Daniele Stavolo, presidente FISH Lazio: “Si tratta delll’individuazione di misure sanitarie e sociosanitarie adeguate in caso di contagio di persone con disabilità che non collaborano alla prestazione sanitaria”
E’ stato recepito il 24 dicembre dalle Aziende Sanitarie Locali il provvedimento che adotta tutele specifiche per le persone con disabilità cognitivo – comportamentale e/o neuromotoria che non collaborano alla prestazione sanitaria contagiate da Covid-19, o casi sospetti, per quanto riguarda la fase di accertamento diagnostico e di ricovero presso reparti di degenza ospedaliera.
Sulla base delle indicazioni contenute nel documento dovranno quindi essere predisposti percorsi strutturati di presa in carico delle persone attraverso una collaborazione tra i Dipartimenti di prevenzione, i Distretti, i servizi che hanno già in carico la persona e i cargiver familiari.
“Un provvedimento che arriva al termine di un percorso di confronto con la Direzione Salute e Integrazione Socio-sanitaria della Regione Lazio sulle misure da adottare – commenta Daniele Stavolo, presidente FISH Lazio (Federazione Italiana per il superamento dell’handicap) – ma soprattutto dopo mesi di interlocuzione, solleciti e azione di pressione nei confronti dell’Assessorato di riferimento affinché venissero assicurate tutele idonee per le persone con disabilità, in particolare intelletivo-relazionale, in caso di contagio dal virus.”
Nello specifico la nuova disciplina stabilisce procedure dedicate per persone con disabilità cognitivo-comportamentale e/o neuromotoria contagiate da Covid-19 o presunte tali in riferimento alla somministrazione dei test diagnostici*, all’eventuale periodo di isolamento o quarantena domiciliare, e al ricovero in bassa, media o alta intensità di cura in strutture territoriali Covid-19. Vediamole nel dettaglio.
Accertamento diagnostico
Viene stabilito che il test diagnostico deve essere effettuato a domicilio e la predisposizione di percorsi idonei alle esigenze dei destinatari nei drive-in e gli altri servizi in cui vengono eseguiti i test. Gli stessi possono essere eventualmente somministrati nella scuola del bambino o ragazzo, solo qualora sia stata individuata come sede di screening per tutti gli alunni. Quando l’intervento diagnostico viene svolto in ambiente sanitario, al fine di rendere meno traumatica l’esecuzione, dovrà essere garantito inoltre: “un ambiente riservato a ridotto impatto di medicalizzazione; ridotta presenza di persone compatibilmente con le procedure; un approccio adeguato in relazione all’età e alla tipologia di esigenza”. In tutti i casi è prevista la presenza e collaborazione del caregiver di riferimento mediante un raccordo con i servizi sanitari pubblici, mentre la procedura di sedazione va considerata come extrema ratio.
Isolamento o quarantena domiciliare.
Qualora sia necessario l’isolamento o la quarantena al domicilio della persona o della sua figura assistenziale, o in altre strutture alberghiere laddove necessario, considerata l’eventuale necessità di individuare ulteriori risorse assistenziali, i servizi aziendali dovranno effettuare una più approfondita valutazione dei bisogni, ed individuare un case manager tra il personale che già segue la persona con funzione di coordinatore e facilitatore della presa in carico assistenziale in modo unitario. I servizi che conoscono e hanno in carico la persona possono anche fornire consulenze telefoniche o telematiche al caregiver e interventi di telemedicina o teleriabilitazione.
Allo stesso modo sono previste valutazioni e monitoraggio della condizione di salute da parte dei servizi sanitari (MMG, PLS, Coordinamenti Distrettuali COVID-19, SISP) attraverso l’utilizzo delle piattaforme e App già usate allo scopo (in particolare Lazio Doctor per COVID) con il supporto del famigliare o altre figure impiegate nel setting assistenziale dell’utente. Nel caso in cui questi sia sprovvisto degli strumenti adeguati a monitorare la sua condizione di salute, verranno utilizzati i kit di monitoraggio a distanza per Covid-19 messi a disposizione dalla Regione. Naturalmente i famigliari e il personale, per quanto possibile, dovranno adottare i consueti comportamenti per contrastare la diffusione del contagio del virus e usare gli opportuni DPI.
