A Napoli chiude il Don Orione, anziani e disabili ‘finiscono’ in periferia

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La chiusura del Don Orione di Napoli rappresenta uno dei paradossi della sanità in Italia. Proprio nel momento in cui la nazione si indigna per le terribili immagini di maltrattamenti ai danni di pazienti indifesi, e l’ultimo caso della struttura di Vercelli aggiunge altro orrore alla vergogna, chiude una delle strutture considerate un’eccellenza per l’assistenza agli anziani nel capoluogo partenopeo.

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Problemi strutturali, dicono alcuni, dismissione di fitti passivi da parte dell’Asl Napoli 1, affermano altri. Sta di fatto che è iniziato il  trasferimento degli ultimi pazienti ricoverati presso il Don Orione e si scrive così la parola fine ad una storia fatta di tanta umanità, professionalità e inclusione sociale.

E proprio da quest’ultimo aspetto parte la protesta dei familiari dei “vecchietti speciali“. La struttura, infatti, posta nel centro storico della città, offriva ai suoi ospiti la possibilità di interagire con l’ambiente circostante. Una passeggiata, un gelato, l’acquisto di un giornale oppure due chiacchiere al bar con i coetanei del posto. Una routine che alleggeriva la condizione particolare dei pazienti contribuendo, a detta degli operatori che li seguivano, al miglioramento del loro status psichico.

Ma la legge dei numeri, delle economie, dei tagli e degli sprechi nella sanità, non tiene conto di tutto questo. Così, dopo decenni, qualcuno si accorge che la struttura si presenta inadeguata a rispettare le norme di sicurezza. Quindi via tutti. Trasferiti presso strutture private, alcuni, oppure al centro di assistenza del Frullone, area Nord di Napoli, lontani da qualunque centro abitato.

Un esilio forzato che relega i pazienti in un isolamento totale, lontani dalla comunità che li ha accolti e coccolati per anni, restituendoli all’oblìo dal quale venivano dopo la chiusura dei manicomi. Ma, come si dice in questi casi, occhio non vede e cuore non duole.

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