Scoperto legame tra carenza di udito e declino cognitivo

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Tra poco più di un mese, nella giornata del 3 marzo, come ogni anno, verrà celebrata la giornata dell’udito, istituita e promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) con l’obiettivo di sensibilizzare alla prevenzione della sordità e ai problemi di udito.

Nel nostro Paese si stima che circa il 12% dei cittadini sia affetto da ipoacusie, con diffusione prevalente tra gli over 60. Con il termine di ipoacusia si fa riferimento ad una riduzione della capacità uditiva e percettiva, che può essere mono o bilaterale, parziale o totale.

Di recente due nuovi studi scientifici confermano l’esistenza di un legame tra problemi di udito e aumento del rischio di demenza, depressione e malattie cardiovascolari.

Gli studi

In particolare, i due studi in questione si sono focalizzati sul rischio di declino cognitivo precoce. Il declino cognitivo è uno degli aspetti in assoluto più temuti della vecchiaia: le persone sono preoccupate all’idea di non essere più capaci di compiere le azioni di ogni giorno autonomamente, di ricordare date, persone e fatti

Il primo studio, condotto alla John Hopkins, ha visto la partecipazione di ben 154.414 adulti volontari; i risultati ottenuti hanno mostrato che i problemi di udito non trattati e, cioè, sottovalutati, incrementano nell’arco di cinque anni di circa il 50% il rischio di sviluppare demenza e di circa il 40% il rischio di depressione. Il secondo studio invece ha portato alla segeunte osservazione: l’ipoacusia provoca degenze in ospedale più lunghe, riospedalizzazioni e maggiori visite al pronto soccorso.

Il consiglio degli esperti per contrastare il declino cognitivo è dunque quello di non vergognarsi nel momento in cui si iniziano ad avere i primi segnali di problemi uditivi. In questi casi la cosa migliore da fare è quella di sottoporsi ad accertamenti medici presso degli specialisti e di correggere eventuali problemi, laddove possibile, con l’adozione di apparecchi acustici.

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