Terni: la lingua dei segni entra in ospedale, un servizio in più per i pazienti sordi

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di Claudia Sensi – Il Messaggero

Terni – Un’esperienza vissuta in famiglia trasformata in filosofia di vita.

Così Paola Torcolini, insegnante di scuola primaria, è diventata docente formatore presso lo Ierfop, ente di ricerca e formazione per la disabilità visiva che svolge corsi di formazione anche per la lingua dei segni, nonché esperta in tiflodidattica, ovvero la didattica che viene utilizzata per insegnare ai bambini ciechi e ipovedenti. «Ho uno zio sordo, ma mio padre per paura di non poter comunicare con lui non lo ha mai invitato a casa nostra. Io l’ho cercato da adulta e tutt’ora lo frequento.

Questa mia storia la racconto ai bambini perché non dobbiamo avere paura della diversità, la diversità ci apre un mondo, così come ha fatto mio zio con me. Ho trovato in lui una fonte di ricchezza e grazie a questo incontro ho poi costruito la mia professione.» Paola Torcolini insegna la lingua dei segni soprattutto ai bambini. «Il bambino che domani diventerà adulto, se comprende questa lingua, sarà capace di colloquiare e aiutare una persona con questa difficoltà.»

Anche perché i sordi non sono tutti uguali

«C’è il sordo segnantel’oralista, quello che non conosce il labiale, quello che lo è diventato in tarda età o durante l’adolescenza che parla in modo stonato, ma comunque riesce a comunicare.» Da dieci anni a scuola traduce anche le canzoni nella lingua dei segni perché è utile pure per i normodotati.

«La persona sorda osserva, ha il canale visivo molto sensibile, quindi attraverso il segno ed il linguaggio del corpo, la comunicazione non verbale, per lui diventa un’emozione. Ho trovato un riscontro positivo anche in bambini che hanno altre fragilità. L’ho infatti adottato in classi in cui c’erano bambini con difficoltà emotive, iperattivi, stranieri. Ho addirittura insegnato la matematica nella lingua dei segni».

Secondo Paola Torcolini la lingua dei segni, che ha una struttura grammaticale diversa dalla lingua, dovrebbe essere insegnata a tutti, quindi ai piccoli ha ‘aggiunto’ i grandi dell’azienda ospedaliera di Terni. «Ho pensato agli impiegati sordi con i quali è difficile comunicare se non si conosce la Lis e ai bambini con questa patologia che vengono inseriti in un ambiente ospedaliero.»

Quindi nel 2020 ha redatto un progetto per un corso di formazione che è stato subito approvato dal Santa Maria, ma è stato bloccato dalla pandemia. Il discorso è stato ripreso l’anno passato con un corso propedeutico di lingua dei segni per operatori sanitari e personale del front-office dell’ospedale, una trentina in tutto. Due lezioni a settimana per 30 ore complessive. «On line ho presentato loro una persona sorda ed abbiamo simulato una richiesta d’aiuto in videochiamata. Loro dovevano capire di che tipo di aiuto si trattava, farsi spiegare la via, l’abitazione, organizzare un’ambulanza. Domande e risposte tutte nella lingua dei segni. È stata un’esperienza di notevole spessore che mi hanno chiesto di ripetere.»

Paola Torcolini ne è entusiasta. «Un’altra bellissima esperienza, un’altra grande fonte di ricchezza.»


 

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