Con la pandemia la mascherina è entrata a far parte della vita quotidiana. Indossarla è un obbligo nel rispetto della salute pubblica: in negozio e per strada, a scuola e al lavoro, addirittura a casa e in auto se si sta accanto a persone fragili. La mascherina è diventata una delle abitudini acquisite contro la diffusione del contagio e non se ne può fare a meno, anche se a volte rende difficoltoso capirsi.
Un gruppo di ricerca dell’Università di Trento ha dedicato uno studio sperimentale all’effetto delle mascherine sull’ascolto e sulla comprensione di una conversazione. Il progetto è stato realizzato da Elena Giovanelli, Chiara Valzolgher, Elena Gessa, Michela Todeschini e Francesco Pavani del laboratorio Cognition Across the Senses (CAtS) del Centro interdipartimentale Mente/Cervello CIMeC dell’Università di Trento.
Francesco Pavani, coordinatore dello studio, commenta: «In questi mesi si è discusso molto di quanto le mascherine potessero influenzare la comunicazione e per alcune persone (ad esempio, chi ha una ridotta capacità uditiva) hanno costituito un vero problema per le interazioni, una barriera sociale aggiuntiva».
Attraverso una ricerca condotta online durante il primo lockdown, il gruppo di ricerca dell’Università di Trento ha dimostrato come l’impossibilità di vedere la parte inferiore del volto coperto da una mascherina, renda più faticoso l’ascolto e più incerta la comprensione del messaggio anche a parità di informazione acustica ricevuta.
Elena Giovanelli, prima autrice dello studio, racconta: «Abbiamo ricreato una situazione simile a una video-chiamata con tre diversi scenari d’ascolto. Nel primo si vedono le persone in volto, nel secondo le persone con la mascherina, nel terzo solo i loro nomi. In tutti i casi, però, l’informazione uditiva proposta era costante: si trattava sempre dell’audio registrato senza mascherina. In questo modo abbiamo voluto separare gli effetti acustici legati all’uso della mascherina da quelli audio-visivi legati alla visione delle labbra del parlante. Abbiamo mostrato che vedere una persona che parla con la mascherina può essere equivalente a non vederla affatto. Rispetto alla condizione del volto pienamente visibile, i partecipanti hanno più difficoltà nel comprendere il messaggio e devono sostenere un maggiore sforzo di ascolto. Inoltre, vedere gli altri che ci parlano con mascherina aumenta il timore di non aver compreso la conversazione in modo preciso (ci rende meno fiduciosi in ciò che sentiamo e meno capaci di stimare se quello che abbiamo sentito sia corretto o meno)».
«Questa ricerca dimostra il contributo cruciale dell’esperienza audio-visiva nella comprensione del parlato anche per le persone udenti. Inoltre, aiuta a comprendere per quale ragione le mascherine possano trasformarsi in un ostacolo invalidante alla comunicazione per tutti coloro nei quali l’ascolto può essere più difficoltoso: persone con problemi di udito, persone che stanno ancora imparando la lingua – bambini o adulti –, persone che lavorano quotidianamente in contesti rumorosi» affermano Elena Giovanelli e Francesco Pavani.
«Bisogna essere molto cauti nel mandare messaggi sull’uso delle mascherine che potrebbero essere fraintesi. Al tempo stesso si dovrebbe cogliere l’opportunità per informare le persone su come fare un uso consapevole delle mascherine e suggerire di ricorrere a soluzioni alternative (mascherine trasparenti, schermi, incontri a distanza dove però si possano vedere i volti) quando la mascherina diventa un vero ostacolo all’interazione sociale e alla comunicazione. È il caso delle persone sorde o ipoacusiche, anziane o giovani, che proprio per via di questi problemi legati alle mascherine rischiano di usarle meno o rimuoverle laddove non dovrebbero» conclude Pavani. (13 mar red)