Nuovi strumenti grazie alla Fondazione Amplifon che ha donato all’ospedale pediatrico 500 mila euro per l’acquisto di macchinari destinati anche all’audiologia
La favola del Buzzi si colora di un altro episodio, dove tutto va a finir bene, con bambini e genitori felici e contenti. È bello raccontarlo in un periodo offuscato dalla patina scura del Covid-19, per dirla con le parole dell’assessore lombardo al Welfare, Giulio Gallera: «Dimostriamo la voglia di non arrenderci». Ieri è stato presentato il reparto di otorinolaringoiatria rilanciato a nuova vita grazie alla Fondazione Amplifon che ha donato alla Fondazione dell’ospedale pediatrico 500 mila euro per l’acquisto di macchinari destinati anche all’audiologia.
Era urgente potenziare l’attività di un centro che, come riferimento in Lombardia per le patologie dell’orecchio e dell’udito, non può permettersi di lasciare i piccoli pazienti in lista di attesa. Per i bimbi con sordità sono fondamentali la tempestività di diagnosi, riabilitazione e, se necessario, l’impianto di protesi o apparecchi cocleari. Più si agisce in fretta, più il futuro viene sgombrato dal rischio di handicap uditivi trascurati e di conseguenti ritardi dell’apprendimento. L’intervento è stato realizzato in tempi record senza mai interrompere le visite in ambulatorio. Che in una fase molto difficile per la sanità monopolizzata dal coronavirus non si sono mai fermate.
Susan Carol Holland, presidente della giovane Fondazione Amplifon, non ama il tam tam delle sue buone azioni ma sorride commossa nel narrare l’ultima: «Il primo contatto con il Buzzi lo abbiamo avuto a marzo, a giugno avevamo individuato i macchinari da acquistare, ed eccoci a novembre. Cominciamo una nuova, bellissima avventura. L’infanzia è al centro della nostra attenzione». Rientra nella donazione una borsa di studio triennale da assegnare a un professionista esperto in audiometria e logopedia. È un diritto dei bambini, già impauriti all’idea di incontrare il dottore, essere visitati in ambienti gradevoli, circondati da personaggi appartenenti al loro mondo. Ad aspettarli al Buzzi c’è una cartellonistica amica, realizzata da Elisabetta Dani, la mamma di «Geronimo Stilton», il simpatico topo che ha dato il nome ad una Fondazione.
Stefano Simontacchi, presidente della Fondazione Buzzi, studia le prossime mosse, aumentare i letti di terapia intensiva pediatrica, fermi a 7, e creare una sala robotica integrata: «I piccoli hanno il diritto di essere curati in un ospedale dedicato, invece in Italia appena il 50% ha questa fortuna. L’80% delle operazioni avvengono in nosocomi per adulti ed è uno dei tanti fattori di diseguaglianza. La possibilità di guarire aumenta di un terzo quando un bambino viene seguito in un centro adatto alla sua età». Risponde con i numeri Alessandro Visconti, direttore generale dell’azienda Fatebenefratelli-Sacco: ogni anno il reparto di otorinolaringoiatria macina novemila visite, oltre 700 ricoveri, 650 interventi, quattromila screening audiologici (per misurare l’udito alla nascita).
La sordità non aspetta. «Entro tre mesi il neonato che mostra un deficit deve ricevere una diagnosi approfondita per essere eventualmente avviato entro 6 mesi verso la corretta terapia e i trattamenti adeguati, prevenendo i disturbi del linguaggio», sottolinea la priorità del fare presto Franco Pignatelli, responsabile del reparto. Quasi tutte le forme di sordità profonda, in presenza di certe caratteristiche anatomiche, possono essere recuperate. Tanti ragazzi, arrivati al Buzzi a pochi mesi di vita, si sono laureati come fossero dei «normalmente udenti». Bastano i capelli un po’ più lunghi per nascondere il segreto nelle orecchie.