Il sesso non è solo un piacere ma può essere anche un lavoro. Oltre alla più classica forma della prostituzione, ci sono il virtual sex, le video chat erotiche e anche le prestazioni part time offerte da studenti o casalinghe attraverso il web. Quello dei sex workers è un settore complesso ed esteso su cui la Regione Siciliana ha posto attenzione con una delibera dello scorso 29 gennaio, su proposta dell’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza. Il documento della giunta regionale prevede «l’adozione di politiche attive, per il tramite del servizio sanitario regionale, volte all’avvio e all’implementazione di prevenzione socio-sanitaria, di monitoraggio e di accesso ai servizi sanitari in favore dei sex workers e anche di tutti i cittadini siciliani che si trovano in condizione di sessualità attiva». Nessun riferimento invece agli assistenti sessuali per i disabili che rientrerebbero nella categoria.
La delibera prevede l’istituzione di uno sportello in ciascuna delle nove Aziende sanitarie provinciali dedicato alle malattie a trasmissione sessuale con un’equipe specialistica di professionisti. E ancora metodi contraccettivi e farmaci forniti gratuitamente nei consultori, negli ambulatori ostetrico-ginecologici e nei pronto soccorso e un registro con le informazioni sullo stato di salute degli interessati, rigorosamente in forma anonima, che permetta di esibire un «certificato di sana e robusta costituzione» rilasciato dopo un check up completo e gratuito. «Il problema è che viviamo in una società che ama godere senza pensarci troppo ma poi se ne pente», dice sorridendo a MeridioNews Franchina – alias Francesco Grasso – nota sex worker di San Berillo, ex quartiere a luci rosse di Catania.
«Quelle proposte dalla Regione sono misure sicuramente importanti – continua Franchina – ma rimane il fatto che nella camera da letto poi finiscono sempre due persone che devono essere responsabili. Al di là di tutte le informazioni di cui può essere messo al corrente il cliente, quindi, si deve portare avanti soprattutto un discorso educativo e di informazione non solo per noi che facciamo queste professioni». Quello che lamenta la signora Franchina, prostituta da 35 anni, è che «sono ancora troppi gli uomini che preferiscono non utilizzare il preservativo durante il rapporto e che pensano ai rischi solo in un secondo momento e sono ancora molte le colleghe che dicono sì per non perdere il cliente e il guadagno».
Lavoratrici e lavoratori che svolgono professioni connesse al mercato del sesso, ma che «ancora stentano a essere riconosciuti come tali», commenta Franchina. Povertà economica, irregolarità giuridica e anche casi di sfruttamento della prostituzione sono ostacoli che alzano la soglia dell’accesso alla diagnosi e al trattamento sanitario, specie in una regione come la Sicilia che risulta tra quelle in cui le malattie sessualmente trasmissibili registrano un aumento percentuale maggiore rispetto al resto d’Italia. L’obiettivo della proposta regionale è, infatti, «innalzare il livello di sicurezza delle condizioni di esercizio dell’attività lavorativa, consentire la scelta di lavoratori sessuali che siano sottoposti al controllo sanitario, far emergere le attività attualmente condotte in nero, ridurre i fenomeni di illiceità riscontrabili nell’ambito del mercato del sesso».
Nessun riferimento nella delibera viene fatto al binomio sesso e disabilità. Un argomento che, nonostante qualche timido passo avanti, è ancora pieno di tabù. «In realtà, il fatto che in un documento del genere non si faccia menzione delle questioni legate alla disabilità non è una mancanza perché questi servizi vengono fruiti dai disabili esattamente come da ogni altro cliente», commenta Max Ulivieri, 48enne toscano affetto da distrofia muscolare che ha creato Loveability, il primo sito in Italia in cui disabili raccontano le loro esperienze, le loro paure, i loro desideri sulla sessualità e dove possono anche conoscersi.
«Quello dei sex workers è un mondo in cui c’è ancora una grande confusione, ma per la disabilità va fatto un discorso specifico». Il fine è quello di trovare un modo maturo perfar vivere anche alle persone con gravi disabilità fisiche e motorie non solo la propria sessualità ma anche, più in generale, un benessere psicofisico. Un disegno di legge presentato nel 2014 al Senato per l’istituzione della figura dell’operatore sessuale è decaduto, ma non tutto sembra essere perduto. «Una ex consigliera di Messina, che poi si è trasferita a Roma, aveva scritto una buona proposta di legge specifica – racconta Ulivieri – Adesso ci stiamo lavorando anche insieme al deputato siciliano del M5s, Aldo Penna». Non più il progetto di istituire il ruolo di un assistente sessuale, ma quello di pensare a una figura più complessa, «un operatore all’emotività, all’affettività e alla sessualità (Oeas) con una specifica formazione – aggiunge Ulivieri che raccoglie da anni le richieste di genitori, specie di ragazzi autistici – che tenga conto di un percorso più ampio che riguarda il benessere psicofisico di persone con gravi disabilità fisiche e intellettive».