Il provvedimento disciplina inoltre l’ipotesi di isolamento presso strutture residenziali nelle quali sono ospitate persone che non collaborano alla prestazione sanitaria, prevedendo la presenza di un familiare o cargiver, «nei casi in cui il paziente non sia in grado di accettare o comprendere il motivo di tale isolamento.»
Ricovero Osservazione – Bassa e Media intensità di cura in area degenza Covid-19.
Nelle fasi di trasporto e ricovero nelle strutture territoriali Covid-19, e in alta intensità di cura se non risultano necessari interventi nel setting terapia intensiva, saranno previste misure specifiche per le «persone con difficoltà comportamentali» e/o neuromotorie attraverso la presenza del cargiver o, in sua sostituzione, di altro famigliare o personale socio sanitario o sociale. Tale presenza è in particolare consentita a bordo delle ambulanze e nella stanza di degenza, che dovrà quindi essere dotata di due letti.
Per i minori viene indicato come Centro di riferimento Covid-19 l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù sede-Palidoro.
Viene inoltre stabilito che: “In fase di accoglienza del paziente, il responsabile medico del reparto accettante deve valutare l’opportunità di confrontarsi con il centro di riferimento specialistico che ha o potrebbe avere in carico la persona per una consulenza clinica sul caso, al fine di evitare potenziali complicazioni durante la degenza derivanti dalla specifica patologia di base del paziente.”
Tale previsione è stata fortemente voluta dalla Federazione con l’obiettivo di non lasciare privi di tutela sanitaria persone la cui disabilità pregressa costituisce una condizione di alto rischio vita in caso di contagio da Covid-19.
Secondo le ormai consolidate conoscenze internazionali medico-scientifiche infatti alcune disabilità pregresse costituiscono una underlying health condition (condizione di salute sottostante) che determina il più alto rischio vita in caso di contagio da Covid-19 (ad es. persone con malattie oncologiche, con patologie croniche dell’apparato respiratorio, cardiopatia congenita), di conseguenza andrebbe garantita nei loro confronti (persone con sclerosi laterale amiotrofica, distrofia muscolare, tetraplegia, con sindrome di down, ecc.), la massima tutela possibile in termini di diritto alla Salute, attraverso il ricorso a competenze specifiche in grado di valutare clinicamente gli aspetti e le complicanze inerenti la patologia pre-esistente.
Su un piano di prevenzione della salute, appropriatezza e qualità della diagnosi e cura, la risposta dei Servizi Sanitari Regionali a questi bisogni è stata quella di costituire negli anni Centri Specialistici di riferimento con competenze cliniche per la presa in carico di persone con specifiche patologie, che rappresentano anche nella nostra regione eccellenze in campo medico di cui non si può fare a meno.
Da queste considerazioni era nata la proposta della Federazione di poter creare un collegamento tra i servizi di sanità pubblica competenti per la cura pazienti con SARS-coV-2 e i Centri specialistici operativi sul territorio regionale, al momento ricovero di persone con disabilità particolarmente esposte a rischio vita in caso di contagio da Covid-19. La previsione di un tale coordinamento, realizzabile anche attraverso un servizio di tele-consulenza, potrebbe consentire la reale efficacia nell’attuazione dei protocolli sanitari per la gestione in ambito territoriale e ospedaliero dell’epidemia, senza trascurare le situazioni di comorbilità.
