L’altro giorno la Camera dei Deputati ha votato all’unanimità la mozione, proposta da Italia Viva, che affronta il tema della discriminazione multipla delle donne con disabilità.
Siamo felici di aver portato nelle aule parlamentari la voce di queste donne, dopo un intenso lavoro di ascolto avviato nei mesi scorsi, con Maria Elena Boschi.
Parliamo della vita di decine di migliaia di donne e ragazze, quasi 2 milioni, che sono esposte al rischio di subire una discriminazione particolarmente invasiva perché multipla. Ossia, generata da due fattori, la disabilità e l’essere donne, che combinati si espandono con un effetto moltiplicatore nelle loro vite e in ogni aspetto delle loro esistenze. Una bella pagina per il Parlamento italiano.
Una discriminazione che parte, talvolta, dalla stessa negazione del diritto di queste donne alla loro femminilità. Infatti, spesso la visione che si ha delle donne con disabilità è di eterne bambine o di esseri angelicati, senza una femminilità, senza una dimensione sentimentale e sessuale, quindi senza una dignità al pari delle altre. Troppo spesso non si riconosce come le donne con disabilità abbiano tutte le stesse aspirazioni delle altre donne: essere madri, essere mogli e amanti, avere una carriera appagante.
Avere consapevolezza della propria femminilità è estremamente difficile per tutte le donne. Averla quando il proprio corpo non può rispondere ai parametri di perfezione imposti dalla nostra società è ancora più difficile. Qualche mese fa una star della televisione americana scrisse su twitter che non poteva immaginare nulla di più triste di una donna attraente su una sedia a rotelle. Immaginate come possa sentirsi una ragazzina con disabilità che legge parole come queste.
È anche per parole come queste che tante donne con disabilità hanno paura di non essere credute quando subiscono violenza.
Abbiamo voluto con forza questa mozione non solo per gli impegni concreti che chiede al governo in merito al contrasto alla violenza sessuale nei confronti delle donne con disabilità, alla loro possibilità di accesso alla medicina di genere, al loro diritto di autodeterminazione anche rispetto alla sfera della sessualità, dell’affettività, alla maternità e al loro inserimento lavorativo. Noi abbiamo voluto questa mozione anche, e forse prima ancora, perché ogni volta che un tema entra in Parlamento diventa dibattito pubblico.
E su questo tema il confronto a oggi è relegato solo ad alcune nicchie, associazioni di persone con disabilità o associazioni di donne, ma non è ancora diventato un patrimonio di discussione per tutti i cittadini e le cittadine di questo Paese. La discriminazione però, non è nicchia. È una bestia nera che rovina le vite della donne e ne determina, spesso senza possibilità di ritorno, il presente e il futuro.
Che questo tema diventi dibattito pubblico è fondamentale per sensibilizzare tutto il nostro Paese, ma soprattutto per dare forza e coraggio alle ragazzine con disabilità che sono là fuori e ci guardano. La forza e il coraggio di rivendicare i loro diritti e di sentirsi donne a pieno titolo, capaci di rivendicare il loro progetto di vita, fondato su relazioni rispettose e paritarie.
I numeri che citiamo nella mozione nascondono la negazione di quei diritti e il dolore e il senso di esclusione di miglia di donne nel nostro paese. Per cercare di comprendere ciò di cui parliamo proviamo ad immaginare cosa c’è dietro a quei numeri.
Quando l’Europa ci dice che le donne con disabilità hanno una probabilità di subire una violenza da due a cinque volte più della altre, proviamo a immaginare di essere una ragazza che dipende non solo economicamente ma anche per lo svolgimento delle attività della vita quotidiana, vestirsi, lavarsi, mangiare, da altre persone.
Immaginiamo di aver subito violenza, magari dalle stesse persone che ogni giorno ci aiutano a svolgere quelle attività. Come potremmo trovare il coraggio di denunciare la violenza subita, se temiamo di non trovare un luogo in cui rifugiarci, dove si possano prendere cura di noi anche per svolgere tutte quelle attività quotidiane originate dalla nostra non autosufficienza.
Oppure immaginiamo di essere una donna con difficoltà cognitive che subisce violenza, magari proprio da chi si prende cura di noi e ci convince che ciò che abbiamo subito non è nulla di che, è quasi un gesto affettuoso.
Quando leggiamo che la percentuale di donne con limitazioni funzionali che hanno eseguito almeno una vola test diagnostici come la mammografia o il paptest è di oltre quindici punti inferiore rispetto alle altre donne, immaginiamo di essere una ragazza con disabilità che si sottopone a questi test.
Immaginiamo di aggiungere all’angoscia di quei momenti l’imbarazzo perché il macchinario di screening è pensato solo per persone in grado di camminare. E allora, bisogna “arrampicarsi” sul macchinario, storcersi le spalle, le braccia, sperare che l’esame sia fatto per bene e che non rimanga nulla di nascosto.
Quando leggiamo che gli avviamenti di donne con disabilità iscritte nell’elenco del collegamento obbligatorio è pari solo al 43,2% contro il 56,8% degli uomini, immaginiamo di essere una ragazza con disabilità che incontra enormi ostacoli per trovare un lavoro, gli stessi ostacoli che incontrano gli uomini con disabilità sommati a quelli affrontati dalle donne.
Infine, immaginiamo di vedere ogni giorno campagne di sensibilizzazione sulla parità di genere e di non vedervi mai riflesse in esse, mai una donna in carrozzina, mai una donna non vedente, mai una donna non udente.
Immaginiamo tutto questo e si comprenderà che gli impegni assunti dal governo grazie alla mozione sono importanti, perché possono avere un impatto fondamentale nella vita di tante donne ma soprattutto tante giovani ragazze con disabilità.
Ieri, con il voto unanime, tutte le deputate e i deputati hanno detto a quelle ragazze che nessuno mai dovrà più osare dire che una bella donna con disabilità è la cosa più triste che si possa vedere.
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