Microtia risolta con orecchio bionico di cartilagine stampato in 3D

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La microtia (o microzia) è la malformazione congenita del padiglione auricolare che, in alcuni casi, può accompagnare l’assenza del condotto uditivo rendendo i bambini sordi da un orecchio (di solito la microtia è monolaterale). Il problema quindi, oltre che estetico, è anche funzionale. Ma dalla Queensland University of Technology, grazie alla piccola Maia Van Mulligan, la “risoluzione” della Microtia potrebbe essere vicina e al costo di qualche centinaio di dollari.

Bruno Porta Ballai

crVI ricercatori della Queensland University of Technology (QUT) promettono di risolvere il problema, non solo estetico, dei bambini nati con una particolare malformazione all’orecchio chiamata microtia (o microzia). La microtia1 è una malformazione che interessa la riduzione della dimesione del padiglione auricolare che può essere più piccolo del normale o addirittura assente (in questo caso si parla di anotia). Nei casi più gravi potrebbe mancare non solo l’orecchio esterno ma anche il condotto uditivo. Al QUT stanno usando la tecnica della stampa in 3D, ormai abituata a creare tessuti umani oltre che a lavorare con materie plastiche (leggi “Bio-stampante 3D: dalla Cina arterie, vene e capillari bio-stampati“) per risolvere in modo innovativo la microtia sia dal punto di vista estetico sia da quello funzionale.

Il progetto dei ricercatori australiani si chiama “Project Maia” ed ha curiosamente un unico obiettivo ed un unico paziente: Maia Van Mulligan e il suo orecchio mancante. Maia è una bellissima bambina di due anni nata con la forma di microtia più grave, quella che non ha formato neppure il canal uditivo.

La bambina sente perfettamente da un orecchio (fortunatamente la microtia è di solito monolaterale) e per avere la possibilità di sentire anche dove l’orecchio non l’ha, gira con una simpatica cuffietta che contiene un amplificatore acustico che trasmette i suoni per conduzione ossea3.

I ricercatori della Queensland University of Technology stanno approntando la soluzione della microtia in due fasi. La prima fase consiste nel costruire, con una stampante 3D, un orecchio in silicone chirurgico da utilizzare a mo’ di camouflage (fissato magneticamente o grazie a della colla chirurgica). E sino a qui niente di nuovo se non il fatto che Mia Woodruff professore associato a capo di questa ricerca, sottolinea come “nessuno mai ha stampato una protesi di un orecchio in 3D al mondo”, osservando come la stampa e l’incollaggio dell’orecchio protesico “costerà al pubblico meno di un paio di occhiali“. Come ricordano infatti i medici australiani l’impatto estetico ha una grandissima importanza sia per i genitori che per i bambini, soprattutto quando iniziano a crescere e a frequentare simpatici e delicati coetanei.

I coniugi Mulligan temevano il giorno in cui la bambina avrebbe chiesto il perché non aveva un orecchio, ma ora si sentono più sereni. “Ovviamente quel momento sarà straziante, ma dire che non lo ha non sarà più un problema, dato che potremo dirle, ok ne avrai uno”. E qui viene la seconda fase del Project Maia: grazie anche al crowdfunding lo staff di medici australiani vuole costruire per la bambina un vero e proprio orecchio bionico. Il QUT ha infatti deciso di unire l’estetica con la sostanza, e cioè stampare il padiglione auricolare in 3D con della vera cartilagine generata dalle cellule del paziente stesso per poi impiantarla chirurgicamente.

Questa stampa in 3D dei tessuti viventi sta diventando abbastanza comune nei laboratori di ricerca di mezzo mondo (leggi “Stampante 3D crea orecchie e muscoli. Verso un essere umano fotocopia?“) e potrebbe un giorno essere di routine negli ambulatori. All’interno di questo nuovo orecchio “naturale” (perché fatto di “carne” e non di silicone) i ricercatori del QUT inseriranno un impianto bionico per far sentire di nuovo la bambina. Lo staff dell’università australiana è molto ottimista sull’orecchio bionico e pensa che, dopo Maia, in un prossimo futuro la microtia potrà essere “risolta” con un paio di centinaia di dollari.

Bruno Porta Ballai

http://www.mainfatti.it

 

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