Francesca Baruffaldi (Ente nazionale sordi): “L’uso della mascherina ha complicato e continua a complicare la vita di queste persone. Andare in farmacia, all’ufficio postale, dal medico, sul posto di lavoro: insomma tutto diventa difficile se la bocca della persona con cui si interfacciano è coperta. Una soluzione potrebbero essere le mascherine trasparenti ma, ad oggi, non hanno ancora certificazione e omologazione”
TRENTO. Da qualche mese a questa parte tutti abbiamo dovuto fare i conti con, ed accettare, una cosa che, prima, era ai più estranea: la mascherina. Su di lei s’è detto (e fatto) di tutto e di più. Da quelle ffp3 a quelle lanciate dai grandi marchi, da quelle home-made alle mascherine chirurgiche abbandonate in ogni dove. Per noi sono semplici dispositivi di protezione, fondamentali certo, fastidiose con il caldo di luglio, ma nulla più.
Per altri, però, le mascherine possono diventare un vero e proprio ostacolo, un impedimento che rende difficili anche le più banali azioni quotidiane. Il piccolo lembo di stoffa copre (giustamente) naso e bocca proteggendo noi e chi ci sta attorno ma, così facendo, preclude alle persone sorde e ipoacusciche la possibilità di leggere il labiale, spesso l’unico modo (soprattutto per chi non conosce la lingua dei segni) per comunicare (QUI per approfondire).
Oggi anche azioni apparentemente banali come andare all’ufficio postale o pagare alla cassa di un supermercato presentano, spesso, difficoltà insormontabili per i sordi. “La mascherina – spiega Francesca Baruffaldi, coordinatrice dell’Ente nazionale sordi lato scuola – è stata una novità per tutti, e anche le persone udenti hanno capito quanto sia difficile comunicare. Le persone sorde o con ipoacusia, pensi ad esempio ad una persona anziana che ha perso parzialmente l’udito, tendono ad appoggiarsi molto alla lettura del labiale”.
“L’uso della mascherina – continua – ha complicato e continua a complicare, non poco, la vita di queste persone. Andare in farmacia, all’ufficio postale, dal medico, sul posto di lavoro: insomma tutto diventa difficile se la bocca della persona con cui si interfacciano è coperta”.
Proprio per questo, sin dalle prime fasi dell’emergenza sanitaria, la sezione provincia dell’Ens si è impegnata, concretamente, per perseguire lo scopo che, sin dalla sua nascita, s’è posta: garantire autonomia alle persone sorde e promuoverne la cultura. Quando, a inizio marzo, il mondo (il nostro, perlomeno) s’è fermato, per loro le cose si sono fatte ancora più difficili. Molti dei servizi (compreso il numero d’emergenza), infatti, come ci spiega Baruffaldi, erano disponibili solo telefonicamente. “Nella prima fase – spiega – molte persone sorde si sono rivolte a noi per contattare uffici pubblici, disdire vacanze, prenotare visite. Noi fungevamo da ‘intermediari’ telefonici“.
Il problema, poi, riguardava anche le comunicazioni istituzionali. “Subito – continua – ci siamo mossi per tutelare le persone sorde e promuovere, anche in Provincia, la consapevolezza rispetto a queste difficoltà. Il numero verde legato all’emergenza, ad esempio, all’inizio era raggiungibile solo telefonicamente, appunto, ma una persona sorda non può telefonare. Poi, fortunatamente, anche grazie al progetto Resta a casa, passo io, è stata attivata sempre tramite il 112, un’app tramite messaggio scritto, e quindi accessibile anche se ancora da perfezionare. Ci siamo anche prodigati per trovare delle soluzioni e poi, va detto perché la nostra è stata una delle prime Province ad adottarlo, nella giornaliera conferenza stampa di aggiornamento sui dati era sempre presente una nostra interprete nella lingua dei segni. Già le persone udenti erano nel caos in mezzo a tutte quelle informazioni, si figuri le persone sorde a cui quelle informazioni sarebbero state di fatto precluse”.
Insomma, senza il fondamentale ausilio della tecnologia (e degli interpreti) le persone sorde sarebbero rimaste (davvero) sole. Videochiamate, messaggi, mail: tutto ha aiutato a trattenere legami, a non perdersi. “Per le persone che usano la lingua dei segni le videochiamate sono state fondamentali, così come per le persone che invece leggono il labiale, anche se molto dipende anche dall’apertura della bocca, dalla posizione dell’interlocutore, dalle condizioni della luce. Per il resto o ci si appoggiava alle email o ai messaggi o alle applicazioni di riconoscimento vocale che traducono il parlato in parole scritte”.
Nella prima fase, quella di emergenza profonda, molte persone si sono quindi appoggiate all’Ens che ha spesso svolto un ruolo di intermediario tra loro e il mondo. Con la seconda fase, quella della ripartenza, le cose non sono però migliorate. “Ora le mascherine – spiega la coordinatrice – impediscono spesso la comunicazione e le persone sorde devono quindi delegare a persone udenti o chiedere, gentilmente, al proprio interlocutore di allontanarsi e abbassare la mascherina”.
