«Lo scudo più efficace per il covid? Un vaccino spray per il naso: bloccherebbe malattia e infezione»

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Dall’inizio della pandemia gli scienziati cercano di capire la durata della risposta immunitaria di chi contrae il virus Sars-Cov-2 e a seguire, da quando sono arrivati i vaccini, per quanto tempo funzionino gli anticorpi neutralizzanti (ossia quelli in grado di bloccare la malattia, ma destinati via via a diminuire) in coloro che si sono vaccinati.

di Laura Perina

Su questo tema, complesso ma anche estremamente affascinante, si è concentrato uno studio targato università di Verona guidata dal rettore Pier Francesco Nocini e condotto da un team di ricerca coordinato dai professori Luca Dalle Carbonare, docente di Medicina interna, e Donato Zipeto, docente di Biologia molecolare. Gli scienziati hanno confrontato persone che avevano contratto il virus con altre che, invece, non si erano ammalate, per capire come il sistema immunitario risponda alla vaccinazione anti Covid e quali anticorpi vengano stimolati. Due gli aspetti venuti alla luce.

La storia Il primo: la nostra storia immunitaria predice la risposta al vaccino. In altre parole, come spiega Dalle Carbonare, «nei soggetti già venuti a contatto con altri tipi di coronavirus, per esempio quelli che provocano il raffreddore, si attiva una immunità già esistente. Da un lato, questo suggerisce che siamo tutti un po’ protetti, spiegando come mai il Sars-Cov-2 è meno letale di altri coronavirus incontrati in precedenza. Dall’altro, potrebbe essere uno dei motivi alla base dell’efficacia degli attuali vaccini, che sollecitano proprio questa memoria pregressa (la memoria immunologica) in grado di far fronte a successive infezioni». Il secondo aspetto riguarda le strategie di lotta al Sars Cov 2 ed emerge dall’analisi dei diversi tipi di anticorpi che si liberano a contatto con il coronavirus.

L’ipotesi «Ci siamo concentrati sugli IgA prodotti nelle mucose nasali, che agiscono in coppia e dunque si rivelano particolarmene efficaci nel bloccare il virus. Difficilmente, però, un vaccino inoculato per via intramuscolare è in grado di stimolarli», sottolinea Zipeto. «Ecco dunque l’ipotesi: un siero somministrabile come uno spray nasale, che ci protegge non solo dalla malattia, ma dall’infezione, poiché sarebbe capace di sbattere la porta in faccia al virus, bloccando la principale via d’ingresso nell’organismo, e di stopparne la replicazione», spiega Zipeto.

Lo studio Allo studio, pubblicato sulla rivista scientifica «Communications Medicine» del gruppo «Nature», hanno partecipato ricercatori di tre dipartimenti dell’università di Verona (Neuroscienze biomedicina e movimento, Medicina, Diagnostica e sanità pubblica) in collaborazione con ricercatori dell’Ircss Sacro Cuore di Negrar, del San Raffaele di Milano, dell’ateneo di Trento e della startup Covi2 Technologies. In prima battuta la ricerca è stata condotta su campioni di sangue prelevati da un centinaio di persone, in massima parte sanitari, e un secondo studio in pre-print, esteso a un campione di 1.500 soggetti, è già stato sottoposto al vaglio di un board scientifico in vista della pubblicazione. Il prossimo passo è valutare la risposta immunitaria a seguito della terza dose di vaccino. .

 

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