da Lisa De Rossi
Nella medicina iperbarica, il principio cardine è l’ossigenoterapia utilizzata per aumentare la quantità di ossigeno nel sangue in pazienti colpiti da embolia gassosa, ma anche per curare molte patologie, tra queste (in fase sperimentale) gli effetti del long Covid e l’improvvisa perdita di udito
La terapia viene fatta all’interno della camera iperbarica dove si respira ossigeno puro in totale sicurezza. In Italia ci sono almeno una cinquantina di centri iperbarici.
La camera iperbarica viene comunemente associata all’attività subacquea ma il trattamento di ossigenazione iperbarica viene utilizzato per diverse patologie in varie specializzazioni: nella reumatologia, traumatologia, neurologia, clinica medica e oncologia e nel campo dell’otorinolaringoiatra, come ci conferma il Prof. Gerardo Bosco docente di Fisiologia dell’esercizio al Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Padova e fondatore della Scuola di Medicina Iperbarica dell’ateneo patavino.
«L’ossigenoterapia iperbarica – ci spiega il Prof. Bosco – è un trattamento medico, che prevede la respirazione intermittente di ossigeno puro al 100% ad una pressione superiore rispetto a quella atmosferica, all’interno delle camere iperbariche. Due sono i fattori fondamentali nella medicina iperbarica: da un lato sfruttiamo la pressione che di per sé già è terapeutica, dall’altro cerchiamo di diffondere più ossigeno nei tessuti proprio attraverso la pressione.»
Il meccanismo d’azione
l trattamento con camera iperbarica produce un aumento del flusso ematico cerebrale e riduce l’edema, stimola i processi di riparazione dei tessuti danneggianti, regola i processi infiammatori, ha effetti diretti su alcuni neurotrasmettitori e incrementa il consumo di ossigeno del sistema nervoso centrale.
Una terapia che viene dal mare. Le tante applicazioni
«La medicina iperbarica è una branca della medicina subacquea, è una terapia che “arriva dal mare” e quindi le prime indicazioni riguardano il trattamento delle due patologie più diffuse in questo sport: la malattia da decompressione e l’embolia gassosa arteriosa dei sub ma non solo, l’ossigenoterapia è molto efficace nel trattamento per l’intossicazione da monossido di carbonio, le ustioni, le sindromi compartimentali (aumento della pressione dei tessuti all’interno di uno spazio fasciale chiuso che provoca un’ischemia tissutale, succede a seguito di contusioni o lesioni gravi da schiacciamento) infezioni gravi quali la gangrena gassosa le infezioni necrotizzanti. Negli ultimi tempi stiamo vedendo buoni risultati nel trattamento di alcune ferite molto difficili da guarire. »
Sono molte le patologie che trovano un supporto nella camera iperbarica: ferite o piaghe dovute a insufficienze vascolari arteriose o venose o causate dal diabete.
I benefici dell’ossigeno sono indicati anche per le sindromi da schiacciamento e per lesioni degli arti con rischio di amputazione, fratture con un consolidamento complicato, trapianti di porzioni di pelle o reimpianti. La camera iperbarica può essere utile anche in alcuni casi di perdita improvvisa dell’udito.
«Cerchiamo di sfruttare le proprietà dell’ossigeno – ci spiega il prof. Bosco – che viene prodotto e venduto come gas medicinale ed è un farmaco a tutti gli effetti. Tra queste proprietà, oltre a quelle antinfiammatorie, l’ossigeno ha la capacità di creare dei nuovi vasi – neoangiogenesi – e anche l’ipoacusia o la sordità improvvisa rientra in quelle patologie nel quale si verifica un trauma dei piccoli vasi che con la camera iperbarica andiamo a rigenerare .»
L’ossigenoterapia, una possibile cura negli effetti del long covid?