Non sempre, però, l’interlocutore comprende (appieno) le difficoltà che queste persone si trovano ad affrontare e, così, è successo anche ad una ragazza che si appoggia all’Ens di Trento. “Una ragazza sorda – racconta Baruffaldi – mi ha raccontato di essere stata in ospedale e che il medico, nonostante la sua richiesta, non ha abbassato la mascherina. Fortunatamente un’infermiera gentile s’è allontanata, ha abbassato la mascherina e l’ha aiutata a capire”.
Proprio per evitare simili situazioni l’Ens s’è impegnato per attivare e portare avanti (tutt’oggi) un servizio di assistenza con traduttore da remoto. “La persona, ad esempio, va dal medico e, in videochiamata, un facilitatore alla comunicazione ripete le parole del dottore o le traduce in lingua dei segni“.
Un grosso problema, quello su cui ora l’Ens si sta concentrando, sarà poi anche quello delle scuole (QUI per approfondire). “La questione scuola – continua – ci preoccupa, e non poco. Per gli studenti sordi è difficile seguire l’insegnante quando parla, se porta la mascherina praticamente impossibile. Già adesso ci stiamo attivando come ente per i facilitatori alla comunicazione, e abbiamo anche inoltrato diverse informative al mondo della scuola per la questione delle mascherine trasparenti. Le soluzioni principali sarebbero quelle di tenere maggiormente le distanze, che permettano di parlare senza mascherine, o prevedere la presenza costante di un facilitatore. Ma dovremo però capire come fare”.
Quella delle mascherine trasparenti è una soluzione proposta da più parti. Il problema, come spiega Baruffaldi, è che queste mascherine, ad oggi, non sono ancora a norma. L’Ens sta seguendo attentamente alcune proposte di realizzazione di questo particolare tipo di mascherine ma è fondamentale che queste arrivino (in tempi brevi) ad ottenere la certificazione ed omologazione da parte delle strutture competenti (altrimenti si rischia di vanificare gli sforzi fatti). “Questo tema – spiega la coordinatrice – è stato da subito posto all’attenzione del Ministero della Salute e della Presidenza del Consiglio richiedendo che le stesse siano presenti in circolazione, certificate, disponibili per tutti”.
“Per fortuna – continua – negli ultimi mesi, anche grazie all’impegno costante dell’Ens nei tavoli di confronto istituzionali, ai progetti e alle iniziative di sensibilizzazione l’attenzione alle persone sorde, all’accessibilità e alla lingua dei segni sta migliorando ma restano dei vuoti enormi da colmare in tanti ambiti. Va detto, poi, che in realtà anche le mascherine trasparenti, essendo di silicone, tendono ad appanarsi e quindi limitano, anche loro, la comprensibilità”.
Per ora, ai dipendenti dell’Ens, in aggiunta alle mascherine, sono state date in dotazione delle visiere trasparenti in modo che, qualora volessero allontanarsi un po’ e abbassare la mascherina, possano essere compresi grazie alla lettura del labiale da parte delle persone non udenti.
“Sulla questione scuola – conclude Francesca Baruffaldi – abbiamo già avuto un incontro con il Dipartimento dell’istruzione. Sembra che garantiranno che gli alunni con disabilità rimangano a scuola, fermo restando che è ancora tutto incerto e non ci sono ancora indicazioni concrete al 100%. Anche la didattica a distanza è stata difficile: abbiamo ideato i sistemi più particolari per comunicare. A volte addirittura con doppio schermo: sul pc andava la videolezione e sul cellulare il traduttore. Abbiamo inviato materiale cartaceo per posta. Ci siamo ingegnati, insomma, per non lasciare gli alunni isolati”.
La sezione provinciale dell’Ente nazionale sordi, al motto di “I sordi possono fare tutto tranne sentire”, è da sempre impegnata per garantire autonomia alle persone sorde e per promuoverne la cultura. Per questo organizza corsi di lingua dei segni italiana (la cosiddetta Lis che, si badi bene, vale solo per la lingua italiana: ogni Paese ha la propria lingua dei segni anche se esiste una lingua internazionale che, però, non è molto conosciuta) per enti pubblici e privati, attività di formazione e aggiornamento, attività culturali e ricreative, corsi di sensibilizzazione e molto altro. L’Ens si occupa anche della formazione dei facilitatori, persone formate per lavorare sia con persone sorde sia con persone cieche e garantisce alle scuole, grazie a fondi provinciali, il servizio di facilitatori alla comunicazione.
Proprio ora sono aperte le iscrizioni (che chiuderanno il 18 settembre) per il corso di lingua dei segni, che partirà ad ottobre. Per ulteriori informazioni e per tutte le persone sorde e le famiglie che desiderassero maggiori informazioni su servizi e possibilità, basta contattare l’Ens al numero 0461-235329 o all’indirizzo email trento@ens.it (QUI sito).