Un tema assolutamente in linea con quello che invade le testate mediatiche di tutto il mondo in questi giorni, e offre la speranza a tutti di uscire dall’incubo che ha condizionato drammaticamente le nostre vite da ormai quasi un anno: la campagna di vaccinazione dal Covid-19. La corsa al vaccino, nel nostro Paese come negli altri, è stata organizzata in modo puntuale anche rispetto a coloro che dovrebbero risultare i primi destinatari dell’intervento, ossia il personale del Servizio sanitario e gli ospiti anziani delle strutture residenziali, individuati come le persone più esposte al rischio contagio e, rispetto ai luoghi, i più sensibili allo sviluppo di pericolosi focolai del virus.
In analogia con quanto riportato, è già stata presentata dalla FISH agli organi di Governo la proposta di considerare nel Piano Vaccini tra i primi destinatari anche le persone con disabilità e con quadri clinici particolarmente complessi, in quanto più esposte ai rischi connessi alle condizioni di salute. Tale appello è stato raccolto e fatto proprio dall’Ufficio per le Politiche in favore delle Persone con Disabilità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha sollecitato il 15 dicembre scorso il Commissario straordinario Domenico Arcuri, il CTS ed il Ministero della Salute ad affrontare tale priorità, in particolare per le persone con disabilità ospiti di strutture e coloro che rientrano “fra le categorie più vulnerabili a prescindere dal dato anagrafico”.
Ricovero in alta intensità di cura.
Anche qualora le condizioni di salute richiedano l’attivazione del setting “Terapia Intensiva“, nei momenti di non sedazione e svezzamento dal respiratore, sarà consentita la presenza del cargiver di riferimento.
Nel suo complesso il provvedimento cerca di affrontare e offrire indicazioni relativamente ad un tema estremamente complesso: l’individuazione di misure sanitarie e sociosanitarie adeguate in caso di contagio di persone con disabilità che non collaborano alla prestazione sanitaria, e ha trovato sul territorio regionale un panorama associativo unito verso il raggiungimento dell’obiettivo.
Bisogna a tutto questo aggiungere alcuni elementi che riguardano le risorse attive già esistenti sul territorio, che offrono risposte preziose per chi ha bisogni complessi, ma che rischiano di restare isolate e soddisfare le esigenze di pochi. Sul territorio romano ad esempio, al fine di agevolare percorsi di presa in carico per le persone che non collaborano alle prestazioni sanitarie, considerata la modesta competenza in questi ambiti in termini di approccio alla persona, si è ritenuto necessario costituire servizi dedicati a garantire determinate procedure diagnostiche per le persone con gravi disabilità intellettive, attraverso percorsi diagnostici e clinico-assistenziali individuali e facilitati.
Presso Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma è attivo da diversi anni il “Progetto TOBIA” (Team Operativo Bisogni Individuali Assistenziali), all’interno delle Rete “DAMA” (Disabled Advanced Medical Assistance), attraverso il quale recentemente è stato attivato un servizio per la somministrazione dei test COVID per le persone con disabilità complessa intellettivo/relazionale.
Inoltre presso la Asl Rm 2 – Casa della Salute “S. Caterina delle Rose” (Distretto 5) è operativa da diversi anni l’equipe del progetto “Curare con cura”, figure professionali formate in grado di accogliere le persone con disabilità e di offrire l’accesso e la fruizione della prestazione sanitaria anche in regime domiciliare.
Considerata l’esperienza e la professionalità maturata in tali contesti da queste equipe di lavoro la Federazione ha ribadito, anche in sede di questo confronto con la Direzione Salute e Integrazione Socio-sanitaria, la necessità di potenziare tali realtà, con investimenti mirati a garantirne la fruizione sull’intero ambito regionale a prescindere da qualsiasi contesto emergenziale e, nel periodo che stiamo vivendo, realizzare una strategia sistemica integrando tali modelli nel sistema regionale sanitario SARS-CoV-2, quando gli interventi di gestione clinica in caso di accertato o presunto contagio si rivolgono ad una persona che ha quella tipologia di bisogno.
L’articolo è a cura dell’Ufficio stampa Fish Lazio.
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