Viterbo – (sil.co.) – Sarebbe finito nel mirino di una banda di “bulli”, due dei quali lo avrebbero picchiato e terrorizzato, gli avrebbero spillato quattrini, rubato un cellulare nuovo di zecca e lo avrebbero costretto a fumare degli spinelli, fino a quando non ha chiesto aiuto al padre che lo accompagnato dai carabinieri a sporgere denuncia.
Vittima un giovane portatore di handicap d’origine nordafricana, 17enne all’epoca dei fatti, la cui famiglia risiede da vent’anni in un centro del Viterbese. “Mi hanno preso a schiaffi e pugni e costretto a fumare uno spinello”, avrebbe raccontato ai militari, non riuscendo però a ripeterlo in aula.
Era il 30 giugno 2017 quando il ragazzo, con problemi di vista e di udito, sarebbe stato aggredito, picchiato e derubato di un iPhone sulla piazza principale del paese da due giovani, finiti a processo davanti al collegio presieduto dal giudice Silvia Mattei. Titolare del fascicolo il pubblico ministero Chiara Capezzuto. Sarebbe stato solo l’ultimo episodio di una lunga scia di vessazioni e angherie cui l’adolescente sarebbe stato sottoposto.
Il processo è entrato nel vivo ieri con la difficile e sofferta testimonianza della parte offesa, oggi ventenne, preceduta da quella del padre.
“Mio figlio fino a qualche tempo fa usava solo la lingua dei segni, adesso sta imparando a parlare, ma non sempre riesce a dire quello che pensa”, ha spiegato il genitore, raccontando di avere accompagnato il figlio in caserma a sporgere querela, facendo nome e cognome dei suoi presunti aguzzini che, oltre ad approfittare delle sue debolezze, avrebbero anche aggredito e minacciato il padre intervenuto in sua difesa.
Tutto da chiarire il movente del furto del cellulare. Forse un debito di droga, per l’acquisto di “fumo”, non da parte della vittima, ma di un connazionale che aveva accompagnato all’incontro. Ma ha negato. Fatto sta che uno degli imputati, in base a quanto invece ammesso dalla vittima, gli avrebbe strappato l’iPhone dalle mani, mentre l’altro lo avrebbe seguito a casa per farsi consegnare anche la scatola in cui era confezionato.
Secondo quanto riferito dal padre, ma non confermato in udienza dal figlio, lo avrebbero anche spinto a rubare in casa, “mille euro nascosti in un armadio”. Una volta gli avrebbero sottratto un paio di scarpe, una collana, un orologio e delle magliette con la scusa di andare in discoteca. Un’altra lo avrebbero portato a Viterbo e, dopo un giro a Pratogiardino “Lucio Battisti”, sarebbero andati a fare shopping a spese sue in un centro commerciale.
Ai carabinieri ha anche riferito: “Mi hanno costretto a fumare marijuana, io gli ho detto di no, non posso perché mi fa male. Ma uno di loro mi ha preso a schiaffi e pugni e l’altro mi ha fatto fumare per forza uno spinello”.
Il processo riprenderà il prossimo 19 ottobre per sentire altri quattro testimoni dell’accusa.