Ci sono gli ostacoli, i limiti e poi ci sono le aspirazioni, i desideri e gli interessi.
E sono di tutti, anche delle persone sordocieche che affrontano la vita di tutti i giorni con un’ulteriore difficoltà. Difficoltà che nasce e si sviluppa nel contesto circostante, dove si presenta una condizione di isolamento sociale imposto dalla disabilità. Ma quanti sono in Italia le persone che presentano limitazioni sensoriali gravi e plurime alla vista e all’udito? Nel nostro paese, le persone con più di 15 anni che presentano limitazioni sensoriali gravi e plurime alla vista e all’udito sono 100mila, pari allo 0,2% della popolazione, mentre in Europa la sordocecità colpisce 656mila persone (lo 0,2% della popolazione residente e lo 0,6% degli anziani). Cifre importanti, che restituiscono la reale dimensione di una fascia di popolazione spesso invisibile.
È quanto emerge dal “Nuovo studio sulla popolazione di persone sordocieche, con disabilità sensoriali e plurime in condizioni di gravità”, commissionato dalla Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus e realizzato dall’Istat. La ricerca inedita è stata presentata il 24 gennaio presso la Camera dei Deputati, alla presenza tra gli altri della ministra per la disabilità, Alessandra Locatelli, del Presidente della Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus Rossano Bartoli, del presidente Istat Gian Carlo Blangiardo. Nel corso dell’incontro, il commento dei dati è stato affidato ai curatori dello studio, Carlo Ricci, Università Pontificia Salesiana e presidente Comitato Tecnico Scientifico ed Etico Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus e Alessandro Solipaca, ricercatore Istat, insieme ad Alessandra Battisti, ricercatrice Istat.
Donne e anziani i più colpiti
Il nuovo studio fa luce sulle problematicità nella vita delle persone colpite da disabilità sensoriale e delle loro famiglie. Ma soprattutto, restituisce una maggiore consapevolezza rispetto alla sottovalutazione del fenomeno della disabilità sensoriale che, in particolare, colpisce le persone anziane e donne. Secondo quanto emerso, in Italia il 67,6% delle persone sordocieche è donna, il 61% ha oltre 65 anni di età e una persona su quattro, circa il 25,8%, vive da sola.
A causa dei limiti imposti dalla complessa disabilità sensoriale, la maggior parte di loro ha titoli di studio più bassi rispetto al resto della popolazione. I dati restituiscono una preoccupante fotografia: una persona su due ha solo la licenza elementare (circa il 56%): una condizione che, di conseguenza, determina una scarsa occupazione nel mondo del lavoro e una capacità di reddito inferiore. Infatti, in relazione alle condizioni economiche, il 23% di queste persone si colloca sotto il 1° quintile di reddito, mentre il 18% tra il 1° e il 2°, ovvero tra le fasce più povere della popolazione. Solo il 26% dichiara di essere occupato e il 6% si dichiara inabile al lavoro.
Le difficoltà della vita quotidiana
Le persone sordocieche vivono una vita ricca di ostacoli. Tra le persone che hanno 65 anni di età e più, il 43,5% riscontra difficoltà gravi nelle attività domestiche, mentre il restante 16,1% dichiara di avere almeno una difficoltà grave sia nelle attività di cura personale che nelle attività domestiche. Di quale tipo di difficoltà parliamo? Scegliere un vestito o un maglione per una determinata occasione o, ancora più semplicemente, prendersi cura della casa. Ma soprattutto la difficoltà di comunicare, interagire e gestire il proprio tempo libero. Esiste infatti una varietà incredibile di lingue e alfabeti per le persone affette da disabilità sensoriale. I sistemi di comunicazione cambiano a seconda che vi sia una perdita totale di vista e udito o un residuo nei canali sensoriali, ma anche a seconda della storia personale dei comunicanti e delle loro specificità.
Lo studio ha anche rilevato che tra coloro che dichiarano di avere almeno una difficoltà moderata o grave nelle attività di cura personale, quasi quattro persone su 10, circa il 37,5%, denunciano una mancanza di aiuto. Cifra che sale a una persona su due tra coloro che dichiarano invece di avere almeno una difficoltà moderata o grave nell’attività domestica.
