Sono quasi 32 milioni i bambini che convivono con una perdita di udito invalidante, ma 6 casi su 10 potrebbero essere evitati. A lanciare l’allarme è l’Organizzazione mondiale della sanità che, per la Giornata mondiale dell’udito (giovedì 3 marzo), scende in campo in difesa delle orecchie dei più piccoli con lo slogan ‘Childhood hearing loss: act now, here’s how‘ (Perdita di udito infantile: agire ora, ecco come), il tema di quest’anno. Le sordità infantili sono determinate da diverse cause. Innanzitutto potrebbero essere causate da fattori genetici e complicazioni presenti alla nascita, ma anche infezioni come: morbillo, parotite, rosolia e meningite. Vi è anche la possibilità che questa dipenda dall’utilizzo di farmaci ototossici dannosi per l’udito.
Viste le cause, sottolinea l’Oms, “è di vitale importanza vaccinare i bambini contro le malattie e regolamentare l’uso di alcuni medicinali e i livelli di rumore” negli ambienti. Gli specialisti dichiarano che probabilmente se si rileva la perdita abbastanza presto è possibile ricorrere ai ripari. “Un bambino che fatica a sentire rischia di dover lottare per imparare a parlare, di avere un rendimento scolastico al di sotto delle proprie capacità, e soprattutto di finire isolato a livello sociale“, fa notare Etienne Krug, direttore del Dipartimento dell’Oms per la gestione delle malattie non trasmissibili, della disabilità, e della prevenzione di violenza e infortuni. “Tutto questo non deve accadere. Abbiamo una vasta gamma di strumenti che ci possono aiutare a prevenire, rilevare e trattare la perdita di udito infantile“. Fra le possibili conseguenze dei disturbi di udito nei bimbi, l’Oms elenca anche un rischio aumentato di infortuni e, a livello sociale, di situazioni di povertà.
L’appello è riferito all’identificazione precoce dei bambini che hanno un perdita di udito, che contribuisce a innescare interventi necessari come la fornitura di apparecchi acustici e altre terapie. A detta degli esperti è dunque cruciale – per migliorare la vita dei piccoli con disturbi, garantire loro un’istruzione degna e un impiego più tardi nella vita – l’incentivazione dei programmi di screening dell’udito sia sui neonati che fra i bambini in età prescolare e nelle scuole, ma anche la formazione specifica degli operatori sanitari. Le orecchie e la cura dell’udito devono essere al centro di campagne utilizzate per sensibilizzare l’opinione pubblica riducendo l’impatto di disturbi. “A questo sforzo – evidenzia l’ente – può contribuire il rafforzamento delle organizzazioni dei pazienti e delle loro famiglie“. Le persone che convivono con questo problema sono 360 milioni, il 5% della popolazione mondiale. La maggior parte vive in Paesi a basso e medio reddito.
Nel suo report dedicato ai bimbi, l’Oms ha incluso anche diversi casi di studio: come la storia di Piseth (nome di fantasia), una piccola di 8 anni della Cambogia, che ha scoperto un’infezione quando ormai era a uno stadio talmente avanzato da averle tolto la maggior parte dell’udito da un orecchio e divorato anche parte dell’osso nel cranio. In questo caso, è stato necessario un intervento chirurgico che potesse rimuovere il tessuto infetto e consentire il miglioramento dell condizioni di Piseth consentendole di tornare nel suo villaggio e a scuola. Insieme al caso di Piseth, nel report Oms vengono presentati quelli del tailandese Chi (perdita di udito scatenata da una rosolia congenita), del britannico Charlie (alla sbarra in questo caso un’infezione da citomegalovirus contratta dalla mamma in gravidanza), del giovane Patrick, nato sordo in una zona remota dell’Uganda (imparare la lingua dei segni è stata la svolta che gli ha evitato un destino di isolamento sociale). Anche la piccola vietnamica Ngoc è rinata a 17 mesi grazie all’apparecchio acustico o il canadese Paolo (nome di fantasia) o ancora Janice (nome di fantasia) , che convive con un impianto cocleare che le ha permesso di ridurre al minimo il ritardo nello sviluppo del linguaggio.
Queste storie dimostrano come “la diagnosi precoce e il trattamento siano fondamentali“, conclude l’Oms ricordando comunque che “in contesti in cui gli interventi di Salute pubblica, come ad esempio i programmi di vaccinazione, funzionano in modo ottimale gran parte dei casi di perdita di udito nei bambini vengono evitati“.