Cosa succede d’estate in una scuola d’agricoltura che produce anche quintali di pomodori, di carote, di cipolle, di zucchine, di meloni? E poi fagioli, finocchi, insalate, peperoni, porri e tante altre varietà di verdure. E poi frutta di ogni tipo. E poi cereali e patate. E poi ci sono i vitigni con una cantina sperimentale tra le più prestigiose in Italia. E poi l’alpeggio con sessanta mucche al pascolo. Chi sostiene tutto questo lavoro quando gli oltre duecento studenti, giustamente, sono in vacanza?
René Benzo, vice presidente dell’Institut Agricole Régional di Aosta, è anche direttore della Fondazione Sistema Ollignan onlus che si occupa di persone disabili. Sommando le due competenze non è gli stato difficile trovare la soluzione. Così è nato nel Comune di Quart, a pochi chilometri da Aosta, il Centro agricolo per disabili voluto e sostenuto dalla Regione Val d’Aosta. Una realtà che permette a persone con disabilità psichiche, intellettive, sensoriali ma con residue capacità lavorative e produttive di trovare nel lavoro dei campi e nelle altre attività che rappresentano da sempre il cuore pulsante di quella che è a tutti gli effetti una grande fattoria, occasioni di apprendimento, spunti formativi, situazioni favorevoli alla socializzazione ma anche offerte di inserimento lavorativo.
Dal mese scorso uno stimolo ulteriore è rappresentato dall’incontro settimanale con la brigata di cucina dell’hotel “Royal e Golf” di Courmayeur guidata dallo chef Paolo Griffa. Per un pomeriggio intero, cuochi e persone assistite dalla Fondazione lavorano fianco a fianco nei campi del Centro agricolo per individuare erbe spontanee commestibili e altri ortaggi da valorizzare. La biodiversità valdostana è sorprendente, con oltre duemila specie tra cui decine di piante officinali e aromatiche tipiche delle aree alpine (Calendula, Arnica, Rhodiola rosa, Issopo). Ma tantissime possono anche essere consumate, offrono sapori inattesi e Griffa, maestro tra i fornelli nonostante i suoi 26 anni, è anche botanico appassionato e competente. Così non è raro che tra i suoi menù creativi finiscano anche piante spontanee oppure frutti e foglie di arbusti considerati ordinari ma di straordinaria versatilità, scovati e raccolti con l’aiuto degli amici della Fondazione Ollignan. «Per noi un arricchimento professionale straordinario – spiega lo chef – ma è anche un momento solidale importante. Dopo pochi incontri abbiamo capito che c’è tanto da imparare in una logica di reciprocità che ci fa crescere tutti».
D’altra parte l’Institut agricole ha da sempre nel suo dna l’impegno a favore della collettività. Quando nel dopoguerra la Giunta regionale della Valle d’Aosta decise di fondare una “scuola pratica di agricoltura”, affidò il compito alla Congregazione dei Canonici regolari del Gran San Bernardo. Anni difficili. C’era una società da ricostruire ma, soprattutto tra queste valli imponenti, da preservare e custodire. Si pensò giustamente che i giovani destinati a diventare agricoltori – soprattutto a confrontarsi con un’agricoltura particolare com’è quella montana – avessero bisogno di competenze capaci di integrare tradizione e innovazione. Fu scelta lungimirante e di buon senso.
La scuola, che negli anni è diventata istituto professionale paritario con piano di studi quinquennale e rilascia il diploma di Stato, si occupa anche di ricerca e sperimentazione, di tutela ambientale e di difesa del territorio. «Direi che la sperimentazione rappresenta il nostro fiore all’occhiello, con una serie di colture davvero importanti per testimoniare questa biodiversità», osserva René Benzo. Succede per le produzioni cerealicole, per la frutticoltura, per la viticoltura, ma anche per il settore zootecnico. «Per la segale per esempio – prosegue – abbiamo realizzato già nel 2014-2015 sette campi di moltiplicazione per un totale di 9mila metri quadrati e coltiviamo ecotipi dai nomi tipicamente valdostani (Arnad-Crest, Brusson-Graines, La Salle-Remondey), ma lo stesso succede per il grano tenero e con il mais. Cerchiamo sempre di recuperare, attraverso le colture, la storia delle nostre terre».
Dove la produzione legata all’Institut regionale diventa davvero d’eccellenza è nel settore viticolo. Nella cantina Joseph Vaudan, che ha obiettivi sperimentali e didattici, si producono bianchi e rossi con vitigni autoctoni e internazionali, ma con tecnologie d’avanguardia. Davvero qui la sapienza della tradizione si mescola alla sperimentazione più avanzata. Nel 2017, tra 16mila vini italiani in concorso, il “Petite Arvine” dell’Institut agricole, un bianco elegante dal sapore tipicamente alpino, è stato selezionato tra le prime dieci etichette per il “Sole” nell’ambito del Premio Veronelli, una sorta di Nobel del settore.
Ma la cantina offre altre meraviglie, come i vini “speciali”, tra tutti il “Monchoisi”, che sarebbe riduttivo definire spumante. E poi, per ricordare i canonici del Gran san Bernardo, il “Vin du prevot” (rosso), il “Blanc du prieur” (“Bianco del priore”), il “Vin des chanoines” (“Vino dei canonici”). Insomma, in alto i calici per brindare a una realtà che sa amalgamare ingredienti preziosi come la formazione scolastica, l’inclusione sociale, la valorizzazione dei prodotti della terra e della tradizione, la salvaguardia dell’ambiente. Prosit.