ragazzi di PizzAut. La soluzione è stata quella di ricorrere all’uso di Food Truck e di preparare la pizza sul posto. La macchina di PizzAut non si è fermata e, appena le indicazioni del governo lo hanno permesso, e anche grazie al contributo di molti sostenitori, il 1 maggio 2021 a Cassina de’ Pecchi in provincia di Milano, è stato inaugurato ufficialmente il ristorante.
Attualmente la realtà di PizzAut è formata da due anime: PizzAut Onlus, che si occupa di tutti gli aspetti di formazione e di sensibilizzazione culturale e Workaut S.r.l. che gestisce il ristorante, un progetto che potrebbe essere il primo franchising sociale al mondo.
L’esperienza di PizzAut è arrivata fino al Senato, dove Nico Acampora e la sua brigata hanno presentato una proposta di legge per definire una nuova tipologia di start up innovativa sociale, la cui caratteristica è quella di avere oltre 60% di persone autistiche assunte. L’obiettivo è chiedere allo Stato di riconoscere questa nuova tipologia ed equipararla alle start up innovative tecnologiche, che beneficiano di una defiscalizzazione per i primi 5 anni di attività.
Qualora la proposta vada in porto, sarebbe un ulteriore importante tassello posto da PizzAut sulla strada dell’inclusione sociale, un’ulteriore prova che è possibile coniugare efficacemente lavoro e disabilità, che ci sono strade da percorrere che devono solo essere scoperte e “che forse non si aspettava nessuno – come ripete spesso il padre di PizzAut – di una rara bellezza e di una rara fatica”.