«Siamo ancora in una fase sperimentale, ma gli studi pubblicati recentemente sono a favore, soprattutto per il recupero funzionale, la fatica cronica, il decadimento neurocognitivo. La somministrazione di ossigeno ad alti livelli sembra avere un ruolo protettivo in questa sintomatologia che va a caratterizzare il long Covid. Sono le prime esperienze, confortanti, ma che vanno validate nel tempo.»
Le ultime frontiere
«La medicina iperbarica si sta orientando verso un ruolo in prima linea in un approccio multidisciplinare come la creazione di trauma center o di un team per il recupero sportivo e riabilitativo. Inoltre, molti studi si stanno concentrando sul meccanismo rigenerativo indotto dall’ossigeno su alcune cellule, anche quelle neuronali con un possibile risvolto nelle patologie neurodegenerative.»
Entriamo virtualmente nella camera iperbarica
«Una seduta con respirazione intermittente di ossigeno puro dura circa 70 minuti: 15 minuti per raggiungere la “quota”, generalmente 15 metri, ad una pressione di 2.5 atmosfere, 15 minuti per la compressione e altrettanti 15 per la decompressione, la permanenza all’interno della camera è di circa un’ora e mezza. Il numero delle sedute dipende dalla gravità della malattia, nel caso dell’intossicazione da monossido di carbonio può essere sufficiente una seduta ma si arriva ad un numero elevato di 40-50 sedute per le patologie croniche ambulatoriali, quale l’osteonecrosi o le ferite difficili.»
Chi non può entrare in camera iperbarica?
«L’ingresso in camera iperbarica è controllato da un medico specialista che effettua una visita di idoneità per escludere quelle poche condizioni che possono precludere l’ossigenoterapia iperbarica: il pneumotorace (intrappolamento d’aria nel torace) l’epilessia o le gravi patologie cardiopolmonari.»
La camera iperbarica, una “navicella spaziale”
«Ci sono due tipologie di camera iperbarica: la monoposto nella quale entra solo il paziente, ma in Italia diversi anni utilizziamo esclusivamente le multiposto, grandi camere in acciaio, rigide che possono ospitare dai 10 ai 16 pazienti contemporaneamente, un habitat molto ampio, una “navicella spaziale” nelle quali soprattutto i pazienti ambulatoriali e quindi non gravi, sono seduti comodamente, indossano una maschera collegata all’erogatore che emana ossigeno puro.»
Ci sono rischi in questa terapia?
«I rischi sono legati alla pressione e all’ossigeno in quanto farmaco e in entrambi i casi sono minimi perché la pressione è impostata non oltre i 18 metri di quota, oltre i quali l’ossigeno diventa tossico. Molte attenzioni sono riservate alla pressione perché tutte le cavità aeree del nostro corpo risentono della variazione della pressione, ma grazie al monitoraggio si scongiurano dei possibili barotraumi: i pazienti in camera iperbarica sono accompagnati e assistiti dal personale infermieristico e inoltre vengono e informati sui possibili fastidi che potrebbero avere e “istruiti” su come come compensare quella che può essere una variazione di pressione avvertita dall’orecchio con manovre di compensazione o semplicemente deglutendo o sbadigliando.
La claustrofobia, può essere una forte limitazione, ma l’esperienza clinica ci insegna che una buona assistenza medico infermieristica limita o esclude questo problema. C’è un continuo monitoraggio esterno da parte dei tecnici che “guidano” l’erogazione di ossigeno e quindi anche la presurizzazione della camera.»
La mappa dei centri iperbarici
«Da una recente mappatura fatta da una società di ricerca di riferimento, i centri iperbarici presenti sul territorio nazionale sono una cinquantina, sia pubblici che privati, sono poche le regioni che non hanno un centro iperbarico.»
La sicurezza
«Tranquillizziamo il paziente. Le camere iperbariche di oggi sono una pratica medica sicura a basso rischio di complicanze. E’ come entrare in una navicella spaziale e leggersi un capitolo di un bel libro mentre si respira ossigeno puro.»