Redazione Il Fatto Vesuviano
Quando l’INPS chiede la restituzione di denaro versato per un errore dell’ente stesso, il contribuente può prendere alcune misure per tutelare i propri soldi. Innanzitutto, è importante capire il motivo della richiesta e in quale istanza o documento è stato commesso l’errore. Se il contribuente ritiene di aver diritto al pagamento, può presentare un ricorso amministrativo entro 90 giorni contro la decisione presa dall’ente e chiedere una revisione del provvedimento di revoca. In caso di negativa, si può ricorrere al giudice amministrativo competente. Tuttavia, è importante sottolineare che l’articolo 2033 del Codice Civile prevede la ripartizione dell’indebito, il che significa che, anche se l’ente ha commesso un errore, il contribuente potrebbe comunque essere tenuto a restituire le somme, maggiorate degli interessi.
In primo luogo, è importante sottolineare che la richiesta di restituzione di somme da parte dell’INPS può riguardare diverse prestazioni, come ad esempio bonus, indennità di disoccupazione, pensioni, assegni familiari, e così via. In ogni caso, la richiesta di restituzione può avvenire per diversi motivi, come ad esempio l’accertamento di requisiti non soddisfatti, l’omissione di informazioni rilevanti, la presentazione di documenti falsi o errati, e così via.
Il contribuente
Quando il contribuente riceve la richiesta di restituzione da parte dell’INPS, è importante verificare attentamente le ragioni alla base della richiesta e fornire tutte le informazioni richieste dall’ente. Infatti, potrebbe trattarsi di un errore o di una semplice omissione, che può essere facilmente corretta fornendo la documentazione mancante o corretta.
In altri casi, invece, la richiesta di restituzione potrebbe essere legittima e dovuta, ad esempio se il contribuente ha ricevuto un’indennità o un bonus per cui non aveva i requisiti o ha fornito informazioni false o errate. In questi casi, il contribuente dovrà restituire le somme richieste dall’INPS, maggiorate degli interessi.
È importante sottolineare che anche se l’errore è commesso dall’INPS, il contribuente è tenuto a restituire le somme indebitamente percepite, in quanto l’articolo 2033 del Codice Civile prevede la ripartizione dell’indebito. Tuttavia, la Corte Costituzionale ha stabilito che il contribuente in buona fede può beneficiare di alcune garanzie e limiti, ad esempio in merito ai termini di restituzione, alla dilazione del pagamento, alla riduzione degli interessi, e così via.
In ogni caso, se il contribuente ritiene di aver diritto al pagamento, può presentare un ricorso amministrativo entro 90 giorni contro la decisione dell’INPS, chiedendo una revisione del provvedimento di revoca. In caso di esito negativo del ricorso, il contribuente può fare ricorso al giudice ordinario.