Ha quasi quattro anni e vive con la famiglia nel quartiere Vanchiglia. Un virus durante la gravidanza l’ha resa sorda, ma la scienza le ha restituito l’udito
di Marco Panzarella
“Mamma – senti – questo è il corvo”. Beatrice si ferma ad ascoltare mentre l’altalena la dondola su e giù nell’area giochi dei giardini reali di via Rossini, a due passi dalla Mole. Il gracchio del volatile le ha rapito l’attenzione, anche perché ascoltare per lei non è mai banale.
Sorda dalla nascita
Questa bambina con i ricci infiniti e un volto da peperino a luglio compie quattro anni e la sua vita, seppure sia soltanto all’inizio, vale già un racconto. Quando nell’estate del 2017 mamma Chiara l’ha data alla luce all’ospedale Sant’Anna, Beatrice non sentiva nulla. Una grave disabilità causata da un virus infimo, il Citomegalovirus, che durante la gravidanza le ha danneggiato irrimediabilmente le cellule incaricate di veicolare i suoni al cervello, rendendola sorda da entrambe le orecchie.
Uno scricciolo isolato da tutto e tutti, ma stretto fra le braccia di due giovani genitori, Chiara e Marco – lei insegnante, lui infermiere – che all’improvviso si sono visti crollare il mondo addosso. Come se non bastasse, oltre alla sordità bilaterale, Bea ha presto manifestato una emiparesi del lato destro del corpo, anch’essa imputabile al virus che ha provocato altri danni all’emisfero sinistro del cervello.
Una piccola regina
Bea è una bimba bellissima, con quell’aria sfrontata che la fa somigliare a una minuscola regina. Il suo reame è fatto di pastelli, bolle di sapone, amichetti, parole e suoni. Guai a chiamarla sordomuta. Sorda si, ma muta non proprio. Anzi. E poi quella vecchia parola è stata abolita quindici anni fa, anche se solo in pochi ne sono al corrente.
Di primo acchito può sembrare una bimba sfortunata, ma in realtà non è così. Certo, il suo percorso sarà più complicato rispetto a quello di tanti coetanei, ma può contare su due genitori che non si stancheranno mai di volerle bene. E poi dalla sua parte c’è il progresso, la scienza e soprattutto un gioiello di ingegneria biomedica che le ha regalato l’udito: l’impianto cocleare.
Si tratta di un dispositivo complesso, composto da un’unità esterna – un microfono che raccoglie i suoni e li trasforma in impulsi elettrici – e una interna, che necessita di intervento chirurgico – un ricevitore e un sistema di elettrodi che permettono al cervello di leggere i suoni.
Due interventi nel giro di sette mesi
Quando aveva otto mesi e mezzo Bea è stata operata al primo orecchio, sette mesi dopo è toccato al secondo. Nel frattempo, mamma Chiara ha creato una pagina Instagram “La mia vita con Bea”, dove pubblica foto, video e didascalie che raccontano i giorni della minuscola amazzone. Uno spazio pubblico utile anche per informarsi, condividere esperienze e confrontarsi sulla sordità.
Intanto è quasi mezzogiorno e Bea si è stufata dell’altalena. Adesso il suo obiettivo è lo scivolo, ma arrampicarsi su quella scala da bimbi grandi è un’impresa. “I traguardi sono sempre stati raggiunti in ritardo – racconta mamma Chiara – Bea si è seduta per la prima volta a un anno, ha gattonato a un anno e mezzo e mosso i primi passi a due anni e quattro mesi. Ogni volta è stata una gioia immensa, con lei non sono mai esistite le vie di mezzo, o è tutto a colori o tutto nero”.
Nonostante i primi mesi senza udito, che hanno rallentato lo sviluppo del linguaggio, Bea non si è mai persa d’animo e dopo ogni seduta dal logopedista compie un piccolo passo in avanti, anche dal punto di vista motorio. Dall’estate del 2017 ad oggi ne è trascorso di tempo.
Profonda amarezza
Tra cartelle cliniche, decine di visite e attese negli ospedali la bimba continua a crescere e, seppure con qualche inciampo, nessuno le toglie il sorriso dalla faccia. Ci ha provato l’Inps, che le ha riconosciuto la pensione di invalidità, ma solo dopo una trafila che Chiara ricorda con amarezza. “Ci hanno convocato per stabilire se nostra figlia fosse davvero disabile e quindi potesse accedere alla prestazione economica. La commissione medica Asl, inspiegabilmente, non ha riconosciuto la sordità, ma i danni di Bea sono talmente evidenti che la decisione ci è sembrata assurda”.
“Era come se stessimo pagando pegno per tutte le dichiarazioni mendaci che ogni anno vengono presentate in Italia. Peccato avessimo dei motivi oggettivi per accedere all’invalidità, ne avremmo fatto volentieri a meno ma ci spettava”.
La coppia, già provata dai problemi di salute della piccola, non si perde d’animo e contatta un avvocato. “Avevamo con noi tutta la documentazione clinica che prova come Bea sia affetta da sordità bilaterale, la decisione è stata ribaltata ma non c’era nulla per cui gioire, mi chiedo cosa sarebbe successo se al posto nostro ci fossero state persone senza possibilità economiche o strumenti per intraprendere una battaglia legale”.
Un lungo viaggio
È quasi ora di pranzo e Chiara deve faticare parecchio per sradicare sua figlia da una sorta di mini ponte tibetano a cui si è avvinghiata. Per adesso la traversata è complicata e serve qualcuno che la tenga per mano, ma presto la regina conquisterà l’altra sponda. Magari chiedendo un passaggio all’amico corvo, che Bea non si stancherebbe mai di ascoltare.