Ma le difficoltà aumentano per i sordociechi che hanno anche limitazioni di tipo motorio. Per le 262mila persone con più di 15 anni che, oltre alle limitazioni sensoriali gravi plurime legate alla vista e all’udito, presentano contemporaneamente limitazioni di tipo motorio (lo 0,5% della popolazione). Cifra che arriva a oltre 1 milione e 400mila persone in Europa (lo 0,3% della popolazione, il 2,5% per gli anziani).
Anche in questo caso, in riferimento al contesto italiano, si tratta nel 73% dei casi di donne e, per la quasi totalità, di persone con oltre 65 anni di età (92%). Tra queste, il 43,1% vive da solo e la maggioranza ha solo la licenza elementare (84,4%). Fattori che incidono sulla condizione economica, che colloca il 17,2% di questa fascia di popolazione al di sotto del 1° quintile di reddito e il 27,5% tra il 1° e il 2° quintile. Rispetto alla condizione professionale, l’11,1 dichiara di essere inabile al lavoro. Tra gli over 65 (241mila persone), oltre 7 persone su 10 (73,9%) presentano difficoltà gravi nelle attività domestiche e nelle attività di cura personale. Rispetto a quest’ultime, quasi la metà (48,7%) denuncia la mancanza di aiuto. Percentuale che sale al 54,2% tra chi dichiara di avere difficoltà importanti nelle attività domestiche.
Il vuoto normativo da colmare
Il riconoscimento istituzionale della sordocecità come disabilità unica e specifica, e non come somma di deficit diversi, è relativamente recente. Nel 2004 è stata riconosciuta in Europa e nel 2010 in Italia. La pubblicazione dello studio irrompe in un momento in cui il governo deve rivedere la Legge 107/2010 “Misure per il riconoscimento dei diritti delle persone sordocieche”, che riconosce la sordocecità come disabilità specifica unica (in precedenza si riferiva alla sommatoria delle due minorazioni).
Sebbene la Legge 107/2010 rappresenti un primo, fondamentale, passo per il riconoscimento dei diritti delle persone con sordocecità, vi sono ancora alcune significative incongruenze nella formulazione del quadro normativo che lo rendono inadeguato al fine di una tutela giuridica collettiva, capace di includere tutte le persone con disabilità aggiuntive.
In Italia, infatti, una persona si può definire sordocieca se oltre alla minorazione visiva – che può essere insorta durante tutto l’arco della vita – si aggiunge anche una disabilità uditiva purché la minorazione sia congenita o, se acquisita, insorga durante l’età evolutiva e sia tale da aver compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato. Non sono quindi considerate sordocieche le persone che, pur non vedenti, siano diventate sorde dopo il dodicesimo anno di età, o coloro che, nati senza alcuna minorazione sensoriale, siano stati colpiti da sordocecità in età successiva ai dodici anni. Attualmente in Italia il numero di persone sordocieche riconosciute dall’INPS è pari a zero. Risulta dunque urgente rendere la legislazione vigente più attuale, adattandola a un contesto sociale in evoluzione, dove siano riconosciute come sordocieche le persone “affette da una minorazione totale o parziale combinata della vista e dell’udito, sia congenita che acquisita, che comporta difficoltà nell’orientamento e nella mobilità, nonché nell’accesso all’informazione e alla comunicazione”.
“È importante che le persone sordocieche siano riconosciute come tali”, ha affermato Francesco Mercurio, Presidente del Comitato delle persone sordocieche della Lega del Filo d’Oro, presente all’incontro alla Camera dei Deputati. “Stiamo parlando di esseri umani che non riescono a vivere”, ha aggiunto.
Mercurio si riferisce a quel vuoto normativo che di fatto esclude il riconoscimento di un numero elevato di sordociechi e, conseguentemente, nega loro servizi specifici, calibrati sui propri reali bisogni. La norma, stando a quanto dichiarato dal ministra per la disabilità Locatelli, non dà il giusto riconoscimento giuridico alle persone sordocieche. In aiuto alla norma che presenta delle lacune giuridiche, è arrivata la legge delega sulla disabilità (227/2021) che, tra tutti gli obiettivi, mira a rivedere la definizione della condizione di disabilità e il riassetto e semplificazione della normativa di settore. “Siamo in un momento di transizione, ma la ricerca sul tutto il territorio, resa possibile dalle associazioni e dal mondo del terzo settore, ci permette di avere un quadro di riferimento per attuare degli interventi mirati per migliorare la condizione di vita delle persone sordocieche”, ha affermato la ministra.