Le novità sono state ormai ufficializzate. Per gli “occupabili” il reddito di cittadinanza nel 2023 resta solo per 7 mensilità e decade già dopo il primo rifiuto ad un’offerta anche non “congrua”.
Per i 18-29enni che non hanno finito la scuola dell’obbligo è subordinato alla frequenza di corsi formativi. La quota dell’assegno destinata all’affitto sarà pagata direttamente ai proprietari. Il piano dell’esecutivo? Secondo il leghista Durigon, “non dare un sussidio, ma il lavoro”. Ma cosa è stato fatto concretamente in quella direzione?
Chi perde il reddito di cittadinanza
Nel dettaglio, dal 1° gennaio 2023 alle persone tra 18 e 59 anni (abili al lavoro ma che non abbiano nel nucleo disabili, minori o persone a carico con almeno 60 anni d’età) il reddito di cittadinanza viene riconosciuto solo per 7 mensilità invece delle attuali 18 rinnovabili. Nel testo della manvora inviato alle Camere vengono introdotte anche altre novità. A partire dal 2023 anche chi rifiuterà una sola offerta di lavoro perderà il beneficio e sarà obbligatorio frequentare un corso di formazione o riqualificazione professionale (pena la decadenza del sussidio).
Il sussidio non sarà dunque cancellato a tutti i percettori, ma solo a coloro che sono tenuti a sottoscrivere il patto per il lavoro, hanno meno di 60 anni e nel cui nucleo familiare non ci sono disabili, minorenni o persone con più di 60 anni. Nel 2024 poi ci sarà una nuova revisione della misura, ma in ogni caso la maggioranza ha fatto capire che chi è “inabile” al lavoro potrà continuare a contare su un sussidio (che sia il reddito di cittadinanza o con un altro nome).
Un decreto lavoro entro gennaio per “dare più flessibilità e meno burocrazia alle aziende, più sicurezza ai lavoratori”. Lo ha annunciato il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, aggiungendo che il provvedimento potrebbe “ripristinare le vecchie condizioni di Opzione Donna: c’è la volontà politica, stiamo simulando gli scenari”. Sulla scure del governo sul reddito di cittadinanza l’esponente leghista spiega che vengono potenziate “formazione e incentivi, lo Stato ha il dovere di prospettare soluzioni agli occupabili”. Il sistema del reddito, sottolinea “ha fallito: è evidente a tutti. Noi lo togliamo solo a chi può lavorare e si adagia nella sua condizione attuale. La vera sfida non è dare un sussidio, ma il lavoro. E le offerte non mancano, visto che le aziende cercano 500 mila lavoratori secondo Anpal-Unioncamere”. Il nostro dovere, spiega, “è cercare di fare il possibile per incrociare queste esigenze con i profili dei percettori. Dopodiché vale la regola della Naspi: finita la disoccupazione, bisogna cercarsi un posto”.
Chi assumerà coloro che perdono il reddito di cittadinanza
Ok, ma dove cercarlo? Qualcosa è stato fatto per spingere le assunzioni degli attuali percettori di rdc? Gli interventi inseriti nella legge di bilancio includono un nuovo incentivo contributivo finalizzato a rendere più appetibile l’assunzione in forma stabile dei percettori quest’anno. Di che cosa si tratta? In sintesi, è un’agevolazione contributiva, introdotta dalla legge 197/2022, per massimo 12 mesi. Ma riguarda soltanto assunzioni o stabilizzazioni di percettori di reddito di cittadinanza eseguite dal 1° gennaio al 31 dicembre.
L’agevolazione abbatte interamente gli oneri previdenziali a carico del datore di lavoro, a eccezione del premio Inail, e può essere applicato entro il tetto di 8mila euro annui. Per i rapporti a tempo pieno, quindi, la soglia massima di esonero su base mensile sarà pari a 667 euro. In base ai calcoli del Sole24 Ore, visto che la contribuzione a carico dei datori di lavoro si attesta mediamente intorno al 27%-28%, ne consegue che l’esonero contributivo potrà azzerare i costi previdenziali per retribuzioni annue complessive che si collocano tra i 28mila e i 29mila euro. Per quote stipendiali superiori, i datori di lavoro dovranno pagare i contributi. Invece per i lavoratori part-time, il tetto degli 8mila euro annui dovrà essere proporzionalmente ridotto. Se c’è un part time al 60%, l’esonero complessivo annuo sarà di circa 4.800 euro. L’incentivo può essere concesso anche ai datori di lavoro privati che provvedono alla stabilizzazione di rapporti di lavoro precedentemente instaurati a tempo determinato con i percettori di reddito di cittadinanza: non riguarda i rapporti di lavoro domestico. Basterà questo “aiuto” a spianare la strada a centinaia di migliaia di assunzioni? Difficile.
Le offerte di lavoro non congrue da accettare
Quest’anno il reddito decade dopo il primo rifiuto di un’offerta anche non “congrua”.
La normativa in vigore finora prevedeva invece che l’offerta di lavoro dovesse essere idonea, sulla base di diversi parametri: il luogo di lavoro doevva trovarsi entro 80 km o 100 minuti di viaggio con mezzi di trasporto pubblici; la retribuzione non doveva essere inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi; l’impiego doveva essere a tempo pieno o con un orario di lavoro non inferiore al 60 per cento dell’orario a tempo pieno previsto nei contratti collettivi; il contratto doveva essere a tempo indeterminato, determinato o di somministrazione; il lavoro doveva essere coerente con le esperienze e le competenze maturate. La cancellazione di tale requisito significa che si dovrà accogliere la prima proposta a prescindere, quindi, dall’esperienza lavorativa, dalla posizione sul territorio nazionale e dai relativi tempi di trasferimento, pena la perdita del sussidio. (fonte:today.it)